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COMMISSIONE VII -23ottobre-audizione del ministro

BOZZA NON CORRETTA COMMISSIONE VII CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE Resoconto stenografico AUDIZIONE Seduta di mercoledì 23 ottobre 2002 Pag. 2 La seduta comincia alle 14,20. Sulla...

27/10/2002
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BOZZA NON CORRETTA
COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
Seduta di mercoledì 23 ottobre 2002
Pag. 2
La seduta comincia alle 14,20.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Seguito dell'audizione del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Letizia Moratti, sugli orientamenti del Governo in materia di istruzione, università e ricerca.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del ministro dell'istruzione e della ricerca, Letizia Moratti, sugli orientamenti del Governo in materia di istruzione, università e ricerca.
Ricordo che durante la scorsa seduta si è concluso il dibattito sulla relazione che il ministro Moratti aveva esposto il 1o ottobre 2002. Vorrei ringraziare il ministro per l'ampia documentazione. Le do immediatamente la parola affinché alle domande e alle osservazioni poste dai deputati intervenuti.
LETIZIA MORATTI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie, presidente. Cercherò di rispondere alla maggior parte delle osservazioni e richieste di chiarimento, ma vorrei cogliere l'occasione odierna per ringraziare tutti i componenti della Commissione per lo spirito costruttivo, per la concretezza e la profondità del dibattito e delle osservazioni che sono state proposte.
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Vorrei partire dalla riaffermazione delle principali linee guida della nostra azione di Governo, poiché l'onorevole Gambale ha lamentato la modestia delle iniziative del Governo in merito alla scuola. La nostra azione si è sviluppata su due direttrici precise: la prima ha riguardato la certezza delle scelte strategiche di lungo periodo nei confronti della scuola. Sottolineo che siamo in presenza di una legislazione frammentaria, confusa, a volte contraddittoria, e a volte, inapplicabile. Tale legislazione frammentaria ci ha consigliato di rimettere ordine in tale contesto; e con questo spirito e con questa modalità abbiamo delineato un percorso sfociato nel disegno di legge delega. Vorrei ricordare che abbiamo utilizzato lo strumento della delega, ma la puntualità delle norme che sono contenute nel disegno di legge delega fanno comprendere che abbiamo avuto ed abbiamo l'intenzione di tenere un dibattito molto approfondito.
Abbiamo voluto delineare un quadro che riteniamo organico e che fornisce una linea precisa di architettura di sistema; esso può essere discutibile e, sicuramente, emendabile però crediamo che sia chiaro e trasparente sia nelle finalità sia nelle linee di impostazione generale.
Vorrei ricordare che abbiamo agito in un contesto istituzionale innovativo, nato in seguito all'entrata in vigore del titolo V della Costituzione; esso ci ha guidato nell'elaborazione del disegno di legge, rivedendo il ruolo dello Stato. Non a caso, parliamo di norme generali e di principi essenziali per le prestazioni nell'ambito del settore professionale, ispirandoci al nuovo assetto costituzionale.
Riteniamo di aver tenuto un dibattito ampio ed approfondito con tutte le componenti del settore scolastico e riaffermiamo la volontà di sviluppare un dibattito ampio ed
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approfondito con il Parlamento, che è il punto centrale di rappresentanza dell'intero paese. Questa è stata la prima direttrice sulla quale ci siamo mossi.
La seconda riguarda l'amministrazione della scuola nel suo insieme, come sistema e macchina organizzativa. La messa a punto di tale macchina organizzativa è stata ed è tuttora - poiché costituisce un problema non risolto - una operazione molto complessa per le dimensioni ed il numero di risorse umane che vi sono impiegate: essa coinvolge un milione di dipendenti che forniscono un servizio pubblico di estrema importanza ad otto milioni circa di studenti e a circa 16 milioni di famiglie. Veniamo da una stagione nella quale le regole, i criteri ed i vincoli di una buona amministrazione e non sono sempre stati tenuti nella dovuta considerazione; molto spesso sono stati vanificati gli obiettivi principali, quelli di rendere un buon servizio e agli studenti e alle famiglie.
Abbiamo innanzitutto cercato di mettere sotto controllo le principali variabili di questo sistema, in modo da rispondere davanti al Parlamento ed al paese dell'uso delle risorse. Entrambe le direzioni che ho descritto hanno un unico centro ispiratore, costituito dall'interesse primario dell'educazione e della formazione delle giovani generazioni. Siamo confortati dal parere ad esempio dell'onorevole Garagnani e dell'onorevole Palmieri, che ci hanno invitato a proseguire sulla strada di fornire risposte concrete e positive agli studenti ed alle famiglie.
