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Corriere-Il ministro Moratti, la ricerca e l'Europa

Il ministro Moratti, la ricerca e l'Europa Le considerazioni di Francesco Giavazzi sul Corriere del 25 giugno a ...

30/06/2005
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Corriere della sera

Il ministro Moratti, la ricerca e l'Europa
Le considerazioni di Francesco Giavazzi sul Corriere del 25 giugno a proposito della posizione - a suo dire - contraria del governo italiano sull'istituzione dell' European Research Council meritano qualche precisazione. Secondo Giavazzi infatti il presunto diniego verso l'Erc, un'istituzione che avrebbe il compito di finanziare la ricerca di base sul modello della National Science Foundation americana, scaturirebbe "dall'opposizione della lobby dei ricercatori italiani e polacchi terrorizzati dalla prospettiva che i fondi vengano assegnati sulla base del merito". Le cose non stanno così. In primo luogo perché - lo afferma tra gli altri David King, consigliere scientifico di Tony Blair su Nature - il nostro Paese si colloca al terzo posto nel mondo per numero di pubblicazioni e di relative citazioni per ricercatore. Quindi non è certo la capacità di competere a livello internazionale dei nostri ricercatori a essere in gioco.
L'auspicio della creazione di un nuovo sistema comunitario di sostegno alla ricerca è peraltro assai diffuso in Europa e nel nostro Paese. Per finanziare i progetti, ad oggi l'Ue si basa prevalentemente sull'assegnazione di contracts di ricerca a gruppi di ricercatori appartenenti almeno a tre paesi europei, ma esige la predefinizione degli obiettivi ( deliverables ) e la partecipazione di un alto numero di ricercatori di vari paesi, spesso fino a 25. Ciò è fortemente limitante per lo sviluppo di ricerca altamente innovativa, "a rischio", e aumenta la complessità delle procedure burocratiche.
L'istituzione dell'Erc potrebbe permettere invece, se accompagnata da un'opportuna revisione della normativa vigente, di passare dal regime dei contracts a quello dei grants , sul modello americano, permettendo il finanziamento di programmi di ricerca presentati da un solo gruppo di ricerca, senza obiettivi predefiniti e con una semplificazione burocratica e libertà nei temi proposti.
Il governo italiano ha sempre favorito, anche in sede europea, questa modalità di finanziamento, ma ha posto precise questioni preliminari per consentirne la sua efficace attuazione. Innanzitutto uno stretto coordinamento tra assegnazioni comunitarie e finanziamenti nazionali, per evitare duplicazioni negli interventi. I fondi europei sono infatti pari al 5% di quelli disponibili a livello dei singoli paesi, e ciò fa sì che attualmente i migliori ricercatori dei vari Paesi siano in genere già finanziati, e per importi assai maggiori, a livello nazionale. Occorre poi eliminare il meccanismo per il quale alcuni paesi europei deducono dai finanziamenti assegnati ai propri ricercatori a livello nazionale la quota di quelli ottenuti a livello europeo, che comporta quindi, anche nel caso dell'Erc, un semplice travaso di fondi dalle casse dell'Ue a quelle dei vari paesi, senza alcun beneficio per la ricerca.
Infine, è opportuno scongiurare la moltiplicazione delle strutture burocratiche e di valutazione esistenti a Bruxelles, che si prospetta con la proposta di assunzione, presso l'Erc, di circa 700 unità di personale, oltre a quelle già disponibili presso la divisione ricerca della Ue. Ciò contrasta con quella semplificazione burocratica e gestionale tanto invocata a sostegno del nuovo ente, riducendo il volume di risorse da assegnare agli oltre 900 mila potenziali ricercatori europei beneficiari.
Questi e altri punti, quali ad esempio la necessità di una valutazione eminentemente strategica, e non tecnica, per la ripartizione dei fondi dell'Erc ad almeno 15 gruppi di discipline non paragonabili tra loro, pongono pesanti interrogativi, allo stato attuale della conoscenza, sulla funzionalità di questo nuovo organismo, così com'è ora. Interrogativi che il governo italiano ha posto alla Commissione europea e al nuovo commissario per la ricerca, Potocnic, e che ora estendo anche al professor Giavazzi.

ministro Istruzione, Università e Ricerca

In un commento ad un articolo del ministro Letizia Moratti, pubblicato sul Corriere della Sera il 22 novembre 2004, avevo già dimostrato come le tabelle del professor King, se lette correttamente, offrano un'immagine meno edificante dei risultati scientifici dei nostri ricercatori. Evidentemente il ministro lo ha scordato. Molte delle argomentazioni sono condivisibili, in particolare l'opportunità di chiudere la Direzione generale per la ricerca della Commissione nel momento in cui nascesse il nuovo Erc ( European Research Council ), cosa che evidentemente trova forti opposizioni nella burocrazia di Bruxelles. Ma se davvero il ministro ne fosse convinta sarebbe stata in prima linea nella battaglia per l'Erc, anziché accodarsi alla Polonia esprimendo un parere negativo che ha lasciato allibito il mondo della ricerca in Europa. Ma come! Abbiamo creato l'Iit (Istituto italiano di tecnologia) per copiare il Mit e diciamo no a una Nsf ( National Science Foundation ) europea? L'affermazione che è necessario coordinare fondi comunitari e nazionali mi preoccupa.
Non è che anziché un mezzo per garantire più efficienza questo è il grimaldello che chiedono le conventicole nazionali per non perdere il potere di influire sull'assegnazione dei fondi europei? A pensar male...

Letizia Moratti


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