Corriere: I prof e il privilegio delle ore «scontate»
Gian Antonio Stella
Più di sei miliardi di euro. Cioè 12mila miliardi di lire. E' impressionante il calcolo fatto da Tuttoscuola,
la rivista diretta da Giovanni Vinciguerra, sui soldi che lo Stato in 30 anni ha pagato in più ai professori italiani abbonando loro cinque o dieci minuti per ogni «ora» scolastica. Quale sia il punto lo sanno tutti: indifferenti ai problemi dei cittadini e interessati solo a quelli della propria organizzazione interna e ai rapporti con i sindacati, le aziende di trasporto pubbliche se ne sono troppo spesso infischiate di regolare i loro orari su misura degli studenti. Risultato: in ogni classe, da sempre, c'è qualche alunno che vive fuori città o in qualche estrema periferia urbana e non ha alternative. O esce prima di quando dovrebbe suonare la campanella o perde l'autobus o il treno. Finendo per dover aspettare il mezzo successivo che a volte parte nel pomeriggio. Con problemi enormi, anche economici, per lo studente e la famiglia.
Va da sé che una situazione simile esige soluzioni di buon senso. E questo cercò di fare una circolare del 1979, ordinando ai provveditori di prendere «al più presto contatti con i responsabili delle aziende di trasporto pubblico urbano ed extra urbano» per concordare gli orari. E mettendo dei paletti. Esempio: «Nei giorni della settimana nei quali l'orario delle lezioni è contenuto in quattro ore, è tassativamente vietata qualsiasi riduzione della durata oraria, che dunque resta determinata in sessanta minuti».
C'era però, in quella circolare emanata in anni in cui era fortissimo il rapporto perverso tra lo Stato e i professori (io ti pago poco ma ti chiedo poco) una riga che si sarebbe rivelata micidiale: «Non è configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione ». Una concessione impensabile, in un'azienda privata. Concessa provvisoriamente per cause di forza maggiore, ma impensabile sul lungo periodo. Eppure via via consolidata fino a diventare un diritto acquisito sacro come il Sacro Capello della Vergine Maria di Palmi.
E così, appena Mariastella Gelmini ha previsto di recuperare quelle ore di lavoro pagate in più (tante, spiega Tuttoscuola:
«Di fatto 34 e anche 36 ore di lezione si riducono a circa 30 ore effettive» per un totale di «6-7 milioni di ore "scontate" l'anno»), è scoppiato un mezzo finimondo. Basti leggere un comunicato dei Cobas di Cesena. Dove si accusano i dirigenti scolastici, colpevoli di chiedere ai docenti di fare al pomeriggio le ore «abbonate», di volere «spremere agli insegnanti centinaia e centinaia di ore di attività straordinarie non pagate» e si incitano i docenti a «esigere la non applicazione dell'obbligo di restituzione». Insomma: chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto. Ma è davvero questo il modo giusto per difendere la professionalità e il riconoscimento anche economico degli insegnanti? La stessa rivista di Vinciguerra, che certo ostile ai docenti non è, se lo chiede. Ricordando che certo, lo stipendio medio dei «prof.» è «scandalosamente basso», ma in tempi di gravi difficoltà economiche come questo, trincee come quella delle ore tacitamente pagate «a gratis » sono indifendibili. Tanto più che questa specie di diritto acquisito «sarebbe meglio chiamarlo privilegio, peraltro riservato ai soli docenti della secondaria superiore