Corriere: Asili nido: tanti soldi, pochi posti
Realtà Oggi soltanto il 12,3 per cento dei piccoli trova accoglienza. E si allungano in tutta Italia le liste di attesa mentre la burocrazia blocca le nuove iniziative
Progetti L'impegno preso in sede europea era di mettere le scuole per bambini da zero a tre anni nelle condizioni di poter offrire ospitalità almeno a un mini-alunno su tre
743 milioni di euro stanziati e mai spesi
Doveva essere il più grande investimento sui nidi degli ultimi 30 anni. Poco o nulla di fatto: il «Piano nidi» — varato a settembre 2007 — è incagliato nelle secche della burocrazia. Dei 743 milioni stanziati da Stato e Regioni (con l'aiuto della Ue) per aumentare i posti nei nidi finora non è stata spesa nemmeno una lira. Per di più i fondi per i prossimi anni rischiano di finire sotto la scure del Tesoro. E non è finita: se anche per magia i nuovi posti nei nidi da domani fossero pronti e attrezzati, i Comuni rischierebbero di non avere le risorse necessarie ad assumere nuovo personale e accogliere i bambini. La corsa verso l'obiettivo fissato dall'agenda di Lisbona a questo punto sembra destinata all'insuccesso. L'Europa ci chiede di garantire un posto al nido almeno al 33 per cento dei bambini tra 0 e 3 anni. Oggi siamo fermi — secondo le stime del Centro Nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia riproposte dall'Istituto degli Innocenti di Firenze — al 12,3 per cento. Per raddoppiare l'offerta nel giro di due anni ci vorrebbe un miracolo.
I bambini che frequentano i nidi (pubblici e privati) sono 187 mila. Le percentuali più alte si registrano in Emilia Romagna (29,7 posti ogni 100 piccoli); le più basse in Molise (4,2 ogni 100). Le rette variano sul territorio nazionale. Si va dai 700 euro del nido privato a Milano alla gratuità dei nidi pubblici. Solo per chi ha redditi molto bassi, però: nelle scuole comunali gli esborsi sono proporzionati alla condizione economica delle famiglie. A Milano, per esempio, i nuclei che superano i 27 mila euro Isee (indicatore che tiene conto sia del reddito che del patrimonio familiare) pagano 465 euro al mese. Quindi decisamente di più della scuola materna (50 euro al mese circa). E le rette milanesi non sono tra le più costose. Ma se quello dei costi può essere un problema, ancora prima viene la questione delle liste d'attesa. Perché moltissimi bambini al nido proprio non riescono a entrare. E i nuovi posti? Dei 743 milioni stanziati dal «Piano nidi» 105 sono stati assegnati alle regioni per il 2007. Ma nessuno è ancora riuscito a spendere un euro.
Fondi fantasma
Nel caso di Campania, Abruzzo e Calabria la responsabilità è tutta delle Regioni che non hanno ancora presentato i piani di spesa. Nel resto d'Italia a porre pali e paletti sono la burocrazia e i vincoli di bilancio. «Dal 2007 gli esborsi per il sociale devono sottostare al cosiddetto patto di stabilità. Insomma, non possiamo aumentare la spesa. E così non si riescono a utilizzare nemmeno i soldi disponibili, come quelli per gli asili. Può sembrare incredibile, ma è proprio così», si arrabbia Stefano Valdegamberi, Udc, assessore regionale in Veneto oltre che responsabile della commissione Politiche sociali della conferenza delle Regioni. Il Veneto ha già deciso come spendere i suoi 9 milioni di euro: 6,5 andranno per allargare le strutture esistenti e 5 per costruirne di nuove. Ma nella migliore delle ipotesi i fondi del 2007 arriveranno nel 2009. «Chiediamo al governo di snellire le procedure — insiste Valdegamberi —. Altrimenti rischiamo di prenderci in giro. Ci vengono promessi soldi che non possiamo spendere».
Rischio tagli
Dal canto suo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi (Pdl) si sta già confrontando con le questioni burocratiche. «Abbiamo semplificato le modalità del monitoraggio sull'impiego dei fondi. Le procedure fissate dal precedente governo erano troppo lunghe e farraginose», racconta Giovanardi. Morale? «A settembre avremo un quadro di come le Regioni intendono spendere i fondi del 2007 — fa il punto Giovanardi —. I denari per gli anni successivi (2008 e 2009, ndr) saranno distribuiti solo se lo sfruttamento delle risorse da parte delle Regioni si dimostrerà adeguato».
Insomma, l'assegnazione dei 600 milioni di euro restanti non è incondizionata. L'annuncio non piace alle Regioni. «Quelli sono soldi nostri. Delle Regioni, intendo. E adesso il governo vuol farci le pulci? Questa è una grave scorrettezza», contesta Valdegamberi della conferenza delle Regioni. «E poi si parla di federalismo. Non vorrei che dietro a questo avvertimento ci fosse l'intenzione di fare marcia indietro sulle risorse», mette le mani avanti l'assessore. In effetti un minimo «rischio tagli» c'è. La manovra varata dal governo impone una serie di sacrifici al ministero del Tesoro. E visto che i fondi della presidenza del Consiglio arrivano appunto dal Tesoro, eventuali sforbiciate non sono da escludere.
Gestione costosa
Chi difende a spada tratta il «Piano nidi» è Rosy Bindi, che lo ha varato da ministro della Famiglia: «Parliamo di una delle eredità migliori lasciate dal governo Prodi. Non solo andrebbe evitato qualunque taglio ma i fondi vanno aumentati. E poi va bene vigilare sulla capacità di spesa delle Regioni. Ma il governo dovrebbe abolire i rigurgiti di centralismo». Come la stessa Bindi fa notare, adesso il problema è assicurare ai Comuni le risorse sufficienti per far funzionare i nidi che dovrebbero (il condizionale è d'obbligo) essere costruiti. Tanto per rendere l'idea, un bambino al nido a Milano costa 7.173 euro. Di questa somma in media le famiglie pagano 1.631 euro, il resto è messo dal Comune. Sotto il Vesuvio, invece, un bimbo al nido costa 11.300 euro l'anno di cui 280 messi in media dalle famiglie (i dati sono della fondazione Civicum). «Il punto è che se Milano, che già soddisfa il 19 per cento dei bambini, domani avesse posti per il 33 su cento come vuole l'agenda di Lisbona, allora dovrebbe cercare anche 50 milioni di euro in più da mettere ogni anno a bilancio per la gestione. Nel caso di Napoli addirittura sarebbero necessari oltre 120 milioni di euro in più», esemplifica Giovanni Azzone, docente del Politecnico di Milano. «Veniamo da anni di troppi tagli ai Comuni. Le questioni legate alla finanza locale vanno affrontate e risolte una volta per tutte — si infervora Nadia Masini, sindaco di Forlì e responsabile delle Politiche sociali per l'Anci, l'associazione dei Comuni italiani —. Se a Forlì siamo arrivati a ospitare nei nidi il 42 per cento dei bimbi è solo a prezzo di enormi sforzi. Non si può più andare avanti a colpi di slogan: i servizi per l'infanzia tra 0 e 3 anni devono diventare accessibili a tutte le famiglie. E per questo servono politiche coerenti e costanti».
Rita Querzé