Corriere: EPIFANI: «Niente spallata La Cgil punta sulla stabilità»
L'intervista Epifani: il nostro giudizio non è come quello di Bertinotti, ma chiediamo riforme e contratti
Il leader della Cgil, Epifani: nessuna spallata, il sindacato minaccia lo sciopero generale «non per far cadere il governo, ma a favore dei lavoratori».
ROMA — Il sindacato minaccia lo sciopero generale «non per far cadere il governo, ma per risolvere i problemi dei lavoratori e dei pensionati». È netto il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, nel togliere valenza politica alla decisione di Cgil, Cisl e Uil di fermare i lavoratori alla fine di gennaio. «Questo avverrà — precisa Epifani— se nel frattempo non ci saranno stati segnali sul rinnovo dei contratti, che riguarda ben 7 milioni di lavoratori, sui prezzi, che vanno tenuti sotto controllo, e sul fisco in busta paga, che va alleggerito». Nessuna confusione quindi, ammonisce il segretario della Cgil, tra le mosse di Rifondazione e del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, che Epifani non condivide, e l'iniziativa di Cgil, Cisl e Uil, che «con la discussione politica in atto non c'entra nulla».
Sarà, ma a gennaio, se il sindacato farà lo sciopero generale e Rifondazione comunista imporrà la verifica politica, il governo Prodi rischierà di cadere. La Cgil vuole questo, dare la spallata?
«Non vogliamo dare una spallata a nessuno. E non c'è alcuna relazione tra la nostra decisione e le dinamiche della politica.
Per quanto riguarda la Cgil, c'è una richiesta esplicita di continuità e di stabilità nell'azione di governo, ma anche di una sua rinnovata capacità riformatrice sui temi alti, dalle riforme istituzionali a quella elettorale, e sui temi pratici: prezzi, fisco, salari e contratti».
Questa posizione sembra in contraddizione con l'arma estrema dello sciopero generale, che presuppone un grado di insoddisfazione massima.
«No, lo sciopero generale si fa quando ci sono motivi sufficienti per protestare, ma l'obiettivo è sempre la soluzione delle questioni, che si ottiene in un quadro riformatore e di stabilità».
È questo quadro ve lo garantisce Prodi?
«Io penso che ci siano le condizioni. Ma ovviamente, non dipende da noi, bensì dalla maggioranza».
Sta dicendo che il problema non è Prodi, ma la sinistra estrema, a cominciare da Rifondazione?
«I problemi vengono dalle difficoltà interne alla coalizione, come si è visto anche sul disegno di legge sul welfare».
Su questo, a un certo punto, è circolata l'ipotesi che Rifondazione uscisse dal governo per passare all'appoggio esterno. Sarebbe meglio?
«Questi non sono problemi che ci riguardano. Decideranno i partiti e molto dipenderà da come si concluderà la vicenda del welfare. Per noi conta che si arrivi a un governo più solido e capace di affrontare i problemi concreti. Le modalità e le forme per superare la confusione e la conflittualità che ora dominano la coalizione spetta alle forze politiche trovarle».
Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, sembra aver liquidato Prodi, dicendo che «questo centrosinistra ha fallito».
«Mi sembra un po' presto per dire questo, anche perché la Cgil non dà un giudizio così negativo del governo Prodi, come fa Bertinotti».
Che ha parlato da presidente della Camera o da capo di Rifondazione?
«Non lo so. Bertinotti è persona molto avveduta. La sua non è stata un'uscita estemporanea, ma credo che i presidenti di Camera e Senato dovrebbero avere un maggior distacco dalle vicende dei partiti».
Si prepara uno scenario come quello del '98, quando Bertinotti fece cadere Prodi per scavalcare la Cgil?
«No. Noi non abbiamo alcuna preoccupazione di essere scavalcati. La Cgil prende le proprie decisioni in un forte rapporto con Cisl e Uil e non in base a quello che fanno Rifondazione o altre forze politiche».
Torniamo allo sciopero generale. Se Prodi apre un tavolo con voi, non lo fate?
«Noi vogliamo risolvere i problemi. Col governo si tratta di arrivare a rinnovare i contratti della sanità e degli enti locali ancora per il biennio passato e di trovare una soluzione per tutti i contratti pubblici per il prossimo biennio. Inoltre va affrontata l'emergenza inflazione. Il potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati è messo a dura prova».
Ma che può fare il governo?
«Sterilizzare le accise sui carburanti, andare avanti con le liberalizzazioni, varare misure a favore di chi paga l'affitto, aumentare la detrazione fiscale sul lavoro dipendente in modo da far salire il salario netto. Lo sciopero generale però dipende anche dalle risposte che arriveranno dalle imprese private. Bisogna rinnovare almeno il contratto dei metalmeccanici e quello del commercio».
Lei fa il suo mestiere e chiede il rinnovo dei contratti. Ma, prendiamo il pubblico impiego, perché il sindacato in cambio non si impegna davvero contro l'assenteismo e per il funzionamento dei meccanismi automatici di rilevamento della presenza?
«Noi siamo contro l'assenteismo e per il controllo effettivo dell'orario di lavoro. Ma non scambiamo la causa con l'effetto. Anche questi problemi, quando ci sono, si risolvono cambiando l'organizzazione del lavoro. Il sindacato è disponibile».
Enrico Marro