Corriere: Gettone di presenza a chi va a scuola: l’esperimento francese
Il pedagogista: interessante ma non per l’Italia Proteste dei genitori: è immorale
MILANO — Un progetto «non soltanto ingenuo, ma anche immorale». Che lascia i genitori «inquieti», se non addirittura convinti di trovarsi di fronte a una «perversione del senso stesso della scuola».
Critiche e proteste, da destra e da sinistra, sulla sperimentazione di «cassa comune» contro l’assenteismo scolastico che proprio oggi prenderà il via in tre istituti professionali di Créteil, centro di quasi 90 mila abitanti alle porte di Parigi. Centocinquanta ragazzi, che sottoscriveranno un patto con i loro docenti: se il numero di assenze e la condotta saranno mantenuti entro parametri accettabili, la classe conquisterà un «bonus» tra i 2.000 e i 10.000 euro. Da investire in «progetti educativi collettivi», concordati preventivamente con gli insegnanti — dai corsi preparatori alla patente ai viaggi d’istruzione. L’esperimento sarà valutato dai ricercatori dell’Ecole d’Economie di Parigi: se i risultati fossero positivi, nel 2010/2011 potrebbe essere esteso a 70 classi, per un totale di circa 2.000 ragazzi.
Tutto a posto, dunque? Certo che no. Perché ha un bell’affannarsi, il ministro dell’Educazione Luc Chatel, nel dichiarare a Le Monde che nelle superiori francesi «ci sono centinaia di progetti in corso», e che insomma «bisogna smetterla di dire che si danno soldi agli studenti, perché quello che viene finanziato è un progetto di classe collettivo». La sperimentazione, in effetti, era stata presentata al pubblico il 16 luglio scorso, insieme ad altri 164 progetti sostenuti dall’Alto commissariato per la gioventù di Martin Hirsch; e all’epoca, nessuna reazione degna di nota. Ma venerdì scorso, Le Parisien ha deciso di dedicare un articolo all’iniziativa sponsorizzata dal provveditorato di Créteil, sotto il titolo «Soldi per gli allievi meritevoli » .
Apriti cielo. La Federazione dei consigli dei genitori (Fcpe), schierata a sinistra, l’ha appunto bollata come una «perversione »; un’altra associazione di famiglie, la Peep, di segno politico opposto, ha rincarato la dose, «non vogliamo che il denaro sia la leva per motivare gli studenti». Inquieto per il «rischio di derive gravi» il presidente (socialista) del consiglio regionale dell’Ile-de-France, mentre grida allo scandalo il sindacato (apolitico) delle scuole superiori. E via così, in crescendo.
Il provveditore di Créteil, Jean-Michel Blanquer, è intervenuto su Le Parisien per sottolineare la natura «collettiva e responsabilizzante » del progetto, prendendo le distanze da quanto avvenuto, nel 2008, nel Regno Unito: 200mila studenti, provenienti da famiglie disagiate, hanno iniziato a ricevere da 11 a 33 euro alla settimana in cambio della frequenza in classe. «Ma è chiaro — interviene dall’Italia il pedagogista Benedetto Vertecchi — che l’intenzione, nel caso francese, è molto diversa. In Inghilterra si trattava di un’ extrema ratio applicata (peraltro con poco successo) di fronte a un fenomeno dilagante di rifiuto della disciplina scolastica; qui, invece, si tratta di sollecitare una presa di coscienza collettiva».
Non un’incentivazione di atteggiamenti consumisti, dunque, ma il contrario. Potrebbe funzionare? Forse. «Ma la scuola, in Francia, è cosa ben diversa che da noi. L’orario, ad esempio, è 'lungo': le lezioni sono più o meno come le nostre, ma poi c’è una quantità di attività extra, compresi i cosiddetti 'club', tese ad esercitare specifiche aree di abilità». Gli scacchi, il calcolo, la lettura. Con il coinvolgimento dei docenti, ma anche di un numero elevato di volontari. «E allora si capisce lo scopo di questo 'finanziamento collettivo': i ragazzi sanno che potranno avere benefici, nella forma di nuove attività che corrispondano ai loro interessi e desideri». Un rischio c’è, e va evitato: «Che l’incentivo monetario non corrisponda a nulla di rilevante dal punto di vista culturale», tipo sperperare la «cassa comune» in videogames e affini. Ma a questo, si spera, penseranno i prof.
Gabriela Jacomella
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