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Corriere: I prodiani ai rettori: anche voi avete colpe

Lettera di Santagata: avete una grande responsabilità sulle prestazioni deludenti degli atenei

08/11/2008
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Corriere della sera

ROMA — Sostegno alla mobilitazione contro i tagli ma a patto di usare meglio, senza sprechi e regalie, i soldi disponibili. I prodiani— scrive Italia oggi — non cavalcano la protesta dei rettori. A farlo capire una lettera firmata da Giulio Santagata, responsabile della cosiddetta Fabbrica del programma nell'ultimo governo di centrosinistra, secondo cui la «giusta lotta per le risorse trova la sua legittimazione nella qualità del loro impiego». Nella lettera Santagata punta il dito contro le «logiche familistiche» e anche sulla «qualità dei docenti, la continuità del loro impiego e la loro dedizione alla professione». E scrive: «Voi avete una grande responsabilità per le prestazioni deludenti delle università italiane». Al fianco degli atenei, dunque, ma non sempre di chi le guida: non sempre d'accordo con il partito dei rettori.

Un partito che, dopo il decreto dell'altro giorno e il confronto aperto sulla riforma complessiva, ha ritrovato in parte il sorriso. Anche se le posizioni sono varie. «Non abbiamo problemi di logiche partitiche — dice Enrico Decleva alla guida della Statale di Milano e presidente della Conferenza dei rettori — e quindi possiamo dire senza problemi che il decreto approvato dal governo è un passo positivo, condivisibile. Non ha forzato per decreto le decisioni strategiche ed è intervenuto con nuovi stanziamenti urgenti sulle criticità: rispetto a soli 10 giorni fa, il clima è cambiato davvero». Di «grande soddisfazione » parla anche il rettore della Sapienza di Roma Luigi Frati: «L'intervento del governo risponde largamente alle nostre aspettative. Ci attendiamo adesso che si prosegua con chiarezza sulla via della riforma ». Più prudenti, ma comunque positive, le parole del prorettore di Firenze, Alfredo Corpaci: «Il decreto costituisce un segnale di attenzione nei confronti delle esigenze del mondo universitario. E può determinare un clima più costruttivo in cui affrontare le questioni legislative che rimangono aperte». Una prudenza non casuale. Firenze è una delle sei università italiane che dopo il decreto dovrebbe vedersi bloccata ogni possibilità di assunzione perché l'anno scorso ha speso più del 90 per cento delle risorse per pagare professori e dipendenti. «Siamo già impegnati da tempo in un piano di contenimento delle spese — dice ancora il prorettore — e siamo pronti a confrontarci con il ministero». Concorsi bloccati anche per una delle università più prestigiose d'Italia, l'Orientale di Napoli: «Ad averci portato oltre la soglia del 90 per cento — spiega il rettore Lida Viganoni — è la nostra vocazione culturale. Se i fondi non aumentano è possibile tentare un piano di rientro ma se i fondi vengono addirittura ridotti, rischiamo di chiudere». Dubbioso anche Marco Pasquali, rettore a Pisa: «Il progetto di razionalizzare le spese è per alcuni aspetti condivisibile. Ma bisognerebbe distinguere meglio: non si possono mettere sullo stesso piano università vecchie, che hanno professori con più scatti di anzianità e costano di più, con atenei nuovi. Così come non vanno considerate allo stesso modo le facoltà scientifiche, che hanno bisogno di attrezzature sofisticate e costose, con quelle umanistiche».

Un'università relativamente giovane è quella di Cassino, con le due sedi distaccate di Sora e Terracina: «Mi fa piacere che il governo abbia scelto la strada del dialogo — dice il rettore Paolo Vigo — ma temo che alla fine saremo noi, le università meridionali, a pagare il prezzo di questa austerity. In Emilia ci sono tanti atenei a distanza di pochi chilometri l'uno dall'altro. Nel Mezzogiorno, fino al 1933, c'erano solo Napoli, Palermo e Catania. Spero che il governo non penalizzi la provincia del Sud».

L. Sal.


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