Corriere-Dai professori ai negozianti: quegli "interessi particolari" contro le riforme
PROFESSIONI ' POLITICA Dai professori ai negozianti: quegli "interessi particolari" contro le riforme Ministri di destra e sinistra hanno dovuto rinunciare ai loro piani. E in Parlament...
PROFESSIONI ' POLITICA
Dai professori ai negozianti: quegli "interessi particolari" contro le riforme
Ministri di destra e sinistra hanno dovuto rinunciare ai loro piani. E in Parlamento si torna a parlare di modifica degli ordini
ROMA - Rosy Bindi rifiuta qualsiasi paragone con Girolamo Sirchia. Mentre il ministro della Salute del governo di Silvio Berlusconi si è trovato a dover fronteggiare, per la prima volta nella storia, una clamorosa agitazione dell'intera categoria dei medici, compatta, l'ex ministro della Sanità del governo dell'Ulivo rivendica di "non aver avuto neanche un'ora di sciopero, nemmeno durante le fasi più dure del confronto sulla riforma" (anche se per la verità uno sciopero è registrato nelle cronache del giugno 1999). Eppure, suo malgrado, qualcosa che la accomuna a Sirchia c'è. Ed è la stessa cosa che unisce, per esempio, i destini di Letizia Moratti e Luigi Berlinguer: ministri dell'Istruzione del centrodestra e del centrosinistra che si sono cimentati in tentativi di riforma diversissimi, ma contrastati con analoga veemenza dalla categoria degli insegnanti. Berlinguer ci rimise il posto, come Rosy Bindi, che aveva osato imporre a un'altra potente categoria, quella dei medici, la regolamentazione dell'attività privata fra le mura ospedaliere. Con un paradosso: gli stessi medici che allora contestavano l'" intramoenia " oggi invece la sostengono, e gli stessi medici che all'epoca di Rosy Bindi lamentavano di essere trasformati in dipendenti pubblici oggi vedono nella svolta federalista il rischio di un'eccessiva "aziendalizzalizzazione" della Sanità.
"Pochi rammentano", dice l'ex ministro dell'Ulivo, "che quando venni sostituita i medici andarono in delegazione a Botteghe Oscure a chiedere che restassi al mio posto". Ma senza esito. Così i "riformatori" Berlinguer e Bindi vennero sacrificati sull'altare delle corporazioni. E i loro colleghi Sirchia e Moratti non sono stati sacrificati, sullo stesso altare, soltanto perché non c'è stato quel rimpasto di governo che tutti davano per scontato. Nel caso di Sirchia, anche perché il segretario dell'Udc Marco Follini ha rifiutato il suo posto. "La verità", commenta amaramente Rosy Bindi, "è che qualche volta la politica è più realista del re. Non capisce che se le riforme che toccano gli interessi delle categorie e delle corporazioni certamente costano, costa ancora di più non farle". Ragion per cui, da quella della scuola a quella della sanità, non ce n'è una sola che abbia davvero superato lo scoglio.
Il responsabile economico di Forza Italia Luigi Casero spiega che in Parlamento "abbondano i professionisti, come avvocati e commercialisti, che difendono le proprie categorie". Si appella a entrambi gli schieramenti perché "gli interessi particolari non vengano usati come clava nello scontro politico". E afferma la necessità di rilanciare, "subito dopo le elezioni europee", la riforma degli ordini professionali, arenata da anni a Montecitorio. Per dare almeno un segnale. Ma con poche speranze.
Quella riforma l'aveva voluta strenuamente il governo di Romano Prodi. La melina delle categorie, cementata nel Cup, il Comitato unitario delle professioni, si rivelò però insormontabile. Esasperato, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Micheli sbottò: "Le associazioni professionali sperano in un cambio di maggioranza, ma sbagliano i calcoli".
Infatti la riforma ricomparve anche nel programma del centrodestra. Ma i calcoli non erano del tutto sbagliati. La riforma fu presto retrocessa da provvedimento di iniziativa governativa a proposta di legge dell'Udc. E ora sta in un cassetto, in attesa di essere (forse) riesumata.
Esito migliore non hanno avuto le varie ipotesi di riformare l'ordinamento giudiziario, che si sono regolarmente infrante contro l'opposizione dei magistrati. Un primo (sospetto) tentativo di separazione delle carriere fra pubblico ministero e magistratura giudicante venne sventato già nel 1992, in piena Tangentopoli. Poi ancora due anni più tardi, all'epoca del primo governo Berlusconi. Il braccio di ferro è ripreso da un paio d'anni e non si è ancora risolto.
Né è stato più facile fiaccare la resistenza dei commercianti. Secondo il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano l'inflazione in Italia continua a essere alta perché i governi regionali, probabilmente temendo di perdere consensi, non hanno tradotto in pratica la riforma del centrosinistra, targata Pierluigi Bersani, che aveva l'obiettivo di liberalizzare il commercio. Le Regioni non ci stanno. I commercianti neppure. Ma intanto non cambia nulla. E non fa passi avanti nemmeno la razionalizzazione della rete dei benzinai. Con il risultato che il prezzo della benzina, in Italia, è il più alto d'Europa.