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Contrordine, no alla competizione il Giappone riscopre il prof a casa

In piena crisi demografica ed economica, torna il modello del precettore che può assecondare le attitudini dei ragazzi

14/08/2014
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la Repubblica

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GIAMPAOLO VISETTI
PECHINO
DOPO
decenni di competizione esasperata, in piena crisi demografica ed economica, il Giappone scopre che uno degli anelli deboli del proprio modello è la scuola. Il sistema pensato per gli adulti, votati a produttività e carriera, è stato clonato per i giovani. Risultato: scuolefabbrica simili a caserme, obbligo di eccellere e concorrenza spietata tra compagni. Chi non primeggia viene emarginato, dai docenti e dagli altri studenti,
finendo spesso oggetto di bullismo. Non che la scuola sia la causa di tutti i mali giapponesi, ma le statistiche ufficiali assegnano alla nazione il primato dei suicidi tra adolescenti, seguiti dai sudcoreani, che adottano lo stesso sistema scolastico fondato su punti, test e atenei a numero chiuso. Per sottrarre i ragazzi alla condanna delle maxi-classi, in cui già dalle elementari si seguono lezioni come all’università, esplode la moda del vecchio tutore personale, esatto opposto del modello statale. Istruttori selezionati da istituti privati vengono assunti da piccoli gruppi di famiglie, che organizzano miniscuole a domicilio. Il tutore, in genere tre volte alla settimana, tiene le lezioni di 90 minuti nella casa di uno degli allievi, secondo orari flessibili, decisi di volta in volta. Nessuno resta indietro, l’insegnante rispiega fino a quando tutti hanno capito, si usano tablet e testi elettronici, non vengono assegnati voti. La competizione è abolita e gli allievi sono uniti dalla loro amicizia
al di fuori dalle lezioni. Il tempo libero è maggiore, in modo che ogni ragazzo possa fare sport e dedicarsi alle proprie passioni, considerate alla pari con l’istruzione classica. Il tutore ha la responsabilità, oltre che delle lezioni, di correggere gli esercizi, sempre nello spirito non di punire gli errori, ma di individuare i punti deboli per aiutare lo studente a “rafforzare le proprie sicurezze”.
Ribattezzata dai giapponesi «scuola dolce», la moda del tutore riscopre l’antica usanza nipponica del «maestro universale » e sta riscuotendo un clamoroso successo. Il giro d’affari, secondo il “Yano Research Institute” di Tokyo supera i 12 miliardi di dollari all’anno e decine di società offrono fino a 1500 istruttori e oltre 2 mila luoghi in cui seguire le lezioni per l’ammissione a superiori e atenei. La richiesta è tale che gli istituti maggiori sono costretti a rifiutare un quinto delle richieste e stanno aprendo sedi anche nel resto dall’Asia, da Taiwan alla Corea del Sud. «Il punto essenziale della “scuola dolce” — dice Tomonori Kishikawa,
direttore di una delle maggiori società giapponesi di tutori privati — è che imparare è appassionante. Insegnare in casa, evitare agli allievi lunghi spostamenti, adeguare gli orari delle lezioni alle esigenze di chiunque, abolire la competizione e l’aggressività, fa sì che gli allievi esaltino in modo naturale il proprio
talento». I risultati, per ora, sembrano confortanti. Nei test di ammissione all’università, il 94% degli studenti formati dai tutori risulta ammesso, contro il 72% dei ragazzi che hanno frequentato l’istruzione di Stato. Non mancano le critiche: molti giapponesi sostengono che la «scuola dolce» solleva dalle responsabilità, e contribuisce ad accrescere il senso di onnipotenza di una viziata generazione di figli unici. C’è poi il problema del
prezzo: un tutore privato costa in media 600 euro al mese e solo le famiglie più ricche possono permetterselo, creando miniclan di rampolli dell’alta società. Diverse inchieste hanno cercato di provare anche casi di corruzione, con le società degli insegnanti privati che pagherebbero tangenti a scuole e università per acquistare l’ammissione dei propri allievi-clienti.
Finora nessuno scandalo ha però scosso il sistema. Influenti sociologi, in un dibattito tivù, hanno spiegato che ”la scuola deve prendere atto della nuova civiltà hi-tech”. Funzionari del municipio di Tokyo prevedono che l’istruzione tradizionale nelle scuole abbia gli anni contati, superata dalle “occasioni personalizzate di apprendimento, gestite dal web”. Per andare a scuola basterà accendere il tablet o lo smart-phone. Un solo problema, ha osservato il rettore dell’università di Kyoto: «Prima o poi anche la libera compagnia della “scuola dolce” sarà costretta a fare il suo ingresso nella vita reale ».


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