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Corriere: Immigrati a scuola, il problema esiste

Sandro Veronesi Lo scrittore: ma quella della Camera non è la soluzione

16/10/2008
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Corriere della sera

«Le aule per immigrati ci sono già Capisco gli italiani che scappano»

MILANO — Che ne pensa?

«Che il problema esiste, senza dubbio. E le classi separate, se è per questo, ci sono già».

Dice?

«Eh sì. Solo che non sono gli stranieri ad essere mandati via. Capita siano gli italiani, ad andarsene: per non lasciare i bambini in una classe a maggioranza straniera. È il dramma di noi genitori progressisti...». Sandro Veronesi, scrittore nonché papà di tre figli, in una pausa tra un impegno paterno e l'altro si concede un po' di (amara) ironia. «È come la storia del grembiule, sai la novità. I miei figli lo hanno portato, esiste in un sacco di scuole pubbliche italiane. Ed è utile, tra l'altro: non come uniforme, ma per evitare di sporcarsi i vestiti».

Ma le classi per stranieri?

«Vede, io abito a Prato, dove c'è una forte presenza di cittadini d'origine cinese che tendono storicamente a creare le cosiddette chinatown. Nelle scuole di quei quartieri accade spesso che i loro figli siano in maggioranza rispetto agli altri. E una buon parte di quei bimbi non parla italiano».

Lei cosa direbbe ai genitori che per questo portano via i loro figli?

«Cosa vuole, conoscendo la situazione specifica, forse fanno anche la cosa giusta. Abbandonati a se stessi, e potendo scegliere, mandano i figli altrove perché in effetti quel caso crea problemi: le prime classi dell'obbligo sono fondamentali, si rischia di restare indietro».

Quindi la mozione della Lega...

«Non ho dubbi, è sbagliata: sempre che si voglia l'integrazione e non l'apartheid. Perché ciò di cui parlo è il problema, non la soluzione. Se si vuole l'integrazione non si possono fare classi di soli stranieri, è folle».

Ma non diceva di capire i genitori italiani madrelingua che portano via i loro figli?

«Quella è la risposta di un cittadino lasciato da solo ad affrontare un problema del genere. La soluzione d'emergenza di una famiglia, progressista o meno. Ma non può essere il rimedio del governo».

E perché?

«Il Parlamento dovrebbe discutere, no? Già il fatto che si sia presentata una "mozione", senza approfondire il tema, sa di razzismo. Nel migliore dei casi, è la solita tendenza a semplificare le questioni complesse. A dare una risposta che vada bene in trenta secondi di Tg. Come se, davanti alla crisi finanziaria, avessero detto: e che problema c'è? Facciamo stampare altro denaro! Ecco, l'idea delle classi separate ha lo stesso grado di raffinatezza. Magari si poteva nel Medioevo, ora no. Del resto non esiste in nessun Paese d'Europa».

Quindi che si fa?

«Un sistema di integrazione. Insegnare l'italiano ai genitori, per cominciare.

O magari far fare agli ultimi arrivati un anno di servizio civile. Un problema nuovo richiede nuove risposte. Certo è più comodo ricreare artificialmente le condizioni di cinquant'anni fa, grembiule, maestro unico, voto in condotta, ma sono anacronismi. È anche questione di distribuzione delle classi. Se in una classe gli scolari di origine straniera sono una minoranza, in proporzione alla media nazionale, si può pensare a insegnanti di sostegno: a dare degli strumenti anziché toglierli, come mi pare sia la tendenza. I bambini vanno portati all'altezza degli altri, tra l'altro imparano le lingue in fretta. In Svezia hanno tanti immigrati turchi e a scuola insegnano lo svedese ai turchi e il turco agli svedesi. Non si dice sempre che bisogna imparare le lingue? E se gli italiani imparassero un po' di cinese o di arabo, non farebbe loro bene?».

C'è anche un problema educativo, no?

«Magari senza accorgersene, siamo a un passo dal razzismo. Non è prudente. Cosa penserebbe un bimbo che passasse davanti alla classe degli "stranieri"? Che se fa il cattivo lo mandano là? Un passo. E tanti possono varcare la linea, diventa molto meno grave perché hai fatto un passo, uno solo, una "ragazzata"! Io non so se sia un disegno o una deriva spontanea, ma tutto sembra andare in quella direzione, le aggressioni, le croci celtiche allo stadio, le sagome dei bimbi neri dipinti di bianco...Tutto finisce per avere un'aria di famiglia.

Stiamoci attenti».

Gian Guido Vecchi Autore


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