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Consorsone, i troppi bocciati sono una sconfitta per tutti

Lettera di Fabio Bocci, docente di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Roma Tre e coordinatore dei corsi di formazione e specializzazione per l’abilitazione all’insegnamento (TFA e PAS).

04/08/2016
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Corriere della sera

Carlotta Di Leo

Pubblichiamo la lettera aperta alla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini sugli esiti del concorso a cattedra e l’elevata percentuale di “bocciati”. L’ha scritta Fabio Bocci, docente di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Roma Tre e coordinatore dei corsi di formazione e specializzazione per l’abilitazione all’insegnamento (TFA e PAS). «Dai dati che ho a disposizione,  nella classe di concorso A18 in Calabria si arriva al 100% dei bocciati, in Liguria al 96%, nel Lazio al 92%. Se così  fosse, come sembra essere, ci troveremmo dinanzi a una débâcle di proporzioni gigantesche (C. De L.)

*****

Cara Ministra Stefania Giannini
Insegno fin dall’inizio della mia carriera al CdL in Scienze della Formazione Primaria e in questi anni, inoltre, ho coordinato la Classe di Concorso A036, sia per i TFA sia per i PAS (avendo anche l’insegnamento e la responsabilità dei CFU di area pedagogica e didattica), nonché insegnato al Corso di Specializzazione per il Sostegno (anche per i docenti esuberati) e ai diversi Master realizzati in accordo con il MIUR (DSA, Autismo).Ho dedicato alla formazione degli insegnanti molto tempo e molte risorse, “sottraendolo/e”  ad aspetti oggi ritenuti molto più “appetibili” sul piano della carriera accademica.

L’ho fatto e continuerò a farlo convinto che occorra sempre mettere in primo piano il bene e l’interesse comunitario rispetto al proprio e, di conseguenza, in qualità di docente universitario (in modo particolare di pedagogia) ho sempre ritenuto e ritengo ineludibile dedicare energie non solo alla didattica ma alla formazione degli insegnanti.

Le lascio quindi immaginare il mio stato d’animo nell’apprendere – sia da fonti dirette, ossia ex studenti e corsisti sia dai media e dai social – l’esito nefasto che si sta delineando nell’attuale concorso a cattedra. Il numero di “bocciati”, ovvero non ammessi alla prova orale, oscilla tra il 70 e il 90% (cifre che, ripeto, sono approssimative perché attendiamo dati ufficiali come richiesto da diversi colleghi al MIUR).

Da alcuni dati che ho a disposizione so – ad esempio – che nella classe di concorso A18 in Calabria si arriva al 100% dei bocciati, in Liguria al 96%, nel Lazio al 92%. Se così  fosse, come sembra essere, ci troveremmo dinanzi a una débâcle di proporzioni gigantesche.

Ora, prendo atto del fatto che nel nostro Paese è prassi, per dimostrare che si è efficienti, di ricorrere a misure drastiche, che si configurano spesso in “ecatombi” di candidati in occasione di concorsi di varia natura che nella scuola e nell’università, chissà perché, assumono sempre le sembianze di episodi biblici (veda alla voce concorsone). È accaduto, ad esempio, nella Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) per i docenti Universitari, con episodi di bocciature senza senso e, addirittura, di esclusioni all’idoneità a dir poco scandalose (con tanto di ricorsi ecc…).Ma non è di questo che voglio parlare e neppure desidero aprire un fronte (ma che andrebbe aperto, soprattutto da parte del ministero) sulla questione commissari (chi sono, cosa li qualifica a essere tali, ecc…) e su quella dei criteri di valutazione (chi li ha stabiliti, come, quando? … e così via).

Mi interrogo invece, ad alta voce e coinvolgendola, cara ministra Giannini, su quelle che potrebbero essere le cause di tante bocciature.

  1.  I candidati bocciati erano impreparati e immeritevoli.

È plausibile. E tuttavia mi chiedo e le chiedo: questi candidati sono stati selezionati sulla base di una selezione pubblica di accesso con tre step, il primo dei quali – nel caso dei TFA – con “test preselettivo” redatto (con tanto di situazioni a dir poco imbarazzanti per gli errori commessi) dallo stesso ministero. Questi candidati che abbiamo così attentamente selezionato (voi ministero e noi università) per farli accedere al TFA sono stati selezionati male? Se così non fosse qualcosa non torna. Perché o erano “brocchi” (come sembra emergere dalle bocciature al concorso) e quindi abbiamo sbagliato (prima voi e poi noi) ad ammetterli oppure, se non erano brocchi (perché voi e noi abbiamo fatto le cose per bene), lo sono per forza di cose diventati durante, nel mentre, ossia a causa della formazione ricevuta.

