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Corriere: Dal Colle arrivò il «non possumus»

Napolitano e le mail

14/10/2008
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Corriere della sera

E' un pressing diverso dal solito e, per il modo in cui è stato esercitato, più irritante di altre volte, per il Quirinale. «Un'iniziativa di evidente strumentalità», commenta a denti stretti qualche membro dello staff.

Una chiara allusione al cumulo di aspettative che così viene «impropriamente» caricato sulle spalle del presidente della Repubblica. Quasi che già il puro e semplice appellarsi a lui potesse garantire, se non una bocciatura istituzionale, almeno un'estrema forma di dissuasione verso il ministro Gelmini, firmataria di un contestatissimo pacchetto di norme destinate a cambiare volto alla scuola. A partire da un primo, drastico taglio del corpo docente.

La valanga di mail arrivate da tutt'Italia ha insomma preoccupato, e infastidito, Giorgio Napolitano. Perché, sia pur ammettendo che a ispirare le migliaia di firmatari non ci fosse un equivoco disegno per sfruttare anche mediaticamente il Colle (azzardiamo, cercando di intuire le possibili diffidenze quirinalizie: un disegno dei sindacati in difficoltà? o dei partiti del centrosinistra, altrettanto in crisi?), ciò che quei messaggi rivelano è — dal punto di vista della massima carica istituzionale del Paese — una grave ignoranza di quanto prescrive la Costituzione. Che — si osserva — non attribuisce al capo dello Stato il ruolo di giudice delle leggi (compito che è invece della Consulta) né di una sorta di Cassazione alla quale i cittadini pensino di affidare le proprie speranze o i propri dissensi. O, magari, le proprie «resistenze più o meno corporative », secondo il liquidatorio giudizio che ne dà il centrodestra.

E' dunque per sgombrare il terreno da ogni ambiguità che ieri sera il presidente ha fatto diramare un comunicato che ufficializza il suo «non possumus». Pur «nella viva attenzione e comprensione per le motivazioni» degli appelli che gli sono stati recapitati, spiega di non poter fare nulla. Il provvedimento, infatti, è «ancora all'esame» delle Camere. Ed è semmai lì, «nel Parlamento stesso», che può essere «contrastato o respinto», mentre «il governo si assume la responsabilità del merito delle sue scelte politiche».

Il capo dello Stato «non può esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce», insiste puntigliosamente la nota del Quirinale. Nella quale si aggiunge, a futura memoria, uno scenario ulteriore: posto anche che Napolitano chieda «una nuova deliberazione», rifiutando di firmare la legge oggi in corso di approvazione, resta il fatto che quella legge avrà comunque «l'obbligo di promulgarla», quando gli venisse riproposta. E tutto questo indipendentemente dal fatto che consideri i tagli «indispensabili», come ha detto il 29 settembre scorso. Quando ha invitato tutti a «evitare contrapposizioni pericolose» e a «impegnarsi in un clima di dialogo» francamente impossibile.


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