Corriere: Epifani. Sono stufo di cene riservate a Palazzo Chigi
Sulle pensioni non si scherza e il gioco si fa duro
ROMA — La riforma delle pensioni non verrà servita a tavola, tra un risottino e una tagliata di frutta. Ieri il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ha avvertito il presidente del Consiglio: niente più cene "informali" a Palazzo Chigi, quelle che piacciono tanto a Romano Prodi. Sulle pensioni non si scherza e il gioco si fa duro. Ci vogliono incontri formali, dice Epifani, con il governo da una parte del tavolo e i sindacati dall'altra. Ognuno con le sue proposte e senza dare per scontato l'accordo. «Mi sono stufato delle cene riservate a Palazzo Chigi e degli incontri inconcludenti. Non voglio essere una grande lobby ma un soggetto trattato come gli altri».
A far salire l'irritazione di Epifani è l'inerzia del governo. Va bene che c'è stata la crisi di governo, spiegano alla Cgil, ma adesso bisogna cominciare la trattativa, altrimenti viene il sospetto che qualcuno nel governo, magari a via XX settembre, miri in realtà a trascinare la questione fino al momento in cui non ci sarà più tempo per intervenire e non resterà che tenersi lo «scalone» Maroni, cioè l'aumento dell'età minima per la pensione da 57 a 60 anni che scatterà il primo gennaio 2008.
Questi timori e sospetti hanno preso corpo nel sindacato anche alla luce dell'incontro di un paio di giorni fa tra lo stesso Epifani e il ministro del Lavoro, Cesare Damiano (ex Cgil). Damiano infatti sarebbe pronto, ma la sua proposta di intervento morbido (gli scalini al posto dello scalone, cioè un aumento graduale dei 57 anni) non avrebbe ancora trovato il consenso del Tesoro, che vorrebbe misure più energiche, a partire dall'adeguamento dei coefficienti di calcolo delle pensioni all'allungamento della vita media. Ecco perché ieri il segretario della Cgil ha sentito l'esigenza di intervenire con durezza per invocare l'avvio del confronto e fissare alcuni paletti: no a quanto Padoa-Schioppa ha promesso all'Europa, cioè che verranno mantenuti i risparmi previsti dallo scalone (9 miliardi di euro all'anno) attraverso il taglio dei coefficienti e l'aumento dell'età pensionabile. Così l'accordo non si fa, spiega Epifani. Se aprirà il tavolo, il governo potrà però contare su una maggiore disponibilità della Cisl di Raffaele Bonanni, il quale ha più volte detto che la sua organizzazione è pronta a considerare un graduale aumento dell'età pensionabile in cambio di una rivalutazione dei trattamenti. Probabilmente, se il confronto dovesse decollare sui binari giusti, affrontando cioè anche il potenziamento degli ammortizzatori sociali (indennità di disoccupazione al 60%, estensione della cassa integrazione ai settori sprovvisti e contributi figurativi per i giovani precari nei periodi di non lavoro) anche la Cgil abbandonerebbe le rigidità iniziali. Cgil, Cisl e Uil contano anche sul miglioramento dei conti pubblici, che potrebbe allentare le pressioni del Tesoro. Ma anche qui Epifani vuole chiarezza: «Chiedo al governo di dire nelle sedi proprie se c'è e quale è la cifra di surplus e come pensa di utilizzarla, ascoltando quello che hanno da dire gli altri».
La regia del negoziato, dice Tiziano Treu (Margherita) che nel '95 da ministro del Lavoro fece la riforma delle pensioni, «deve essere di Palazzo Chigi, è sempre stato così». Prodi sarebbe orientato ad aprire le danze intorno al 15 marzo, magari dopo la trimestrale di cassa. Ma prima ci vorrà un passaggio politico nella maggioranza. Dice Gianni Pagliarini (Pdci), presidente della commissione Lavoro della Camera: «Credo che una riunione di maggioranza prima di aprire i tavoli non si possa non prevedere». E qui, forse, Prodi può ancora organizzare una cena.