Nella consapevolezza di dover percorrere una lunga strada, vorrei ricordare alcuni risultati che abbiamo raggiunto, il primo dei quali è l'inizio regolare dell'anno scolastico. Dopo circa cinquant'anni in cui non si riusciva a dare inizio all'anno scolastico in modo regolare, finalmente in tutte le scuole italiane l'inizio delle lezioni, sia lo scorso anno sia quest'anno,
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è partito regolarmente ed ha assunto il significato che deve avere: un atto dovuto dell'amministrazione nei confronti degli studenti e delle famiglie. In tutte le classi i docenti sono al lavoro dal primo giorno, evitando "caroselli" di supplenti che negli anni scorsi duravano fino al mese di gennaio o febbraio e producendo un effetto positivo sugli studenti, sulle famiglie, ma anche sui docenti stessi, che vengono pagati dal primo giorno di scuola.
Il secondo punto che vorrei sottolineare è l'assunzione degli aventi diritto: dopo, credo, dieci anni di rinvii e di attese lo scorso anno, tra luglio ed agosto, abbiamo assunto in ruolo in un mese più di 60 mila insegnanti. Devo ricordare, per la precisione, che 30 mila sono stati immessi in ruolo per scelta di questo Governo; abbiamo sanato una posizione che riguardava la prima tranche di 100 mila che costituiva un'eredità del Governo precedente, ma 30 mila sono stati assunti in ruolo per scelta di questo Governo. Senza l'approvazione della legge n. 333 del 2001 le operazioni di assunzione sarebbero ancora in corso e, probabilmente, non si sarebbero concluse prima del novembre 2004.
Il terzo risultato è rappresentato dalla formazione degli insegnanti: credo che in questo ambito sia stato raggiunto un esito estremamente positivo. Invece di organizzare dei corsi, come avveniva precedentemente, scarsamente approfonditi, in questo caso, attraverso l'utilizzazione di nuove tecnologie, incluse quindi quelle di e - learning, e con il coinvolgimento nell'INDIRE, l'anno scorso abbiamo provveduto alla formazione iniziale di oltre sessantamila insegnanti, con risultati giudicati dai docenti medesimi molto soddisfacenti.
Tra la documentazione consegnata alla Commissione oggi, è stata inserita anche la valutazione che gli insegnanti hanno espresso rispetto ai corsi formativi tenuti l'anno passato.
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Altro dato rassicurante credo che potrà individuare nella valutazione dei risultati degli apprendimenti. È stato avviato, questo anno, un progetto pilota di esperienza volontaria, che ha coinvolto ben 2.800 istituzioni scolastiche, valutato anch'esso in modo estremamente positivo da scuole, docenti e studenti: si tratta di un'iniziativa che incomincia, pur non avendo valore statistico (in quanto progetto pilota, e fondato sul criterio dell'auto osservazione), ne ha sicuramente però uno simbolico molto rilevante. Tale progetto, in ragione degli esiti conseguiti, è in grado di fornirci preziose indicazioni. Sicuramente esso contribuisce a far crescere la cultura della valutazione, importante per accompagnare il processo di modernizzazione della scuola in senso qualitativo.
Stiamo attualmente procedendo con un secondo progetto di valutazione per il 2003, sempre in forma volontaria, più esteso del precedente sia in termini di discipline (oltre all'italiano e alla matematica sono incluse le scienze) sia in termini di gradi scolastici. È dunque un progetto più ampio di quello dell'anno passato, che avrà valore statistico e sicuramente metterà a fuoco le criticità del sistema fornendo suggerimenti su come migliorarlo.
Dal progetto di quest'anno, ad esempio, si può verificare che una delle criticità è quella della non sufficiente realizzazione dei corsi di recupero. Siamo certi che anche l'anno prossimo le indicazioni che riceveremo da questo secondo progetto saranno estremamente utili.
Da ultimo, per quanto riguarda la parte in commento, si è previsto l'intervento di una commissione di studio - attualmente in fase di costituzione -, per l'elaborazione di nuovi piani di studio per i licei. La sua composizione sarà molto
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ampia e terrà conto di tutte le componenti culturali e scientifiche del paese, esaminando i profili che abbiamo iniziato ad identificare.
Colgo l'occasione per dire che, oltre al primo documento di cui ho parlato, è stato consegnato alla Commissione anche una documentazione relativa al risultato della valutazione del primo progetto pilota richiamato, nonché al profilo delle indicazioni nazionali della scuola dell'infanzia, di quelle primaria e secondaria di primo grado.
