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Compiti facili in matematica? Non aiutano gli studenti

Report dell'ocse: più i ragazzi sono stimolati su concetti compelssi, meglio vanno ai test pisa

04/10/2016
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ItaliaOggi

Giovanni Scancarello

L'accesso ai livelli più alti di competenza matematica è un diritto universale, ma per realizzarlo bisogna cambiare strategia. Adattare il compito alle capacità degli allievi in situazione di svantaggio, quelli considerati nel linguaggio comune “meno portati”, non li porta ad avere confidenza con una disciplina che ha bisogno di sfide per funzionare da ambiente di coltivazione delle competenze. Nel suo ultimo focus sull'apprendimento della matematica, dal titolo “Equations and Inequalities: Making Mathematics Accessible to All”, l'Ocse afferma che più gli studenti risultano esposti a concetti e a compiti matematici complessi, meglio vanno ai test Ocse Pisa. Questo però, nel concreto, accade con gli studenti più avvantaggiati, quelli considerati “più portati” per la matematica.

Ma se non si vuole lasciare gli altri alla deriva, nel mare delle competenze, non basta più facilitargli il compito, anzi questo li danneggerebbe. Cambiare dunque visione sul curricolo e sul modo di insegnare la matematica in modo da renderla ambiente di apprendimento più sfidante, serve innanzitutto a recuperare loro, gli studenti rimasti più indietro.

L'ansia da prestazione, dice l'Ocse, ce l'hanno soprattutto gli alunni più svantaggiati quando sono alle prese con compiti matematici complessi. Esiste una correlazione significativa fra ansia e complessità concettuale, tanto che, mentre gli studenti che fanno segnare i punteggi più bassi nei test Ocse Pisa 2012 di matematica, sono pure quelli associati ai livelli di ansia più alti, accade l'esatto contrario per gli studenti più avvantaggiati. A corollario va quindi detto che insegnare argomenti matematici più complessi tende a rinforzare il senso di autoefficacia dei più abili, che migliorano anche il livello di confidenza nell'affrontare compiti sempre più complessi, ma può minare il senso di autoefficacia degli studenti più in difficoltà. Ma questo accade se si alza il tiro solo sulla richiesta di apprendimento e non si fa altrettanto su quella di insegnamento. E' questo, oggi, il nuovo piano della sfida per l'equità educativa.

Significativo, infatti, che tali correlazioni risultino confermate nella loro linearità dai Paesi Ocse storicamente caratterizzati da sistemi educativi più direttivi, per cui, ad esempio, la correlazione tra l'esposizione a matematiche complesse e l'ansia per la matematica è particolarmente evidente tra gli studenti più in difficoltà di Austria e Repubblica Ceca. Ancora più strano però che l'Italia, in tutto questo, continui a rappresentare un caso paradossale: abbiamo infatti un sistema educativo fra i più democratici in nuce, che alla fine però si rivela tra i più ansiogeni in matematica e a macchia di leopardo in fatto di risultati di apprendimento.

Intervenire, come accade nella maggior parte dei Paesi Ocse, adeguando gli obiettivi alle capacità degli alunni può rivelarsi insufficiente. Ciò accade più frequentemente nelle scuole svantaggiate rispetto a quelle avvantaggiate di Austria, Bulgaria, Germania, Olanda, Portogallo, Romania, Serbia, Repubblica Slovacca, Slovenia e negli Emirati Arabi. L'Ocse rileva che così si finisce per confermare quella che chiama segregazione cognitiva degli studenti svantaggiati in matematica, rispetto a quelli avvantaggiati. Si può sfuggire all'effetto segregante del livellamento didattico ricorrendo a metodi flessibili di differenziazione, riconfigurando di continuo i gruppi di livello in base ad una valutazione e osservazione formativa altrettanto continua, adottando un approccio pedagogico di tipo tutoriale, insieme a modelli metodologico-didattici innovativi, come il compito di realtà e il compito autentico.

In quei Paesi in cui tutto ciò accade, gli studenti più deboli sono associati a livelli di autoefficacia in matematica più alti. L'Italia, va detto, non è tra questi. Le criticità sono in gran parte causate dal mancato consolidamento delle abilità spaziali e temporali negli stadi evolutivi precedenti all'adolescenza e nel corso del curriculum verticale, che di fatto esiste solo sulla carta. In questo senso, ricorrendo, ad esempio, al problem solving, si favorisce proprio il ripristino del collegamento tra piano astratto dei concetti e realtà che lo sviluppo precedente non ha promosso. Le scuole, dunque, non hanno più alibi: la matematica è un diritto, a quanto pare, non più è soltanto uno slogan.


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