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Coronavirus, come finisce la scuola

Il decreto approvato dal Governo è una cornice: non tutto è scrtoo ma si comprende la direzione presa dal Miur: nessun bocciato, no al 6 politico, maturità con colloquio a distanza

06/04/2020
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la Repubblica

Mariapia Veladiano

Non è facile. Il Miur in questi mesi percorre un sentiero tutto da disegnare. Da un lato c’è la legge, che è precisa, definisce modi e tempi di validità di un anno scolastico e dell’esame di stato, e anche definisce la natura e la quantità e qualità del lavoro dei docenti. Dall’altro c’è un virus che ancora non si lascia prevedere. Dall’altro ancora c’è il compito della scuola che è educare anche in condizioni di emergenza e insieme assicurare la serietà dei titoli di studio. Il decreto approvato oggi in Consiglio dei Ministri è una cornice dentro la quale devono essere scritte le ordinanze per esami di stato di primo e secondo ciclo e per la chiusura dell’anno scolastico. Si contemplano le diverse ipotesi, a seconda che si rientri a scuola entro il 18 maggio oppure no. Non tutto è scritto ma si può comprendere la direzione indicata dal Ministero.

Nessun bocciato

Non è scritto, toccherà alle ordinanze dire come fare in concreto, ma si intuisce che tutti gli studenti dalla prima alla quarta di tutti i cicli saranno ammessi alla classe successiva. Impensabile fare diversamente in una situazione di emergenza come la nostra e del resto è già accaduto per le scuole interessate dal terremoto del 2009. I motivi sono più di uno. La didattica a distanza si è attrezzata in corsa, ha operato letteralmente miracoli, ha mobilitato scuole, docenti, studenti e famiglie ma non ha raggiunto tutti. Difficilissimo avere dati quantitativi e qualitativi sicuri sulla didattica a distanza in questa fase di emergenza, una rilevazione del Miur parla del 94% degli studenti coinvolti, si tratterebbe di più di 500.000 ragazzi, tantissimi, che ne sono fuori per ragioni diverse: senza rete, senza computer, senza capacità tecnologiche adeguate, scuole non sufficientemente capaci di raggiungerli, docenti che non si sono attivati. Pochissimi ma c’è anche questo e del resto il reclutamento dei docenti fino a tempi recentissimi non prevedeva le competenze digitali né l’aggiornamento obbligatorio.

Bocciare chi non ha potuto accedere alla didattica a distanza vuol dire scavare il divario della disuguaglianza. La scuola non può farlo. Può invece, il prossimo anno, così come prevede il decreto, organizzare attività di integrazione e recupero degli apprendimenti. C’è da dire anche che la didattica a distanza come attività didattica esclusiva non ha ancora un supporto normativo adeguato e in mancanza di questo la scelta di bocciare o sospendere il giudizio avrebbe aperto le porte di tutti i contenziosi possibili. Impensabile. Quando si ripartirà, a settembre, sarà necessario raccogliere energia e fantasia per rasserenare una comunità scolastica che ha conosciuto l’uragano e non disperderle in conflitti devastanti.

Quali voti?

Anche qui, si devono aspettare le ordinanze ma non ci sarà la sufficienza assicurata, le valutazioni raccolte dai docenti in mille modi (compiti affidati, restituiti e corretti con tempo e impegno, o interrogazioni a video, o esposizioni di argomenti, o tesine inviate) verranno valorizzate e quindi i voti corrisponderanno per quanto possibile al lavoro dei ragazzi nella didattica a distanza. Le insufficienze La valutazione è cosa ben diversa dal voto, tiene conto delle condizioni di partenza, delle condizioni in cui si studia, della realtà socio economica, del progresso, della capacità di affrontare compiti di realtà. È soprattutto un messaggio allo studente, è propositiva, sempre formativa.

In questi mesi le scuole si sono date dei criteri di valutazione per l’insegnamento a distanza. Tutto questo va valorizzato. Si può obiettare che non saranno finiti i programmi, che le discipline laboratoriali non si può valutarle e così via. In realtà si è allargata, nel senso che esisteva già ma forse in modo meno diffuso, una didattica che sta utilizzando risorse nuove o in modo nuovo le risorse. Su youtube si trovano esperimenti di laboratorio di ogni tipo, la didattica digitale offre piattaforme di condivisione, di lezione in presenza. C’è un tutto che si sta imparando ed è giusto che quanto si riesce a fare venga valorizzato nella valutazione di giugno. Valutazione imperfetta? Lo è sempre. I docenti hanno l’opportunità di lavorare sul senso di responsabilità dei ragazzi, che vivono come noi l’eccezionalità del presente. Assurdo sarebbe valutare come sempre in un momento così eccezionale.

L’esame di stato

Due scenari possibili. Se si torna a scuola entro il 18 maggio, l’esame di primo ciclo sarà rimodulato anche eliminando qualche prova mentre quello del secondo ciclo sarà come lo conosciamo ma con la commissione tutta interna ad eccezione del presidente e la seconda prova non sarà a carattere nazionale ma sarà preparata dalla commissione. Nel caso invece in cui non si rientri, cambia davvero molto. Per l’esame di terza media si prevede di valutare un elaborato presentato dal candidato, come lo dirà l’ordinanza. Per la maturità invece, solo un colloquio a distanza. Anche qui, si risponde all’eccezionalità della situazione. Forse, se le condizioni sanitarie lo permettessero, con tutte le opportune prudenze, si potrebbe davvero lavorare su un esame solo orale sì, ma in presenza. Un candidato alla volta, le distanze giuste, un momento di recuperato rapporto in persona. Senza fanatismi ma un fine percorso che apre a un nuovo inizio di recuperata normalità.

Alternanza scuola lavoro e bisogni educativi speciali

Le esperienze dei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (si chiamava Alternanza suola lavoro) rientrano nel colloqui, in tutte e due le ipotesi, ma non sono richieste le ore minime di legge. È chiaro che saranno da pensare invece le modalità attraverso cui strutturare l’esame per i ragazzi con bisogni educativi speciali. Probabilmente l’ordinanza attribuirà ai consigli di classe la definizione degli interventi opportuni.

È un lavorare in condizione di incertezza, ma proprio in questo momento serve quella che potremmo chiamare, invece di didattica a distanza, scuola di prossimità che con grandissima tenuta emotiva continui con determinazione a pensare al futuro insieme agli studenti e alle famiglie.


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