Per quanto riguarda i licei, non siamo ancora in quella fase, stiamo elaborando il profilo e lo sottoporremo ad un parere molto ampio del mondo scientifico e culturale del paese, in modo tale da poter fornire - al momento in cui lo trasmetteremo in forma ufficiale al Parlamento - un documento alle cui spalle vi sia stato un ampio dibattito culturale.
Rispetto a qualche osservazione fatta sul principio dell'autonomia delle scuole, vorrei precisare che la riteniamo il risultato e non il presupposto del funzionamento di molti elementi che contribuiscono a comporre l'autonomia medesima. Da un lato, un fattore essenziale è rappresentato dalla flessibilità organizzativa anche in riferimento alla rigidità e alla eccessiva estensione dell'orario di lezione (osservazione, questa, fatta dall'onorevole Capitelli): voglio soltanto ricordare che ciò è stato segnalato già nella precedente legislatura dal Governo (faccio riferimento alla sperimentazione della legge n. 30 del 2000) e anche da questa Commissione, in occasione, credo, di un'indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica. Ci stiamo dunque attenendo a delle indicazioni già emerse nel corso della precedente legislatura.
Il secondo fattore cui far riferimento è rappresentato dal sistema di valutazione e informazione alle scuole, elemento anche questo concorrente a dare corpo al sistema dell'autonomia.
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Struttura e qualità dei controlli sono fondamentali. Più autonomia viene concessa e maggiore, puntuale e rigoroso dovrà essere il controllo. Occorrerà pertanto una differenziazione dei compiti attribuiti, che saranno di indirizzo ma anche, appunto, di controllo.
Inoltre non potremo non tener conto della formazione continuata degli insegnanti e della loro professionalizzazione. Ovviamente, il decentramento dell'amministrazione è appena agli inizi.
Sono essenziali una chiara ripartizione delle competenze tra lo Stato e gli enti locali e la necessaria integrazione delle stesse, così come previsto dal decreto legislativo n.112 del 1998. Vorrei ricordare in proposito all'onorevole Gambale che non abbiamo disatteso la ripartizione, ma che l'abbiamo rinviata all'anno prossimo perché non sono ancora maturate le condizioni previste dalla legge, la quale rimanda al completamento definitivo del quadro istituzionale dell'amministrazione per il passaggio delle risorse.
Infine, anche la promozione della ricerca è un elemento importante dell'autonomia: a questo fine vorrei ricordare che stiamo rilanciando il ruolo degli IRRE come promotori di ricerca nella scuola e per la scuola.
Un'altra osservazione era stata fatta sempre dall'onorevole Capitelli sul disagio degli insegnanti. Su questo tema vorrei soffermarmi brevemente per dire che probabilmente un disagio è dato da un eccesso di normativa sia a livello centrale che locale, il quale si è sovrapposto al primo.
Stiamo lavorando per una semplificazione della disciplina esistente, al fine di rendere meno oneroso il carico burocratico degli insegnanti: il carico di lavoro improprio potrebbe essere alleggerito facendo sì che i docenti si possano dedicare in maniera più significativa alla loro funzione primaria.
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Vorrei anche ricordare che gli insegnanti esercitano certamente un ruolo in questo momento ancora più delicato rispetto a quello svolto nel passato: questa difficoltà, a nostro avviso, è data anche da un indebolimento della "agenzia primaria educativa", cioè la famiglia, ovvero dalla necessità da parte degli insegnanti di essere ancora più a sostegno dei genitori nell'educazione dei figli. Vi è anche un disagio a volte latente del mondo giovanile, e che purtroppo talvolta sfocia in atti di violenza nei confronti dei ragazzi stessi e degli altri.
Siamo perfettamente consci del grande carico che gli insegnanti sopportano e ci attiveremo per far sì che costoro possano anche acquisire competenze ulteriori per far fronte ad un nuovo compito, probabilmente più gravoso rispetto a quello avuto negli anni precedenti.
Quanto alla sperimentazione, mi permetto di dire, rispetto alle critiche emerse in materia, che la nostra attività è stata svolta con criteri di rigore e gradualità e con una condivisione ampia. Nel processo di sperimentazione abbiamo ascoltato formalmente e informalmente tutte le componenti del mondo scolastico, recependo i suggerimenti in materia, particolarmente quelli del Comitato nazionale della pubblica istruzione e dell'ANCI, che svolge un ruolo fondamentale soprattutto nella scuola dell'infanzia. Si è garantita una concertazione ampia, recependo, peraltro, tutte le proposte finalizzate al superamento di alcune criticità fondamentali.
