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Corriere: Elogio del prof di ginnastica

Educazione (psico) fisica Da insegnante «inutile» a tutor degli adolescenti

09/10/2010
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Corriere della sera

Quello speciale — quello che non si limita a dire «riscaldamento poi partita» — si riconosce subito. Ha uno sguardo serio, ai limiti del burbero. Porta la tuta come uno smoking. Conosce i ragazzi uno per uno (anche se allena decine di classi), individua i comportamenti scorretti, detta le regole della squadra. A scuola è il più rispettato, gli studenti lo adorano. E quando serve, c’è. Senza giudicare. Elogio del professore di ginnastica. Magister vitae, psicologo, assistente sociale, coach. Uno che agli aspetti migliori dello sport unisce pedagogia, cuore, talento. E tantissima passione.

Autorevole e mai autoritario, confidente senza essere amico. Il segreto è «scendere in campo», dice Tullio Garagnani, 41 anni, docente all’istituto professionale Vallauri di Carpi. Precario, Garagnani è uno di quei prof che riesce a trascinare l’intera scuola in imprese che sulla carta sembrano impossibili. Come l’aver inserito il cricket tra le materie curricolari, con tanto di torneo. Lui minimizza: «Era un’occasione per integrare gli studenti pakistani». Poi torna a parlare di percorsi formativi, di empatia, di adolescenti che vanno capiti e accompagnati. «Ma senza sovrapposizione di ruoli: io sono e resto l’insegnante. Devono essere loro a cercarmi. Altrimenti il processo educativo fallisce».
La scuola che diventa palestra. E viceversa. «Lavoriamo sul gioco — continua Garagnani —: si condividono le regole e si accetta la presenza di un arbitro. È un allenamento a diventare adulti, a stare con gli altri». Senza voti e senza interrogazioni. Molto più di una semplice ora di educazione fisica. E molto più di un insegnante che certifica competenze. Il «vero» docente di scienze motorie riconosce lo studente che in tuta si vede grasso, previene episodi di bullismo, ascolta i tormenti sentimentali di una quindicenne e le paure di un giovane che nello spogliatoio dice: «Prof, forse il mio beh, ha capito, è troppo piccolo». Succede anche questo. «In effetti — conclude Garagnani — si diventa psicologi. Ma il numero di telefonino no, quello è riservato». Se non in gita. «In quelle occasioni mi lascio più andare. È difficile fare sempre i seri: i ragazzi sono molto simpatici».

E fragili. Soprattutto i più piccoli. Lo sa bene Mariateresa Pindilli, che da 31 anni insegna ginnastica alla media Giorgio Perlasca di Pietralata, quartiere difficile di Roma. «Qui — dice — non si tratta di sport: il mio compito è far sì che questi ragazzi possano avere un rapporto normale con il proprio corpo: ci sono gli anoressici, i sovrappeso, i complessati. Fanno perfino fatica a toccarsi». E allora la prof Pindilli organizza corsi di teatro, di giocoleria, passa dal mimo alla musica all’educazione sessuale. «Insegno loro a non vergognarsi. I miei studenti sanno di potermi fare qualsiasi domanda. Possono contare su di me». Sempre. «Anni fa un ragazzino mi chiese di convocare i genitori, separati, per tentare un’ultima riconciliazione. Li chiamai. Ovviamente non si riappacificarono, ma almeno ripresero a dialogare». Altri ricordi: «Una nonna mi implorò di ospitare il nipotino a casa mia per proteggerlo da un padre violento. Lo nascosi per un paio di giorni, fu una pesante assunzione di responsabilità». E infine: «Un’alunna mi fece “strane” confidenze. Ne parlai con la preside. Alla fine scoprimmo che il papà abusava di lei». Il coraggio di insegnare ginnastica. E non solo nei contesti sociali degradati. Anche in una scuola «up» di Milano, il liceo scientifico Vittorio Veneto, fare il prof di educazione fisica vuol dire confrontarsi con ragazzi difficili, senza punti di riferimento, soli. È l’esperienza di Americo Gigante, 51 anni, «mister» della multipremiata squadra di pallavolo e atletica leggera dell’istituto. «In un momento in cui mancano gli ideali politici, in cui le famiglie sono assenti e le agenzie educative latitano, lo sport acquista un valore fondamentale». Ecco perché Gigante ce la mette tutta per coinvolgere gli studenti nelle sue attività. «Li incoraggio a fare sempre meglio». Certo, non è semplice. «L’anno scorso ho avuto una classe di alunni terribili, mi facevano disperare. Poi, l’ultimo giorno di scuola, li ho portati al parco. Ci siamo messi a giocare. E a parlare. In quel momento trovammo finalmente un canale di comunicazione». L’altro giorno Gigante ha accompagnato una ragazza anoressica in ospedale: «Non voglio medaglie, era giusto farlo».

I prof di ginnastica. Quelli bravi lasciano il segno. E non solo perché quando ci sono loro anche la palestra più fatiscente sembra un campo a cinque stelle. Sono speciali. Punto. Chiedetelo agli alunni di Claudio Monti, insegnante milanese morto in un incidente stradale a 47 anni nel maggio del 2007. Per il suo funerale la chiesa si riempì, «e c’eravamo tutti, credenti e non credenti, perché è stato un riferimento, perché parlava ascoltandoci», scrisse al Corriere una sua studentessa. Su Internet c’è un forum dedicato a lui. L’ultimo messaggio dice così: «Lassù hanno fatto proprio un bell’acquisto... Schiaccia per me Cla».


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