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Corriere: E Berlusconi fermò i gazebo. «Recuperiamo i sindacati»

Il sostegno del Colle al ministro: ma niente più decreti

18/10/2008
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Corriere della sera

di Francesco Verderami

Non c'è ministro dell'Istruzione che non abbia subìto una contestazione.
Mariastella Gelmini chieda a Beppe Fioroni, suo predecessore, che ogni mattina offriva brioche e cappuccino a un sindacalista piazzato fisso sotto il dicastero.
Eppoi ieri gli slogan dei manifestanti erano in buona parte meno aspri delle battute che Umberto Bossi gli dedicò nei giorni in cui varava la riforma della scuola. Paradossalmente, infatti, il titolare dell'Istruzione all'inizio del mandato ha avuto più sostegno da avversari come Luigi Berlinguer e Franco Bassanini che dalla Lega e da Giulio Tremonti. Il democratico Fioroni sostiene addirittura che «sul suo provvedimento avremmo potuto trovare l'intesa in due minuti se il ministro dell'Economia non avesse imposto tagli draconiani». Ma non avendo intenzione né interesse a rinverdire il duello che contrappose Letizia Moratti a Tremonti, la Gelmini ha fatto di necessità virtù, e con il tempo è riuscita a invertire la tendenza. Nei rapporti con Tremonti e nei rapporti con l'opinione pubblica. Come ha scritto il Riformista, a fronte della piazza che la contesta, i sondaggi hanno preso a premiarla. Dalla sua può vantare l'appoggio di Silvio Berlusconi, la protezione di Gianni Letta, il tifo di uno spettatore come Fedele Confalonieri e soprattutto la stima — ricambiata — di Giorgio Napolitano. L'ultima volta che l'ha ricevuta al Quirinale, il presidente della Repubblica teneva sulla scrivania il libro bianco di Fabrizio Barca, un dossier sulla spesa pubblica che l'economista aveva scritto ai tempi del governo Prodi e in cui era sottolineata la necessità di ridurre e riqualificare la spesa scolastica. Con la Gelmini, Napolitano è stato finora comprensivo e incoraggiante, in pubblico, come ieri, e in privato: «Mi raccomando però — le ha detto — niente più decreti ».
La strada del ministro resta difficile, le iniziative del Carroccio e i limiti di bilancio, incrociano le richieste di Regioni e sindacati. Perché la verità non sta mai da una parte sola, persino il Cavaliere ne è convinto. Non a caso mercoledì ha voluto parlare della riforma scolastica mentre si trovava a Bruxelles, stretto tra la crisi economica e il braccio di ferro sulle misure per il clima. E c'è un motivo se il suo messaggio si è concentrato sull'occupazione e sulle garanzie alle famiglie per il tempo pieno. Nelle pieghe del decreto ci sono ambiguità che vanno chiarite, anche per tenere aperto il dialogo con il sindacato. Sono parole che Berlusconi ha pronunciato ieri in Consiglio dei ministri, «va recuperato il dialogo con il sindacato che non è ideologizzato». Ovvero, va recuperato il rapporto con Cisl, Uil e Ugl per evitare che la Cgil li costringa allo sciopero generale del 30 ottobre.
Già la prossima settimana la Gelmini potrebbe convocare le confederazioni, anche perché sul pubblico impiego Tremonti pare disposto ad aprire i cordoni della borsa, cosa assai complicata se la richiesta non fosse venuta dal premier. Il fatto è che Berlusconi non vuole dare appigli agli avversari, il suo timore — in prospettiva — è che la scuola possa offrire un varco all'offensiva dell'opposizione, che le rigidità sulla spesa si trasformino in un tallone d'Achille del governo, finora inattaccabile a detta dei sondaggi. Il Cavaliere non rifarà errori come quello sull'articolo 18, ed è forse per prudenza che ha deciso di far sospendere un'iniziativa per il 25 ottobre, giorno in cui il Pdl avrebbe dovuto presentarsi nelle piazze d'Italia con i gazebo per raccogliere firme a favore della riforma scolastica: ha preferito non misurarsi con la manifestazione organizzata da Walter Veltroni.
In fondo, una ricerca commissionata da Berlusconi proprio sulla Gelmini ha dato «risultati eccellenti». Nel report si legge che «l'Italia profonda» concorda con la riforma della scuola, il gradimento arriva anche dai genitori i cui figli sono scesi in strada a manifestare: il grembiule viene identificato con «l'ordine», voto in condotta e maestro unico con il «rigore». «Dobbiamo andare avanti, dare una scossa. Bisogna innovare la scuola », ha commentato il Cavaliere. Che, manco a dirlo, ha aggiunto un altro settore: «... La scuola e la giustizia. Anzi, la scuola pubblica è messa peggio della giustizia. Perché, malafede a parte, i magistrati sono più preparati degli insegnanti ». Per sua fortuna la Gelmini non è Guardasigilli.


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