Corriere: Il governo decida o rischia Pensioni, sindacato pronto»
CRISI DELLA POLITICA, PARLA IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CGIL
«Epifani: Montezemolo e la crisi della politica? Non vede il malessere sociale
ROMA — «Il governo Prodi si trova in una situazione un po' strana». Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, è appena tornato dopo una settimana trascorsa in Spagna per il congresso della Ces, la confederazione europea dei sindacati. Ma è come fosse passato più tempo: il dibattito sulla crisi della politica ha conquistato la scena, il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo se ne è fatto alfiere e si prevedono effetti anche sul voto amministrativo in corso.
Perché dice che Prodi è in una situazione strana?
«Perché se si guarda al risanamento della finanza pubblica e alla ripresa dell'economia, l'esecutivo dovrebbe avere il vento in poppa. E invece ha difficoltà a decidere».
Ormai lo dicono tutti, il problema della politica in Italia è che non c'è capacità decisionale.
«Anch'io la penso così. Perciò Prodi deve risolvere i problemi decidendo, cominciando dal rinnovo dei contratti pubblici e dall'intervento sullo scalone pensionistico».
Ma su statali e pensioni si ha l'impressione che sia il sindacato e in particolare la Cgil a bloccare le riforme.
«Non è così. Noi siamo per accelerare: sulle pensioni perché altrimenti resta lo scalone, cioè l'aumento da 57 a 60 anni dell'età per la pensione, e sui contratti pubblici perché noi l'accordo lo avevamo già concluso lo scorso novembre, ma poi è stato il governo a rimetterlo in discussione».
Perché non vuole dare 101 euro di aumento a tutti se in cambio non riesce a introdurre la meritocrazia.
«Ma noi siamo d'accordo. Solo che prima dobbiamo chiudere una partita che, voglio ricordarlo, riguarda il contratto 2006-2007. Chiuso questo potremo concentrarci sui meccanismi per premiare produttività e merito. Perciò mi auguro che domani il governo voglia sbloccare la situazione».
Altrimenti sarà sciopero generale. Uno sciopero che potrebbe indebolire ulteriormente un governo che, secondo le previsioni, riceverà cattive notizie dalle urne.
«Appunto. Non capisco quale sia stata la convenienza del governo a tenere aperta così a lungo la questione».
Montezemolo ha lanciato un duro attacco alla politica. Condivide la sua analisi?
«No. Io vedo soprattutto un malessere sociale crescente. Noi lo registriamo da tempo nei luoghi di lavoro. Ma le cause e le risposte non sono tanto quelle enunciate da Montezemolo, ma quelle legate alla questione dei salari e delle pensioni troppo basse. Il malessere nasce da qui più che dalla giusta ribellione contro i costi della politica. Perciò trovo sbagliata l'analisi del presidente della Confindustria, anche se ne capisco le finalità».
Quali sarebbero?
«Montezemolo fa un'operazione forte che incassa due risultati. Unisce il mondo delle imprese che è diviso sia negli interessi materiali che nelle scelte politiche — Vicenza è ancora dietro l'angolo — e mette al centro l'esaltazione del ruolo dell'impresa».
Normale per il leader della Confindustria, non trova?
«Certo. Ma non sono d'accordo con lui che tutto si riduce al ruolo dell'impresa. Che, come al solito, chiede alla politica e chiede al sindacato mentre non c'è traccia del fatto che se le aziende vanno meglio ciò è dovuto anche allo sforzo di milioni di lavoratori. Così come nella sua relazione non si parla della precarietà, delle grandi disuguaglianze dei redditi, dei rapporti di lavoro a 600 euro al mese, degli operai e degli ingegneri che guadagnano rispettivamente 1.000 e 1.200 euro mentre i dirigenti si assegnano stock option milionarie».
Aspettarsi che il leader degli imprenditori proponga un aumento generalizzato di salari e pensioni non le pare un po' troppo?
«Non dico questo, ma che mentre Montezemolo parla della crisi della politica, non vede il malessere sociale, questo sì allarmante. Certo che le persone trovano immorali i costi della politica, ma trovano ancora più immorali gli attuali divari retributivi».
Anche il vicepremier Massimo D'Alema pone l'accento sulla crisi della politica, temendo un nuovo '92.
«Ha ragione quando sottolinea il distacco crescente tra cittadini e politica, ma non c'è ancora quel clima giustizialista di allora. La politica deve autoriformarsi. Il fallimento della bicamerale per le riforme istituzionali che fu presieduta proprio da D'Alema ci ha purtroppo lasciato in una transizione infinita».
Anche il sindacato dovrebbe autoriformarsi, secondo D'Alema.
«Capisco quando lui dice che il sindacato sembra meno capace di farsi carico degli interessi generali, ma qui D'Alema scambia le cause con gli effetti. La politica ha perso capacità di rappresentare il mondo del lavoro e quindi il sindacato deve necessariamente stare più attento agli interessi della sua base. E se corre il rischio di chiudersi sui propri rappresentati è per la lontananza della politica dai problemi reali delle persone».
Sarà, ma anche Montezemolo dice che il sindacato guarda al passato.
«Montezemolo ci attacca soprattutto sulle pensioni. Ma lui, come presidente della Fiat, sa benissimo che la sua azienda in tutti questi anni ha più volte chiesto provvedimenti al governo per mandare migliaia di suoi operai e impiegati in pensione a 50 anni».
In perfetto accordo col sindacato.
«Certo. E proprio per questo sa esattamente come noi che bisogna distinguere e che la questione non si risolve con l'aumento generalizzato dell'età pensionabile».
Secondo lei Montezemolo entrerà in politica?
«Ce lo dirà solo il tempo, ma non vedo molti protagonisti della politica disposti a farsi da parte».
Il partito democratico può essere, a sinistra, la risposta giusta alla crisi della politica?
«Il partito democratico è in mezzo al guado. Si discute ancora di come, quando, chi deve realizzare questo progetto, e per questo vedo crescere molto disincanto».
E lei? Resterà alla guida della Cgil fino alla scadenza del mandato nel 2010 o passerà prima alla politica?
«Voglio proseguire e completare il mio lavoro nella Cgil».