Corriere: «Evitiamo tensioni». Passa la linea morbida
Primo: restituire qualcosa di spendibile a sindacati, come la Cisl e la Uil, che isolando la Cgil nel suo sciopero generale hanno concesso parecchio al governo. Secondo: evitare che in un momento «di crisi economica e sociale così pesante» si mantenga un clima di scontro con il mondo della scuola. Terzo: frenare nuove ondate di proteste degli studenti
Dietro le quinte della riunione
ROMA — Primo: restituire qualcosa di spendibile a sindacati, come la Cisl e la Uil, che isolando la Cgil nel suo sciopero generale hanno concesso parecchio al governo. Secondo: evitare che in un momento «di crisi economica e sociale così pesante» si mantenga un clima di scontro con il mondo della scuola. Terzo: frenare nuove ondate di proteste degli studenti che, basta guardare ai drammatici fatti di Atene, nessuno può escludere che possano «finire molto male». Quarto: far procedere spedita la riforma dell'Università. Quinto: non rischiare nemmeno di incappare in un referendum per l'abolizione della riforma Gelmini, minacciato dal Pd.
Sta in molte ragioni quella che dall'opposizione definiscono «una marcia indietro clamorosa» del governo sulla riforma della scuola, e che l'esecutivo e lo stesso ministro Gelmini considerano nient'altro che una logica messa a punto di un progetto. Certo, parlare di stravolgimento totale dei princìpi della riforma è troppo, ma la correzione di rotta è evidente, tanto da far ironizzare un membro del governo: «Okay, il maestro unico diventa una libera scelta: d'altronde noi non siamo il Partito delle Libertà?».
Battute a parte, nessuno nel centrodestra nega che si è venuti incontro alle richieste di docenti, genitori, studenti, dello stesso Parlamento, ma soprattutto di sindacati che, dopo il successo dello sciopero del 30 ottobre, stavolta hanno preferito lasciare solo Epifani nella protesta di oggi e dialogare con quel Gianni Letta che, ancora una volta, ha favorito una mediazione che fa parlare Bonanni di «un risultato ampiamente positivo» visto che, come aggiunge il segretario confederale Cisl Giorgio Santini «ogni ora in più alla primaria per noi si traduce in 7000 posti di lavoro in più...».
Ma per arrivare a tanto, oltre alla volontà di Berlusconi di «non esasperare gli animi in un momento di crisi economica », c'è voluta una lunga riunione mercoledì al Plebiscito tra il premier, la Gelmini, Giulio Tremonti e la presidente della commissione Cultura Valentina Aprea, nella quale nonostante l'opposizione del superministro dell'Economia, la collega dell'Istruzione ha insistito sulla necessità di frenare una corsa che rischiava di mandare il governo a sbattere: non solo servono aperture sul tempo pieno garantito, ma serve anche lo stop alla riforma della scuola superiore, ha spiegato dopo che dai suoi uffici e dai provveditorati era partita una richiesta chiarissima in questo senso, perché «non ci sono i tempi sufficienti per cambiare » senza scatenare ondate di proteste.
Con tutti i rischi, appunto, di scontri di piazza che avevano portato più d'uno in viale Trastevere ad evocare «l'incubo Grecia».
Il confronto
Al tavolo Berlusconi, Tremonti, la Gelmini e la Aprea, presidente della commissione cultura: non esasperiamo gli animi