Corriere: Bullismo, denunciato un preside «Non ha allontanato il teppista»
I carabinieri di Lecce: inascolate le denunce della famiglia. La replica: qui non è successo niente
ROMA — Uno studente di quindici anni di Sannicola (Lecce) affidato ad una comunità di recupero dai carabinieri per essersi reso protagonista di ripetuti atti di bullismo nella sua scuola. E un preside accusato di omissione di atti d'ufficio per non aver preso alcun provvedimento nei confronti del ragazzo, nonostante le denunce dei genitori delle vittime del bullo. È successo in un istituto superiore di Gallipoli. È una brutta storia di estorsioni, di botte, di silenzi e indifferenza consumata in una comunità dove si lavora per educare i giovani.
Tutto parte dalla denuncia di una madre. Il figlio tornava a casa con dei lividi. La donna scopre che il ragazzo subiva le angherie di un compagno, il classico bullo, che con minacce gli portava via la paghetta: dieci, venti euro. Altrimenti erano botte. La madre si rivolge alla compagnia dei carabinieri della cittadina pugliese e iniziano le indagini.
Gli investigatori accertano i fatti denunciati dalla donna e scoprono che il bullo quindicenne due mesi prima aveva preso di mira un altro ragazzo costringendolo addirittura a cambiare scuola. Anche il quel caso minacce e botte se la vittima non pagava. Per i carabinieri si delinea inoltre un ambiente scolastico piuttosto sordo alle rimostranze dei genitori delle vittime del bullo, con un preside che nonostante le denunce si rifiuta di prendere provvedimenti disciplinari e, come pubblico ufficiale, di segnalare i due episodi. Il ragazzo viene affidato ad una comunità di recupero e per il dirigente scolastico scatta una denuncia. Scuola e bullismo, un problema che il ministro Fioroni ha voluto subito prendere di petto. Una commissione di esperti tra pochi giorni consegnerà delle linee guida per affrontare questo fenomeno. I carabinieri di Gallipoli hanno preparato un rapporto: la scuola non ha reagito. «Non ricordo», «Non è successo nulla di grave, che io sappia», «Nessuno mi ha informato», dice il preside. Per Maurizio Salvi, presidente dell'A.Ge, l'associazione dei genitori d'ispirazione cattolica, si è cercato di minimizzare l'accaduto, forse per evitare un danno all'immagine dell'istituto, forse per scongiurare il rischio di un calo di iscrizioni.
«Preside e genitori, quando accadono certi episodi, devono coinvolgere i genitori della classe, cercare la loro collaborazione per aiutare il ragazzo in difficoltà — dice Salvi —. Quando vogliono fare tutto da soli nascono dei problemi». Se una famiglia cambia la scuola al figlio dopo un mese e se una madre si rivolge ai carabinieri, sostiene il presidente dell'A.Ge, vuol dire che la scuola ha sbagliato qualcosa.
Non è facile fare il lavoro del preside, soprattutto quando accadono certi episodi e si ha a che fare con certi ragazzi. Non conosce l'episodio, ma conosce bene le difficoltà del mestiere, Giorgio Rembado, presidente dell'Anp (Associazione nazionale presidi). «È difficile coniugare la doverosa e necessaria tutela di chi subisce i soprusi — sostiene Rembado — con la necessità di recuperare i violenti attraverso l'educazione e l'insegnamento. Entrambi gli obiettivi rientrano nella missione della scuola. Denunciare un ragazzo, attuare la repressione può voler dire rinunciare al recupero. Non è facile trovare un punto di equilibrio» .
Entro pochi giorni alle autorità scolastiche verranno presentate delle linee guida di comportamento per affrontare i casi di bullismo