Corriere: «Concorsi per prof sì alla lista nazionale Fondi a chi merita»
L'intervista Il rettore della Bocconi e il piano Gelmini
«Gli atenei che producono di più vanno premiati» |
ROMA — «Un'innovazione che potrebbe essere importante e che ci avvicinerebbe alle migliori pratiche internazionali». Guido Tabellini, rettore dell'Università Bocconi, con numerose esperienze anche di insegnamento presso università americane, guarda con fiducia al piano del ministro Gelmini per rendere più trasparente il reclutamento dei professori universitari, superando l'attuale organizzazione dei concorsi. Un sistema nazionale di valutazione con il rilascio di un'abilitazione a cui far seguire la chiamata diretta da parte delle singole università.
Che ne pensa della riforma dei concorsi?
«È senz'altro una novità. L'innovazione consiste nel distinguere tra un momento di reclutamento esterno alle università e uno di promozione interna (l'assunzione da parte del singolo ateneo). Finora il concorso è stato una finzione ipocrita. Le università per promuovere il proprio candidato bandivano un posto. Ma essendo il bando rivolto a tutti, mettevano il docente dell'ateneo in concorrenza con altri docenti, falsando però il concorso stesso perché ciascun ateneo spingeva per il proprio candidato. In futuro le promozioni a ricercatore, associato e ordinario dovrebbero avvenire — i dettagli non li conosciamo ancora — in due fasi separate: prima attraverso l'abilitazione nazionale — che garantisce un livello minimo di qualità — poi con un secondo filtro costituito da regolamenti che ogni università dovrà darsi in cui sono indicati i criteri meritocratici per la promozione. Questo consente all'università di avere dei criteri di merito ancora più stringenti di quelli usati per l'abilitazione nazionale ».
Funzionerà?
«Bisognerebbe conoscere in cosa consiste questo secondo filtro. Se è debole o sbagliato è difficile che il Miur, soltanto con la lista nazionale degli abilitati, possa spingere nella direzione giusta. Può eliminare solo gli abusi peggiori».
Cosa suggerirebbe?
«La volontà di scegliere i docenti migliori deve essere incentivata attraverso un altro aspetto della riforma di cui si sta discutendo: la valutazione delle università e la distribuzione delle risorse in base al merito. Sono necessarie delle regole che consentano agli atenei, statali e non, con la migliore produttività scientifica di ottenere più risorse. Infatti queste università avrebbero dimostrato di saper fare un miglior uso delle risorse e di avere una maggiore capacità di attrazione dei docenti migliori».
Tra le idee per riformare i concorsi c'è anche quella di consentire alle scuole superiori e atenei non statali la possibilità di sperimentare nuove forme di reclutamento.
«Il modo cambia, nel business privato cambiano i modi di organizzazione interna, i contratti, le procedure di assunzione. Un'impostazione troppo centralistica, dove tutte le università siano controllate interamente dal Miur, ci costringerebbe a restare indietro rispetto ad altri paesi più facilitati nell' adattarsi ai cambiamenti. Bisogna ricordare che in Italia il titolo di studio ha un valore legale. Nel nostro sistema questo implica anche avere docenti assunti con le procedure previste dal ministero. Oggi, tanto per fare un esempio, io non posso assumere un giovane e promettente docente di Harvard, su una posizione superiore a quella da lui occupata nel suo ateneo, anche se dotato di titoli scientifici, a meno che questi non sia disposto ad affrontare la trafila burocratica e a sottoporsi oggi ai concorsi, speriamo domani alla procedura di abilitazione. Sarebbe invece auspicabile consentire ad alcuni atenei margini di sperimentazione per assumere docenti promettenti anche al di fuori delle procedure ministeriali».
Anche a quelli statali?
«Questi margini di sperimentazione di nuovi meccanismi contrattuali o di forme alternative di reclutamento potrebbero essere utili anche per le migliori università statali. Oggi ce ne sono molte ben organizzate, con docenti produttivi e capaci di fare buone scelte. Sarebbe importante metterle in condizioni di reclutare docenti con modalità scelte da loro. Eventuali innovazioni introdotte con successo dalle università che hanno la possibilità di sperimentare potrebbero poi essere introdotte in tutto il sistema, garantendone maggior dinamicità e capacità di adattamento ».
Giulio Benedetti |