Corriere-Da una parte il maestro unico. Dall'altra la ...
Da una parte il maestro unico. Dall'altra la ... MILANO - Da una parte il maestro unico. Dall'altra la ... MILANO - Da una parte il maestro unico. Dall'altra la squadra, fatta di insegnanti con ...
Da una parte il maestro unico. Dall'altra la ...
MILANO - Da una parte il maestro unico. Dall'altra la ...
MILANO - Da una parte il maestro unico. Dall'altra la squadra, fatta di insegnanti con diverse competenze, ma suddivisione equa delle ore da passare in classe. Da oggi c'è una terza via. Quella indicata dal ministro dell'Istruzione Letizia Moratti. Con la riforma il maestro sarà uno, in quanto referente principale per la classe. Ma anche trino, poiché affiancato da due colleghi che si occuperanno dei laboratori. Il giudizio dei pedagogisti sul piano del Ministero non è univoco. Su un punto, però, converge la maggioranza dei pareri: si respira aria di ritorno a una figura di docente autorevole e tradizionale. Un docente in grado di farsi carico della trasmissione delle conoscenze, ma anche della formazione dei ragazzi in quanto persone. Una versione aggiornata e corretta del maestro Perboni di "Cuore", più Internet e meno romanticismo.
PIONIERI ALLA LAVAGNA - "Chi come me ha insegnato negli anni '50 ha vissuto una stagione pionieristica della scuola - ricorda Mario Lodi, classe 1922, maestro-scrittore, promosso pedagogista sul campo -. Allora cercavamo di trasmettere ai ragazzi i valori della neonata Repubblica, come la libertà e la democrazia. Questo ci dava una forte motivazione. Oggi la sfida è insegnare a riflettere, a pensare, a vivere con gli altri in modo non competitivo. Che lo si faccia sedendosi in cattedra da soli o con altri due colleghi non ha una grande importanza".
Negli anni '60 i professionisti della scuola hanno trovato supporto nelle teorie dei pedagogisti. "Di fatto fino allora avevamo insegnato per tentativi, senza il supporto dei libri e della "teoria"", ricorda Lodi. Ma i mitici '60 sono anche gli anni in cui il ruolo sociale del maestro va ridimensionandosi. Nel 1962 esce in libreria "Il maestro di Vigevano", di Lucio Mastronardi: il protagonista rinuncia alla cattedra per entrare in azienda.
Gli anni '70, secondo Lodi, hanno avuto il grande pregio di riportare l'attenzione sul ruolo educativo di noi docenti: "Ricordo i dibattiti: farebbero tanto bene anche oggi. Non limitati ai circoli degli addetti ai lavori, ma allargati a tutti, magari con l'aiuto della televisione".
ANNI '80, LA RIFORMA - Tre maestri, una cattedra. Così è stata la scuola a partire dagli anni '80. La riforma delle elementari è datata 23 maggio 1990, ma la convivenza dei docenti davanti alla lavagna era cominciata cinque anni prima. Nel 1985, infatti, erano stati varati i nuovi programmi e, di fatto, numerosi ragazzi a scuola sperimentavano già l'insegnamento a più voci.
"Quella riforma fu studiata più per trovare un posto agli insegnanti in soprannumero che per andare incontro ai bisogni dei bambini - taglia corto la psicologa dell'età evolutiva Anna Oliverio Ferraris -. I piccoli hanno bisogno di un punto di riferimento, di una figura a cui affezionarsi". Sulla sponda opposta sta il veterano dei pedagogisti italiani, Aldo Visalberghi: "Il vero obiettivo della riforma è ridurre il personale della scuola. Il maestro-padrone può avere valenze negative. E comunque la materia del contendere mi sembra marginale. I maestri italiani sono tra i migliori del mondo. Hanno saputo compensare una preparazione scolastica più breve rispetto ad altri Paesi con la lettura e l'aggiornamento. La vera priorità della scuola oggi è aumentare il personale di sostegno ai bambini portatori di handicap".
Si concentra su un'altra obiezione Cesare Scurati, docente all'università Cattolica di Milano: "Come possono tre maestri costituire una squadra di lavoro se due di loro hanno un ruolo marginale? Chi sta meno ore in classe "vale" di meno di fronte agli studenti e ai genitori. L'esigenza di una figura forte di riferimento dietro alla cattedra va interpretata in altro modo".
COORDINAMENTO - Ma il ministero difende la riforma. Spiega un pedagogista, consulente del ministro Moratti: "La presenza di un maestro prevalente serve a garantire un coordinamento all'équipe pedagogica. E poi questa figura non è una novità. Esisteva già nella legge di riforma della scuola elementare datata maggio '90. Nel '92 intervenne una circolare del ministero che prevedeva una divisione equa tra i tre insegnanti delle ore da passare in classe. Nei fatti, però, molte scuole il maestro prevalente ce l'hanno già".
Rita Querzé