Corriere: Colpa (anche) della tv Chi non sa contare è la star dei talk show
di Giulio Giorello
Colpa (anche) della tv Chi non sa contare è la star dei talk show
Sembra che le «matematiche severe» (come diceva un grande letterato francese dell'Ottocento) siano severe...
soprattutto con gli alunni delle scuole italiane. Data la considerazione generale di cui godono da noi aritmetica e geometria, non c'è da stupirsene. Se in qualche talk show un personaggio dichiara di non saper fare due più due, riscuote applausi e solidarietà dal pubblico di sala; le cose andrebbero diversamente, credo, se attribuisse la
Divina Commedia a Leopardi o I promessi sposi a William Shakespeare! Se da casa assisto a spettacoli del genere, mi viene voglia di imitare un amico di Belfast che, quando sullo schermo compariva Margaret Thatcher, ricorreva al primo proiettile casalingo a disposizione. Ha ragione Franco Brezzi (docente di analisi all'Università di Pavia) nel suo contributo al volume «La ricerca tradita»: non si può sperare in una eccellenza scientifica diffusa se non si comincia dalla scuola.
Occorre «non spacciare il lassismo per buona didattica» e avere politici capaci di promuovere riforme anche impopolari. E soprattutto, perché non tentare uno sforzo coordinato, dalla scuola all'editoria alla televisione (forse, non quella dei talk show) di presentare la matematica non come una rigida sequenza di teoremi, ma come un ragionamento per congetture, prove e confutazioni, dove immaginazione e senso critico vanno insieme? In Italia non sono mancati studiosi che hanno insistito su questa matematica viva, da Bruno de Finetti a Ludovico Geymonat, da Ennio De Giorgi a Lucio Lombardo Radice. Il punto è che la matematica è uno strumento così essenziale per la comprensione del mondo che le sue nozioni più astratte — e che troppi scambiano per astruse — diventano preziose per orientarsi nelle questioni più concrete. Se un paese perde la sfida con questa serva padrona finisce col togliere alle giovani generazioni il diritto all'intelligenza.