Ricordo che il ruolo della sperimentazione è essenziale per poter accompagnare il processo di riforma, come peraltro la storia della scuola ci insegna, con iniziative volte a mettere a fuoco le criticità e le modalità con le quali superarle.
Vengo ora al disegno di legge finanziaria e ai nodi che sono stati evidenziati. Le misure previste dal disegno di legge finanziaria rappresentano una ottimizzazione dei provvedimenti
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già adottati lo scorso anno e nell'anno corrente, che tendono a qualificare la composizione della spesa e a valorizzare le capacità professionali del personale.
Per quanto riguarda l'orario di insegnamento dei docenti, si ribadisce la necessità del completamento del numero di ore contrattuali, vale a dire delle 18 ore settimanali. L'obiettivo è quello di definire l'organico di istituto mediante un graduale assorbimento dei posti di insegnamento in più scuole, i quali creano disagio sia agli insegnanti sia alla organizzazione didattica nei singoli istituti scolastici. Vi fornisco soltanto un dato, che ritengo sia importante: nell'anno scolastico 2001-2002 le cattedre con orario inferiore alle 18 ore settimanali erano circa il 58 per cento del totale. Le ore mancanti al completamento di tale orario corrispondono all'equivalente di 27 mila posti di insegnamento. Perciò, un graduale (lo ribadisco, graduale) assorbimento di queste ore consentirà, in primo luogo, di rispondere ad una esigenza di equità, vale a dire quella di permettere a tutti i docenti di svolgere la loro attività per 18 ore; in secondo luogo, di ridurre i posti di insegnamento dispersi su più scuole. Questo è l'obiettivo prefissato. Credo, con questo, di aver risposto anche alle critiche avanzate dall'onorevole Rusconi.
Per quanto attiene al personale ATA, ritengo necessario ricordare che, purtroppo, vi è stato un momento di discontinuità, in negativo, nella sua gestione, quando è passato dagli enti locali allo Stato, nel 1999. Ciò ha determinato alcune incongruenze molto vistose rispetto alle previsioni di spesa contenute nella legge relativa, perché i provvedimenti attuativi non prevedevano una copertura finanziaria. In altre parole, la legge era priva di copertura. Questa operazione, perciò, avrebbe dovuto essere effettuata a costo zero. Era ovvio che così non potesse essere, anche perché, statalizzando il personale
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ATA, si è tenuto conto dei parametri applicati non dagli enti locali ma dallo Stato. Nel passaggio, il personale è raddoppiato perché i parametri statali erano doppi rispetto a quelli degli enti locali. Ciò ha comportato una lievitazione di 42 mila posti, oltre ai 72 mila prima esistenti, per ottenere lo stesso servizio, che non è migliorato: si è trattato semplicemente di una operazione che, a causa della modifica dei parametri verso l'alto, ha comportato un accrescimento sostanziale quanto immotivato. Per delineare una entità del fenomeno, nel complesso l'organico ATA è passato da 147 mila unità, prima della legge ricordata, a 262 mila, oltre ad un ulteriore aumento di 14 mila posti: in totale 280 mila unità. Il tutto, nel giro di pochissimi anni. Questo ci ha imposto una riflessione sulla composizione delle organici, tenendo conto anche della necessità di effettuare una riqualificazione, richiesta anche dallo stesso personale.
Per quanto riguarda il personale dichiarato inidoneo all'insegnamento per motivi di salute, vorrei ricordare soltanto i dati relativi a quanti siano stati dichiarati tali in via permanente, tralasciando gli altri, quelli inidonei soltanto per periodi determinati di tempo (mi riferisco alla legge n. 113): sono 3900, tra docenti e dirigenti. Proponiamo di trasferire questo personale presso le amministrazioni in cui già presta servizio: vogliamo avere una allocazione delle risorse corretta, cioè personale che, nella scuola, deve prestare servizio per la scuola. Questa revisione della allocazione delle risorse ci sembra coerente rispetto al servizio prestato.
A nostro avviso, tutte queste norme non dequalificano la scuola pubblica, che rimane al centro del nostro interesse. Il 94 per cento degli studenti frequenta la scuola pubblica; perciò, quest'ultima svolge un ruolo essenziale, di cui tenere conto quando pensiamo ad un rafforzamento dell'istituzione
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scolastica nel suo complesso. Non riteniamo che le misure adottate vadano nella direzione di una dequalificazione; al contrario, esse tendono a riqualificare e a dare maggiore coerenza, al fine di liberare risorse da investire ulteriormente nel servizio di istruzione.
