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Corriere: Gelmini: immigrati, no alle classi separate

Il ministro interviene all'incontro dei giovani leghisti. Sprechi per le supplenze: «Spendiamo 50 milioni in telefonate»

20/10/2008
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Corriere della sera

«Frequenteranno lezioni normali. Per loro corsi aggiuntivi di lingua italiana»

L'intervento del ministro dell'Istruzione alla scuola politica della Lega organizzata dai Giovani padani

MILANO — «Forse si sarebbe dovuto usare un termine diverso. Classi ponte fa pensare a luoghi separati, a classi di serie A e di serie B». Quando invece, «gli immigrati frequentano e frequenteranno normalissime classi. A cui bisognerà aggiungere dei corsi di lingua italiana. Così come accade all'estero». Che succede? Marcia indietro di Mariastella Gelmini? Assolutamente no, secondo i comunicatori del ministro alla Pubblica istruzione: il termine «classi ponte», spiegano, appartiene a una mozione leghista e non al lessico del ministro. E lei, proprio ai Giovani padani riuniti a Milano per la «scuola politica» del Carroccio, lo dice chiaro: «Si sarebbe dovuto utilizzare un termine diverso ». Perché «il problema è terminologico e non di sostanza ». Soprattutto, è il messaggio più volte ribadito, «è meglio abbassare i toni, e non fare come questa sinistra tutta ideologia». E il bello è che così dicendo, riesce comunque a strappare diverse ovazioni ai giovani in camicia verde.

Gelmini è preoccupata che la sua riforma della scuola possa tingersi di eccessive suggestioni leghiste che ne potrebbero complicare l'iter. E così, parte conquistando l'uditorio: «Sono completamente d'accordo con Bossi quando dice che la sinistra, perso il proletariato, cerca di innescare un nuovo Sessantotto». Ma questo, aggiunge, «dato che siamo al governo deve farci riflettere sui fatti sociali che possono innescarsi». E tutto l'intervento del ministro è giocato su questo doppio registro: sembra andare incontro agli umori dei Giovani padani, in realtà procede diritta per la sua strada, la gran razionalizzazione: dalla riduzione dei «5500 corsi di laurea che servono più ai professori che agli studenti», ai «900 indirizzi in cui si disperde la formazione professionale ». La territorialità di insegnanti e supplenti? «Io sono d'accordo con voi, ed è semplice buon senso. Il ministero ogni anno spende tra i 45 e i 50 milioni di euro solo per le telefonate di convocazione dei supplenti».

Dato che i dirigenti scolastici si devono attenere a graduatorie, «per una supplenza di quattro giorni a Milano, devono chiamare magari a Palermo. A gente che ovviamente non accetterà».

Quanto al federalismo scolastico, Gelmini rilancia l'autonomia: «I dirigenti devono poter chiamare gli insegnanti, valutarli secondo risultato, aprire le scuole al territorio». Magari, «trasformandole in fondazioni con l'ingresso degli enti locali». Gelmini riesce a farsi applaudire anche quando accenna a novità che a un fanatico del territorio potrebbero non piacere: «In Italia ci sono 300 sedi universitarie distaccate. In un Paese in cui non c'è un euro per il diritto allo studio, le residenze universitarie, le borse di studio, noi i soldi li spendiamo per avere università sotto casa in cui non si può fare ricerca».

Marco Cremonesi


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