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Corriere del Mezzogiorno: La Fondazione Agnelli racconta gli insegnanti: frustrati e contenti

La scuola italiana grande malata? Il rapporto della Fondazione Agnelli fa proposte

25/03/2009
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Corriere del Mezzogiorno

di MICHELA VENTRELLA

In un momento di crisi come questo la scuola è sul banco degli imputati. La perdita della competitività e la carenza dell'innovazione dell'economia italiana sono il frutto di un'insufficiente attenzione a formare un capitale umano adeguato, soprattutto nel campo dei saperi e delle competenze scientifico-tecnologiche. Le difficoltà della scuola mettono a rischio il futuro del nostro paese? A questo quesito e ad altri temi caldi sull'istruzione cerca di portare risposte lo studio svolto dalla Fondazione Giovanni Agnelli sul sistema scolastico italiano. Il lavoro di trenta ricercatori della Fondazione ha preso forma nel volume Rapporto sulla scuola in Italia 2009, edito da Laterza, che sarà presentato oggi a Bari, nell'aula magna dell'ateneo (ore 11) con il direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, Andrea Gavosto, il direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Puglia, Lucrezia Stellacci, e Valentina Aprea, presidente della commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei deputati.

«La riorganizzazione della scuola non può che partire in primo luogo dagli insegnanti. Il loro prestigio sociale oggi in Italia è molto appannato. Non è una cosa che riguardi solo i diretti interessati - spiega il direttore Andrea Gavosto - , è una condizione necessaria per un sistema d'istruzione efficace e legittimato, perciò deve diventare preoccupazione di tutti». Gli insegnanti sono sempre più frustrati e demotivati e la scuola italiana rispetto agli altri sistemi d'istruzione europei è ancora indietro. Questo è vero o falso? L'Italia ha l'abitudine di considerarsi sempre un'anomalia rispetto ai suoi vicini, ma in realtà qualche dato positivo c'è: sono finite sotto il microscopio le 8.000 graduatorie provinciali dell'Italia e si è verificato che ben 1500, in realtà, sono esaurite o in via di esaurimento. «Questo non significa che non ci siano liste d'attesa lunghe e che richiederanno decenni per essere smaltite - spiega Lucrezia Stellacci - , ma al tempo stesso ci sono aree, nel settore scientifico e tecnologico, dove c'è una forte carenza ». Questo perché chi si specializza in queste discipline predilige fare carriera fuori dal sistema scolastico dove è meglio retribuito.

Un secondo dato positivo e anche trascurato riguarda l'assunzione di circa 50.000 docenti a tempo indeterminato per l'anno scolastico 2007/2008. «Un valore unico nella storia del sistema italiano», ci tiene a sottolineare il dirigente della ricerca della Fondazione Stefano Molina. Per comprendere la scuola italiana di oggi gli Uffici scolastici regionali dell'Emilia Romagna, del Piemonte e della Puglia, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Agnelli, hanno promosso un'indagine sul profilo professionale degli oltre 10.000 docenti assunti nell'anno scolastico 2007/2008 nelle scuole delle tre regioni.

In Puglia risultano assunti a tempo indeterminato 3792 insegnanti, e il 40% di coloro che hanno risposto al questionario per il sondaggio (3145 in Puglia) non sono in possesso di laurea; questo molto probabilmente riguarda insegnamenti tecnici e persone che sono entrate in graduatoria venti anni fa con requisiti differenti. In questa indagine, alla ragione principale della scelta della professione, il 79% dei pugliesi ha risposto «per passione», il 6% «per conciliare vita professionale e vita familiare», il 7% «perché era la migliore opportunità presentatasi», il 5% per riconversione professionale e solo il 3% per mancanza di alternative. Il 64,8% degli appena entrati in ruolo ritiene che i percorsi di carriera debbano essere differenziati in funzione del diverso impegno nell'insegnamento, rispetto a una più piccola parte, il 31%, che non vorrebbe modificare il sistema.

La Fondazione Giovanni Agnelli di Torino conduce ricerche da più di 40 anni sulla società italiana, con l'ambizione di fornire analisi e suggerimenti alla classe dirigente e lancia oggi due proposte. La prima è modificare il sistema di reclutamento degli insegnanti abolendo le graduatorie e creando un albo nazionale degli aspiranti alla cattedra. In modo tale che i dirigenti attingeranno dall'albo i nomi per coprire i vuoti in organico. La seconda proposta riguarda le retribuzioni. Lo stipendio base verrà differenziato con delle maggiorazioni in base al costo della vita, alle particolari difficoltà sociali o didattiche, a mansioni speciali. Con un premio riconosciuto da un Istituto nazionale di valutazione delle scuole migliori per quelle in grado di offrire un valore aggiunto ai loro studenti. La maggioranza dei neoassunti è d'accordo. Una piccola eccezione la fanno, però, gli insegnanti pugliesi: il 64,8% si è mostrato poco favorevole alla proposta dell'assunzione diretta. «Probabilmente - spiega Lucrezia Stellacci - , a causa di una percezione d'illegalità diffusa che c'è qui al Sud. Il reclutamento non è materia nostra: è oggetto di una legge specifica, il disegno di legge Aprea scinde la formazione iniziale dal reclutamento.

Alla fine, in controtendenza rispetto all'idea degli insegnanti depressi, solo l'1,5 % degli intervistati vorrebbe cambiare lavoro; «nonostante quella scelta sia una carriera segnata da un lungo precariato (per le regioni meridionali oltre dieci anni d'attesa) - conclude Stefano Molina - all'uscita del tunnel c'è un premio: gli anni di precariato valgono come anzianità pregressa. Rispetto ad altri settori in cui il precariato non è riconosciuto ai fini pensionistici».


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