Quanto alle necessità delle istruzione ai detenuti nel carcere di Poggioreale, richiamate dall'onorevole Gambale, posso rispondere che la questione è sistemata. Tuttavia, a nessun livello dell'amministrazione era giunta alcuna segnalazione di questo problema che, peraltro, è stato risolto.
Riguardo agli insegnanti di sostegno, non mi soffermo in maniera particolare sul tema, se non per affermare che non abbiamo variato il criterio esistente. Perciò, il rapporto di un docente di sostegno per 138 studenti è rimasto invariato. La norma introdotta nel disegno di legge finanziaria ha la finalità di prevedere le deroghe con una migliore e più equa ripartizione. Purtroppo, siamo in presenza di una diversificazione sia delle modalità con le quali la normativa sull'handicap viene interpretata sia, di conseguenza, delle modalità con cui le risorse sono assegnate. Limitatamente agli insegnanti in deroga rispetto ad un criterio rimasto invariato, vorremmo avere la possibilità di effettuare una ripartizione più equa rispetto alle vere esigenze dell'handicap. Non mi soffermo ulteriormente sulla questione poiché l'onorevole Aprea ha presentato, alla Commissione parlamentare per l'infanzia, un rapporto estremamente documentato, che è a vostra disposizione, rispetto all'attuale situazione dell'handicap, contenente anche alcune iniziative e proposte. Vi troverete una analisi molto precisa della situazione attuale - ripartita sia regione per regione sia in base ad altri criteri - delle principali criticità e anche delle proposte che riteniamo di sviluppare per andare incontro ad
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un problema serio che, tuttavia, deve essere ripensato, come è stato suggerito da più parti nel corso della discussione.
Ho consegnato a questa Commissione anche l'atto di indirizzo all'ARAN per il rinnovo del comparto scuola. I principi che ci hanno ispirato sono stati ampiamente condivisi da tutto il mondo sindacale. Questo atto di indirizzo è stato redatto a seguito di riunioni ampie ed approfondite. Mi limito a lasciare la documentazione relativa affinché possa essere da voi consultata.
Per quanto riguarda l'università, desidero rispondere, essenzialmente, all'onorevole Capitelli che vi aveva dedicato alcune riflessioni. Vorrei chiarire che il Governo ha analizzato le problematiche relative alla riforma non appena si è insediato. Tali problematiche hanno richiesto un forte sostegno da parte del Ministero, che non ha mancato di fornirlo.
Credo che siano note le difficoltà e le perplessità esistenti rispetto alla riforma. Nell'ambito nelle linee programmatiche che dettano la nostra azione di Governo, abbiamo ritenuto necessario sostenere la riforma, perché le università e gli studenti erano pronti. Tuttavia, pesano alcune criticità, la prima delle quali riguarda una non completa preparazione dell'università ad affrontare la riforma. L'Italia, si differenzia in ciò dagli altri paesi, rappresentando un'anomalia: la "dichiarazione di Bologna" ha previsto due cicli di insegnamento universitario nei 29 paesi firmatari, ma negli altri paesi le sperimentazioni non sono state omogenee in tutte le facoltà.
Abbiamo sostenuto la riforma, consentendo alle università che erano pronte di attivare i corsi: nel frattempo, abbiamo dato più tempo a quelle che mostravano dubbi, per verificare la praticabilità ed eventualmente apportare modifiche.
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Una seconda criticità risiedeva nella carenza di risorse, perché apparentemente la riforma avviata dal precedente Governo non prevedeva aumenti di spesa (era a carico dell'università) e non venivano previsti incrementi.
Un terzo elemento problematico è costituito dall'assenza di consultazioni vere e non formali: la legge prevedeva consultazioni con il mondo produttivo, che sono avvenute nella maggior parte dei casi in maniera formale e non sostanziale. Non sempre gli sbocchi professionali sono stati coerenti con il percorso di laurea. Nel primo semestre del 2001 erano già state presentate delle proposte: al momento del nostro insediamento al ministero le proposte di nuovi corsi di laurea erano circa 3000, di cui 850 completamente nuovi. Non ci può essere imputato nessun ritardo rispetto a ciò, perché abbiamo lavorato in maniera estremamente intensa - e abbiamo richiesto al CUN di fare altrettanto - per attivare i corsi di laurea in tempo, affinché gli studenti potessero iniziare quello stesso anno.
Il compito del CUN non è stato semplice, perché ha dovuto lavorare con dati su supporto cartaceo; quest'anno siamo riusciti ad informatizzare le procedure ed abbiamo reso più semplice, per quanto riguarda le lauree specialistiche, il suo incarico. L'approvazione è avvenuta in tempo utile per le iscrizioni e nessun ritardo, ripeto, può essere imputato al ministero.
