Corriere - GITE SCOLASTICHE, NON LE ABOLITE
Occupazioni e recuperi GITE SCOLASTICHE, NON LE ABOLITE di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI Sacrificare la vacanza pasquale per rimettere in sesto il calendario scolastico, dopo i giorni delle oc...
Occupazioni e recuperi
GITE SCOLASTICHE, NON LE ABOLITE
di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI
Sacrificare la vacanza pasquale per rimettere in sesto il calendario scolastico, dopo i giorni delle occupazioni e delle dimostrazioni, può essere una soluzione per gli istituti romani nei quali è andato in rosso il bilancio delle ore di lezione. Se poi le decisioni vengono prese consensualmente, come è avvenuto al Tasso, tanto meglio. La strategia del recupero sarà definita in modo elastico nelle diverse scuole, come vuole l'autonomia.
Ma sarebbe sbagliato progettare anche l'abolizione delle gite scolastiche, come invece qua e là si sente dire. Modernizzata nella logistica e nelle destinazioni, alleggerita da sovrabbondanze goliardiche, la formula della gita ha un senso e può dare risultati non banali. L'amicizia fra professori e studenti, indispensabile lungo il percorso scolastico, risulta favorita dai viaggi finalizzati alla conoscenza. Si allentano tensioni e si superano incomprensioni.
Sarebbe in ogni caso contropruducente lasciare che questa austerity prenda un sapore di ritorsione, con un retrogusto punitivo. L'intera gestione della convivenza scolastica dovrebbe progressivamente sottrarsi alle due polarizzate tentazioni di rompere e di restaurare la disciplina, di disseminare le aule di cocci e di obbligare gli studenti a raccogliere i cocci. Il concetto stesso disciplina è totalmente inadeguato a definire la complessa esperienza dello stare insieme insegnando e imparando.
Il rituale è stanco. Dissipare il tempo e creare poi situazioni di autorità per recuperarlo ha poco senso, laddove comune è l'interesse al buon esito della fatica di insegnare e di apprendere. Mentre si rinuncia a qualche giorno di riposo pasquale si organizzano nuove occasioni di deficit nel calendario: ci sono già manifestazioni annunciate per fine gennaio e per febbraio.
Prima o poi si dovrà trovare la voglia di sottrarre l'intera questione a una litigiosa contabilità. Stare dentro i 200 giorni di lezione, obbligatori per legge, non scendere sotto questo livello minimo, dovrebbe essere un impegno generale. Una maturità di rapporti scuola-famiglia-ragazzi dovrebbe portare alla definizione di una cornice condivisa, dentro la quale collocare le scelte che coinvolgono il calendario.
Così da tempo hanno fatto nel mondo adulto le organizzazioni sindacali a proposito degli scioperi. Si possono organizzare le dimostrazioni dopo l'orario scolastico, o almeno si possono fissare alcuni periodi dell'anno nei quali escludere l'astensione delle lezioni. Si possono predisporre meccanismi automatici di recupero. Rinunciare a un ponte, a Pasqua o nel 1° maggio, non è comunque un dramma, è una piccola soluzione di emergenza. Una scuola moderna e autonoma dovrebbe liberarsi da questo procedere affannoso, mostrandosi capace di metodo, di logica e di pacatezza anche nelle fasi conflittuali.
Come il lavoro, anche lo studio prevede uno spazio per la fatica e uno per la festa. Abolire il secondo per non voler gestire razionalmente il primo è scorciatoia sconsigliabile.