Corriere: Atenei, arriva il talent scout d'azienda
Sempre più imprese si affidano a un manager per reclutare gli studenti migliori
Sempre più imprese si affidano a un manager per reclutare gli studenti migliori
Nelle aziende, il rapporto con le università come bacini di utenze e di possibili candidati sta diventando sempre più importante. Ed è per questo che in molte società italiane, che siano di consulenza o meno, sta nascendo una nuova figura professionale che si occupa di approfondire quotidianamente i canali di comunicazione con il mondo accademico. C'è chi la chiama "Sourcing and channel manager", chi "Recruiting Director", oppure ancora chi la definisce "University relations manager". Fatto sta che questa figura sta diventando un "must" per moltissime aziende italiane, anche se per alcuni si tratta di una posizione consolidata da tempo. «Da noi esiste già da una decina d'anni», dice Federico Lalatta Costerbosa, vice president and director BCG Italia, «i rapporti con le università sono fondamentali. Per questo dedichiamo al settore uno staff di due-tre persone che fanno capo al Recruiting director».
Il team varia, a seconda dei casi, dalle tre alle dieci persone ed è generalmente costituito da dipendenti che conoscono bene l'azienda ma anche il settore di riferimento, quindi i giovani e le università. Lo staff mantiene vivo il sito internet, consolida il rapporto con gli uffici placement delle facoltà, sponsorizza l'attività dell'azienda negli atenei, contatta i docenti universitari per proporre delle lezioni a tema. Il Recruiting director ha la responsabilità di gestione del team, stabilisce obiettivi e coordina il lavoro. «Per diventare Recruiting director bisogna aver vissuto l'azienda a fondo e naturalmente conoscere l'università», continua Lalatta.
DALLA RICERCA ALLE IMPRESE — Capita, quindi, che un Recruiting director possa essere anche un ex ricercatore. Come Carla Milani, University relations manager di IBM Italia, che prima di entrare in azienda era proprio una ricercatrice nel dipartimento di fisica nucleare dell'università di Pavia. «Bisogna essere appassionati di questo mondo - spiega Milani - e conoscerne i ritmi. E' un momento in cui c'è grandissima enfasi sul mondo universitario. Arrivare ai giovani è importante, e arrivarci con una certa immagine lo è ancora di più. Per questo realizziamo career day e job challenge, in cui incontriamo direttamente i ragazzi». E poi anche collaborazioni didattiche, in cui un dipendente dell'azienda tiene, a supporto dell'attività del docente, una lezione per promuovere l'immagine della società.
«Il sourcing manager fa parte dello staff del recruiting», dice Monica Palma, Sourcing manager Accenture, «e si occupa, insieme al suo team, di organizzare tutti gli eventi di student communication, presentazioni aziendali, giornate di orientamento, premi di laurea, business game, con una presenza capillare a livello geografico». Ma anche collaborazioni con le principali scuole di formazione e direzione (master), e organizzazione di eventi e contatti con il personale dell'azienda per trovare i relatori giusti che raccontino la propria esperienza lavorativa nelle università. In alcuni casi si analizza e si studia anche il target di riferimento. «Facciamo delle indagini per monitorare le esigenze dei giovani, studiamo i media habit, le loro abitudini, i gusti, i siti internet in cui navigano più spesso», continua Palma. Il tutto, per trovare i canali di comunicazione giusti con cui presentare l'azienda ed esser sicuri di poter coinvolgere i ragazzi. Una figura, quella del Sourcing manager, che è anche un buon trampolino di lancio. «E' un'esperienza che dà molta visibilità, ed è un ruolo molto importante», conferma Alberto Guerrini, Recruiting director di BCG Italia, «per questo di solito scegliamo una persona che si è distinta nel recruiting, che abbia fatto un Mba, e che parli un inglese fluente».
UN LAVORO IN VIAGGIO — Il Recruiting manager, generalmente dai 30 ai 50 anni, viaggia infatti spesso, e soprattutto in Europa. «Si tratta di una figura che nel tempo sarà sempre più valorizzata, perché è un vero e proprio biglietto da visita dell'azienda nei confronti del mondo esterno», dice Fulvia Tarasconi, Recruitment manager di Kpmg. Può capitare infatti che un University relations manager diventi top manager o partner dell'azienda. «La competenza linguistica è una di quelle chiave, perché partecipiamo ad iniziative di recruiting e di presentazione dell'azienda anche nelle università e nei campus all'estero», continua Tarasconi. «Ci sono dei miei paralleli in Francia, Olanda e Cina», dice invece Milani, «e ci incontriamo una volta l'anno per raccontarci le nostre esperienze. Quello che fanno i miei colleghi all'estero può essere interessante per noi in Italia e viceversa». Nella maggior parte dei casi, la figura del Recruiting manager, prima di arrivare in Italia, si è sviluppata nelle sedi estere dell'azienda. Chi pensava dunque che le università non fossero più il giusto trait d'union con il mercato del lavoro, si sbagliava. Gli atenei continuano ad essere, per le aziende, un bacino da monitorare.
Corinna De Cesare
corinna23@libero.it