È, invece, necessaria una riflessione sulla revisione della qualità dell'offerta formativa: non mi soffermo su quanto ho già detto, ma ricordo che abbiamo attivato una serie di azioni mirate a migliorare la qualità dell'offerta formativa. La prima è quella dei requisiti minimi, messi a punto insieme al comitato di valutazione, che consentono di giudicare le lauree deboli, che non presentano i criteri quantitativi necessari per
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poter dare servizi adeguati agli studenti. Stiamo studiando, con il comitato di valutazione universitaria, criteri qualitativi che sono certamente più difficili rispetto a quelli quantitativi (è più semplice valutare il numero di posti disponibili, delle aule, delle biblioteche, delle facilities rispetto alla qualità della didattica), ma riteniamo di doverci impegnare anche su questa strada. Stiamo collaborando molto bene con il mondo universitario, in maniera particolare con la CRUI (la conferenza dei rettori) che è molto sensibile al tema della valutazione.
Stiamo attivando due iniziative: la prima, riguarda la valutazione, da parte del CIVR, degli enti di ricerca. Consegnerò alla Commissione anche il primo rapporto che questo organismo ci ha fornito, che traccia elementi importanti al fine di minimizzare le criticità ed i punti deboli del sistema degli enti di ricerca. Estenderemo la valutazione anche alla ricerca universitaria e, per questo motivo, stiamo lavorando con il CIVR per l'individuazione di linee guida per la valutazione del sistema universitario. Devo dire che il mondo universitario è estremamente collaborativo, così come lo è stato sulla valutazione e sui criteri minimi, perché avverte l'esigenza di fornire alla società civile, al paese, agli studenti, alle famiglie, una chiara e trasparente considerazione dei risultati raggiunti. Stiamo collaborando con la CRUI sulle linee che saranno definite nei prossimi mesi - probabilmente entro la fine di novembre - per fornire al sistema universitario criteri ed indirizzi sulle modalità con le quali effettuare autovalutazione e quella dei valutatori esterni.
Vorrei, inoltre, ricordare la costituzione della banca dati dell'offerta formativa, che elenca tutti i corsi di studio attivati, gli sbocchi professionali, e le attività didattiche ed i servizi agli studenti, che fornisce un'informativa puntuale sulle diverse offerte degli atenei e l'anticipazione della definizione annuale
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dell'offerta formativa, in modo tale che gli studenti possano riceverla in tempo utile per le preiscrizioni; stiamo, inoltre, realizzando una guida universitaria che segua gli studenti dalla scuola all'università.
Per quanto riguarda i risultati raggiunti in questo primo anno, confermo che il nostro obiettivo è quello di accompagnare la riforma e non di fermarla, affinché possa essere più flessibile e personalizzata rispetto alle diverse esigenze del mondo accademico e degli studenti. Abbiamo cominciato a raggiungere risultati positivi rispetto ad una proliferazione di lauree che era decisamente eccessiva, anche perché molte volte si trattava di laurea "deboli", senza sbocchi professionali, prive di un numero adeguato di studenti e di professori; l'applicazione dei requisiti minimi ci ha portato a rivedere il numero delle lauree, compiendo un accorpamento e riducendo l'offerta delle lauree specialistiche. Rispetto ai circa 3000 corsi di laurea approvati, abbiamo 1600 corsi di laurea specialistica; si è prodotto, dunque, un aggiustamento da parte delle università rispetto ad un'offerta che era eccessiva e dettata da criteri diversi da quelli di una offerta realmente rispondente alle esigenze degli studenti.
Sempre rispetto alla riforma e alle considerazioni svolte dagli onorevoli Martella e Bimbi, comunico che la commissione De Maio sta completando il proprio lavoro.
Dopo il 31 ottobre - questo è il termine ultimo che la commissione si è dato - disporremo del quadro di riferimento necessario per rivedere il decreto ministeriale n. 509 del 1999, a proposito delle classi di laurea, dei settori scientifici disciplinari e dei criteri dei crediti (si intende eliminare, a tal riguardo, rigidità all'attuale sistema a livello sia di laurea
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triennale sia specialistica, sganciando la prima dalla seconda, e pensando ad un meccanismo non più di trecento ma di centoventi crediti per le lauree specialistiche).
Il quadro si completerà dopo il 31 di ottobre, al termine del lavori della commissione De Maio. Sottoporremo le indicazioni conseguenti - come è stato fatto per le linee guida della ricerca - all'esame del mondo scientifico (ci sarà un confronto con il CRUI, il CUN, il comitato degli studenti e il comitato di valutazione) e ovviamente le presenteremo in Parlamento.