  1.  La causa è stata la formazione svolta dalle università.

Plausibile. Però, mi chiedo e le chiedo: il format e la struttura dei corsi (dal CdL in SFP ai TFA, dai PAS al Corso del Sostegno) è strutturato dal ministero, ossia dal Legislatore (vedi L. 249/2010 a seguire fino alla 107/2015 con la delega al Governo e i tavoli per il riordino).
Se presupponiamo (e perché non dovremmo farlo) l’adeguatezza dei format ministeriali e la validità dei test e delle prove selettive di ammissione (perché anche per il CdL in SFP e per il Sostegno si accede a numero chiuso) e stante ciò le prove del concorso hanno sancito questa valanga di bocciati, dobbiamo supporre che i contenuti erogati durante il TFA ecc… e la preparazione dei docenti universitari preposti e degli esperti non è stata all’altezza del compito richiesto.  Non sto qui a difendere categorie o quant’altro. Per esperienza diretta, però, posso dirle che sono state messe in campo le migliori risorse dell’accademia, professori titolati e anche motivati a insegnare in questi corsi e che chi si è investito nella formazione degli insegnanti lo ha fatto con dedizione e cura (talvolta ritenuta anche eccessiva, per troppa serietà).  Detto ciò (l’esperienza personale diretta o indiretta che sia è, come ben sappiamo, fenomenologicamente limitata a ciò che si dà, nel momento in cui si dà, nei limiti in cui si dà… ) tutto può essere, figuriamoci. Però, anche qui c’è un però. Affermare che le università non sono in grado di preparare i futuri docenti è dare adito a un discredito del nostro sistema accademico che incute un certo sgomento.
Oppure, rigirando la cosiddetta frittata, dovremmo presupporre che i format in sé erano errati (o non adeguati allo scopo). Ma allo stesso modo ho difficoltà a screditare con supponenza il lavoro del legislatore e di chi predispone i curricoli di questi corsi.
E comunque sia, così facendo si cadrebbe in quella tipica cultura delle colpe che tanto piace a chi alimenta polemiche da rotocalco ma che poco aiutano nelle analisi accurate.
Forse, mi permetta Ministra Giannini, si è verificato un (purtroppo) consueto corto circuito nell’iter.
Per cui una cosa immaginata per uno scopo (il format) ha poi cambiato rotta in itinere (ossia nell’applicazione, dovuta anche al non verificarsi di certe condizioni… ad esempio i TFA come fase transitoria in vista di Lauree magistrali abilitanti mai realizzate?) e chi ha poi dato atto alla valutazione conclusiva (chi ha pensato le prove e i contenuti del concorso e gli stessi commissari del concorso) si è trovato completamente scollegato dallo/con lo scopo iniziale.
Il tutto accompagnato dal fatto che scuola e università (e, dunque, formazione degli insegnanti) vivono da diversi anni stagioni di cambiamenti radicali (annunciati, varati, ritirati, mezzo realizzati, ecc…) legati alle alterne vicende della politica e dei governi sempre volitivi nel riformare ciò che era stato appena riformato.
Non so cosa ne pensi Lei di questa possibilità.

3. Suggestioni

Sorvolo, perché lo ritengo poco plausibile, il sospetto (che registro come nota che circola) che ci sia addirittura – proprio in ragione della sindrome da riformismo di cui appena detto − un preciso disegno dietro le innumerevoli bocciature: dimostrare l’inefficacia della attuale formazione degli insegnanti (esito di una riforma voluta da un certo Governo) per accreditare ciò che si sta proponendo come innovativo (dall’attuale Governo).

Concludo dicendo che sono impressionato da tutto quello che sta avvenendo e non posso non chiedermi quali responsabilità abbiamo noi tutti e se ci sono possibilità di porre rimedio a quella che vedo delinearsi e palesarsi come una grande, cocente sconfitta del sistema formativo italiano, ossia del nostro Paese.

Una sconfitta che mi addolora ma che, soprattutto, stanno pagando sulla loro pelle persone che hanno dedicato anni e anni a formarsi, con investimenti di risorse ingenti (a proposito quanto ci sta costando tutto questo sciupio?), seguendo le indicazioni che noi (voi e noi) gli abbiamo dato. Persone, rappresentanti la nostra cosiddetta meglio gioventù (perché, mi consenta, chi studia e si forma altrimenti cosa rappresenta?) che andrebbero premiate e che invece si ritrovano alla fine della fiera (moltissimi di loro dopo anni e anni di “precariato”) con un pugno di mosche (e forse neppure quelle) in mano. Faccio mia – e non posso fare altrimenti − la loro amarezza e anche, per l’ennesima volta, quel senso di disorientamento verso le istituzioni che stanno provando.
Una cosa che mi addolora profondamente e credo e immagino addolori moltissimo anche lei ministra Giannini.

Fabio Bocci
Professore associato di Didattica e Pedagogia Speciale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Università Roma Tre


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