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Corriere: i professori ulivisti al governo «amico»: «Subito scelte riformatrici negli atenei»

Lettera firmata da 28 docenti: serve la valutazione dell'attività per premiare chi lavora meglio

12/01/2007
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Corriere della sera

MILANO — Benedetti docenti. Non bastava l'economista Nicola Rossi a mettere sulla graticola Ds e governo Prodi, «sul terreno riformista la sinistra ha esaurito tutte le energie». Adesso ci si mettono altri 28 professori universitari che al loro (ex) collega, il «Professore» per antonomasia, fanno sapere il loro «smarrimento» per quello che (non) è stato fatto per gli atenei, «la grande distanza tra le aspettative riposte in questo governo e le concrete azioni che sin qui sono state poste».
La lettera indirizzata a Romano Prodi e spedita a Caserta chiede un «intervento urgente» e fa sapere al «signor presidente del Consiglio» ciò che ci si «dovrebbe» attendere da un «governo riformatore». E viene da professori come il sociologo Guido Martinotti o il politologo Alberto Martinelli, intellettuali che hanno militato o comunque gravitano nell'area progressista e per di più si sono fatti esperienza di responsabilità istituzionali negli atenei, rettori, presidi di facoltà o ex. La lettera non la manda a dire. Dato che «le difficoltà generali» dell'università sono «la scarsità dei fondi e l'obsolescenza del sistema», e precisato che «l'università italiana non è affatto allo sfascio», i docenti chiedono due cose fondamentali: una quantità maggiore di risorse che tuttavia non siano più assegnate «a pioggia» o a chi ha più agganci politici ma vadano a premiare la qualità, chi lavora e se lo merita.
Alberto Martinelli sorride: «È molto semplice, o si usa a vanvera la parola "riformismo" oppure queste riforme bisogna farle, con buona pace delle resistenze e conservazioni: non si può pensare di mantenere inefficienze e privilegi, la via del merito e dell'eccellenza è assolutamente necessaria». Si legge nella lettera: «Senza risorse non si va avanti. Se in varie sedi, anche governative, è maturata la convinzione che gli investimenti sull'università così com'è oggi non siano pienamente produttivi, il dovere del governo sarebbe di renderli tali, non di depotenziare ulteriormente l'intero sistema senza distinguere».
Ci sono insomma «sprechi e squilibri» che «un governo riformatore dovrebbe impegnarsi subito a combattere». Ma «non può esservi un "prima" e un "dopo": la politica contro gli squilibri e gli sprechi e quella contro i tagli indiscriminati debbono essere portate avanti assieme». Così va benissimo l'«Agenzia di valutazione» ma per i primi risultati «ci vorrebbero 3 o 4 anni» e «gli atenei non possono certo attendere tanto». Ci vogliono «risorse aggiuntive rispetto a quelle previste dalla Finanziaria» e bisogna che il governo, da subito, «privilegi le assegnazioni alle università» in base a «progetti di qualità», da verificare «in modo affidabile e rigoroso».
I firmatari sono pronti alla sfida: «Senza farsi bloccare da cavillosi quesiti che sono stati sollevati da chi vuole lavorare il meno possibile, l'università può attuare immediatamente la norma che impone 120 ore di attività didattica "frontale" ai docenti a tempo pieno», scrivono a mo' di esempio. Come dice il sociologo Guido Martinotti, «chiediamo al governo di aiutarci a lavorare meglio, non meno, anzi di più: ma bisogna che il sistema ti premi». La situazione non è delle migliori: «Quando il responsabile università dei Ds, Walter Tocci, si è dimesso a novembre, non è stato un bel segno. Noi avevamo l'impressione che il discorso su università e ricerca fosse preminente nel programma, e per questo lo abbiamo votato. Ora pare che non sia così centrale...».


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