Si tratta dunque un lavoro in corso di svolgimento ed è questa la ragione per cui i risultati non sono stati ancora notificati a questa Commissione. Analogo discorso riguarda il problema del reclutamento e dello stato giuridico.
La commissione Di Maio ha terminato in merito i propri lavori e ci ha consegnato una bozza che è attualmente allo studio del Ministero: non appena sarà completata l'analisi di questo progetto, lo presenteremo sotto forma di disegno di legge alle Camere, naturalmente tenendo conto del lavoro che già in questa Commissione è stato svolto (mi riferisco in particolare ad alcune proposte di legge che si occupano del problema specifico). Siamo convinti che il lavoro congiunto porterà sicuramente a risultati positivi.
Vengo ora al disegno di legge finanziaria, per la parte relativa alle università. È vero che il DPEF prevedeva stanziamenti decisivi per il settore universitario mentre il disegno di legge finanziaria non li contempla: sicuramente vi è una differenza tra il Documento programmatico e quanto disposto con la manovra finanziaria di questo anno.
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Riconfermo, tuttavia, l'obiettivo di legislatura del Governo e l'impegno, anche personale, del Presidente del Consiglio, a partire da questo disegno di legge finanziaria, a rivedere le dotazioni del fondo di finanziamento ordinario.
Voglio ricordare peraltro che esiste già un emendamento votato in Commissione che il Governo sta valutando. Siamo certi che il Parlamento potrà apportare miglioramenti rispetto alla dotazione prevista; e verrà sostenuto dal Governo in questo senso.
Condividiamo le preoccupazioni espresse dall'onorevole Bimbi, in modo particolare sul livello complessivo degli investimenti e sul rapporto negativo tra docenti e studenti che, in sede di confronto internazionale, il nostro sistema universitario registra rispetto ad altri paesi. Siamo consapevoli dell'esigenza di ampliare le risorse esistenti. Questo comunque rimane un impegno di legislatura, avendo il disegno di legge finanziaria dovuto tener conto di situazioni congiunturali nazionali e internazionali che sono note e su cui non mi soffermo.
Intendo invece sottoporre alla attenzione della Commissione alcune azioni già messe in atto dal Governo, in modo particolare per sviluppare una politica maggiormente indirizzata ai servizi agli studenti: attraverso la destinazione della quota di riequilibrio del 2002, si è voluto tra l'altro finalizzare stanziamenti alle attività di orientamento e adeguamento delle strutture e dei servizi agli studenti, in maniera particolare con riguardo a laboratori e biblioteche. Analoga finalizzazione vi è stata nell'incentivazione dell'impegno didattico.
Ebbene, il 20 per cento del fondo di incentivazione alla didattica, pari a 9 milioni di euro, è stato correlato alle spese effettuate dagli atenei per azioni ed iniziative di tutorato ed
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orientamento. Abbiamo iniziato pertanto a focalizzare le risorse sui servizi agli studenti: si tratta quindi di una azione che è stata già intrapresa.
Per quanto riguarda una delle osservazioni sollevate rispetto alle università non statali, voglio ricordare che queste usufruiscono complessivamente per il 2002 di 108 milioni di euro, mentre nella finanziaria per il 2003 gli stanziamenti previsti sono pari a 104 milioni di euro. Sottolineo che si tratta di risorse di gran lunga inferiori a quelle destinate alle università statali.
Il decreto legge del 2002, n. 212 in corso di esame al Senato, prevede contributi specifici complessivamente pari a 10 milioni di euro, a titolo di rimborso per i mancati introiti, per tasse e contributi da parte degli atenei non statali relativi agli studenti esonerati in quanto capaci e meritevoli ma privi di mezzi. Ci sembra assolutamente doveroso questo intervento.
Le università statali si finanziano con i contributi degli studenti, ma non appare corretto porre a carico delle stesse l'onere dell'esonero dovuto ai sensi dell'articolo 34 della Costituzione.
Quanto ad un'altra osservazione emersa in materia universitaria, rispetto alle SSIS, sottolineo quanto segue: con un apposito decreto ministeriale abbiamo inteso chiarire che, per accedere alle SSIS, i candidati dovranno essere in possesso del requisito del titolo di laurea conseguito in base al previgente ordinamento. In tal modo risulterebbero esclusi i soggetti che hanno ottenuto il titolo di laurea ai sensi della riforma. La ragione di tale scelta è dovuta al fatto che tale iniziativa si colloca nell'attuale quadro normativo - che regola la formazione degli insegnanti in ordine al grado di scuola -, da cui quindi non potevamo prescindere. Per questo motivo abbiamo introdotto detta previsione.
