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Corriere: Atenei, dubbi sulla pensione a 65 anni

Entro la settimana previsto il sì del Senato: 300 emendamenti. Attesa per le modifiche del governo Il centrodestra frena. Il Pd: contratti anche dopo per i docenti migliori

27/07/2010
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Corriere della sera

ROMA— Parte il rush finale al Senato per la riforma dell’università, caldeggiata in tempi brevi anche dal presidente Giorgio Napolitano. Oggi in aula comincia la discussione generale. L’obiettivo è licenziare il testo entro la fine della settimana. Poi la parola passerà alla Camera. Ma non prima di settembre o di ottobre, a questo punto.

Dopo la prima scrematura sono rimasti 300 emendamenti al ddl Gelmini che — dopo il varo del governo — ha stazionato per mesi in commissione. E ancora ci sono molti punti da risolvere. A cominciare dall’età della pensione per i professori universitari. Il provvedimento, molto articolato per quanto riguarda la governance e l’organizzazione degli atenei, allo stato attuale prevede la messa a riposo dei docenti a 70 anni. Il Pd ha però presentato un emendamento che, fra le varie norme, prevede il pensionamento a 65 anni «per favorire l’ingresso dei giovani». Una proposta che era stata avanzata anche dal ministro Gelmini in un’intervista al Corriere. Dopo la rivolta dei professori, il centrodestra ha frenato. «In ogni caso noi prevediamo la possibilità di utilizzare a contratto i professori migliori anche dopo i 65 anni per attività didattica, gruppi di ricerca e altre iniziative», spiega Marco Meloni, responsabile delle politiche per l’università nel Pd. La questione sarà oggetto sicuramente di discussione. E forse anche di scontro politico.

Dunque oggi si riparte con molte incognite. A cominciare dai tempi. Perché— come ammettono dalla stessa maggioranza — «stiamo aspettando su molte questioni indicazioni precise dal governo». Però, spiega il relatore Giuseppe Valditara (Pdl), «il testo è innovativo ed esauriente. Dopo il lavoro in commissione l’articolato è completo. Ma siamo aperti alle correzioni che l’aula riterrà opportune». Le linee guida della riforma prevedono la premialità del merito a tutti i livelli: per gli atenei, che ricevono le risorse anche in base appunto ai meriti didattici e di ricerca; per le carriere del personale docente; per il reclutamento dei ricercatori; per gli studenti. Inoltre per garantire trasparenza si prevede un albo unico dei professori al quale le università debbono attingere i docenti da mettere a contratto o assumere. E ancora il tetto massimo di 8 anni per la durata in carica dei rettori e nuove norme per facilitare l’assunzione dei ricercatori. «Il problema è che la riforma non indica le risorse. E una riforma di questo tipo senza risorse è un castello di sabbia», dice ancora Marco Meloni. E Vincenzo Vita, senatore del Pd, aggiunge: «Per noi oltre all’età pensionabile a 65 anni, condizioni irrinunciabili sono norme per il diritto allo studio e l’immissione in ruolo dei ricercatori», che invece rischiano di vedere con la riforma la propria posizione congelata e i diritti acquisiti cancellati.


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