Corriere: I professori cattivi sono cattivi professori
di Beppe Severgnini
Scrive Luca Dimunno ( lucadim@libero.it ): «Ciao Beppe, vorrei un parere sull’abbandono dei licei, di cui s’è occupato anche il Corriere . Il record è del Berchet di Milano: in sette anni hanno lasciato 700 studenti. Anche il sottoscritto è passato in via Commenda, e dopo un anno e mezzo di stenti ha optato per un dignitoso e meno impegnativo liceo linguistico, diplomandosi in cinque anni».
Settecento studenti, cento l’anno?! Troppi. Non conosco abbastanza il Berchet, per esprimere un giudizio su quella scuola — ci sono stato, ho incontrato i ragazzi, mi è sembrato un luogo vivace. Posso dire questo, però: l’abbandono è un fallimento multiplo (della scuola, della famiglia e dell’interessato — scegliete voi l’ordine). Certo, alcuni studenti farebbero perdere la pazienda a un santo. Leggete, a proposito, l’esilarante «Perle ai porci» (Rizzoli) del fantomatico prof. Perboni, che santo non è.
Ma le cose non sono così semplici. L’analisi di Carlo Pedretti, preside del liceo classico «Parini» di Milano (citato nell’articolo di Annachiara Sacchi), sembra corretta: «Cause dell’abbandono: primo, le famiglie valutano in modo inesatto le inclinazioni dei figli. Secondo, alcuni professori bastonano troppo. Terzo, elementari e medie non preparano ai licei ».
Il punto 1 è innegabile: spesso noi genitori riversiamo sui figli ricordi, sogni e desideri, dimenticando che i tempi sono cambiati, le scuole pure, i ragazzi anche. Il punto 3 è, purtroppo, corretto: troppi ragazzi hanno problemi di grammatica, di analisi logica e del periodo.
Ma vorrei soffermarmi sul punto 2: l’eccessiva severità dei professori. Ho la sensazione, girando e ascoltando, che alcuni insegnanti si compiacciano della reputazione di «cattivi». Ma caricare un quindicenne di compiti, e tenerlo impegnato quattro/cinque ore ogni pomeriggio, è facile e sbagliato. Questi professori andrebbero (moralmente) sculacciati. È vero, sono passati tanti anni, ma io ricordo un liceo felice: studiavo, facevo sport, discutevo di politica, mi divertivo e m’innamoravo: come tutti. Oggi vedo uscire certe facce, da scuola: mettono tristezza.
Sbaglierò, ma un bravo insegnante riesce a cavare oro da qualunque sasso. Ho avuto la fortuna di imbattermi in una persona così, al ginnasio e al liceo: si chiamava Paola Cazzaniga Milani, è scomparsa da poco. A lei dobbiamo molto, in tanti. Aveva capito come tutti, nella classe, fossimo diversi. Non aveva un programma, la signora Milani; ne aveva venticinque, quanti eravamo. Sapeva che l’università, il lavoro e i casi della vita ci avrebbero selezionato. Lei voleva farci crescere. I professori cattivi, caro Luca, sono quasi sempre cattivi professori.
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