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Da ultimo, per quanto riguarda il Consiglio nazionale universitario, ricordo che il CUN è stato riorganizzato in via legislativa nel 1997: esso ha compiti consultivi e anche funzioni di rappresentanza spesso però disattesi anche in ragione di una estrema incertezza nella composizione degli organi interni alla struttura, la quale cambia frequentemente nel tempo. Per questo motivo e in ragione della funzione consultiva che il CUN svolge, riteniamo di dover rivedere la composizione del Consiglio medesimo, prevedendo al suo interno anche la presenza di esponenti del mondo scientifico e culturale di designazione ministeriale. Si tratterà di una composizione mista.
Per quanto riguarda le fondazioni universitarie, altro tema emerso dal dibattito, abbiamo avviato un tavolo tecnico con la CRUI: oggi sono solo quattro le fondazioni universitaria avviate. Talune difficoltà ci vengono peraltro segnalate in relazione alle modalità con le quali si costituisce il capitale delle fondazioni medesime. Abbiamo ritenuto di attivare il tavolo tecnico con la CRUI per superare proprio quegli ostacoli tecnici che, al momento, rendono non agevole la diffusione di tali organismi.
Riteniamo che possano le fondazioni universitarie costituire uno strumento valido e, quindi, vorremmo superare questi elementi di criticità, insieme alla CRUI.
Per quanto riguarda gli enti di ricerca, vorrei precisare che i tagli cui si è fatto riferimento non sono quelli previsti nel disegno di legge finanziaria. Quest'ultimo prevede, infatti, una riduzione, per gli enti di ricerca, dell'1,6 per cento, relativamente all'esercizio 2003, e non del 10 per cento, come era stato da più parti ipotizzato. Peraltro, lo stanziamento previsto per il 2004 è sostanzialmente identico a quello del 2002. Si riparte, cioè, da uno stanziamento uguale a quello del 2002.
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Riteniamo che il riordino degli enti di ricerca potrà comportare sostanziali economie, che potranno compensare ampiamente i tagli e le riduzioni apportate per il 2003.
Relativamente alla osservazione del onorevole Tocci, vorrei precisare che, nel corso della istruttoria per il riordino degli enti di ricerca, non è mai stata presa in considerazione l'eventualità di una nomina ministeriale dei direttori dei dipartimenti del CNR: questa ipotesi non è mai stata presa in considerazione da parte del Ministero. Naturalmente, non appena saranno definite, a livello di Governo, le linee di intervento, avvieremo un'ampia fase di confronto, così come è stato fatto per le linee guida sulla ricerca, sia con il mondo scientifico, quindi gli enti di ricerca, sia con le università sia, naturalmente, con il Parlamento.
WALTER TOCCI. Prima del decreto, signor ministro?
LETIZIA MORATTI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La fase di consultazione si svolgerà, certamente, prima del decreto, come è stato per le linee guida. Ad oggi, esiste una bozza di decreto ancora non ultimata. Il percorso prevede di definirla con il ministro della funzione pubblica, poiché si tratta di una funzione congiunta e non ce la sentiamo di sottoporre un testo ad una consultazione senza il concerto, come deve essere, del Ministero della funzione pubblica che è il coproponente. Quando si sarà perfezionata questa intesa, proporremo la bozza di testo alla comunità scientifica e agli enti di ricerca. È vero che il modello INFM (l'Istituto nazionale di fisica della materia) è un modello, come ricordava l'onorevole Tocci, tuttavia, se il decreto conterrà - com'è prevedibile in base alla bozza attuale - l'accorpamento nell'ambito del CNR, riteniamo che questo non diminuirà o svilirà il ruolo né il modello degli INFM. Al contrario, potrà essere un
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modello, all'interno del CNR, anche per altri istituti o dipartimenti. Questo accorpamento, quindi, non altera il modello ma sarà una sua valorizzazione all'interno di una struttura diversa.
Per quanto riguarda le osservazioni relative all'assemblea della scienza e della tecnica, ritengo ci siano state difficoltà oggettive, riscontrate già dal Governo precedente, nella definizione delle liste di elettorato attivo e passivo. Si trattava di un meccanismo molto complesso e difficile, tanto è vero che non è stato attivato neppure dal precedente Governo, pur trattandosi di una previsione effettuata nella precedente legislatura. Riteniamo di non percorrere quella strada; tuttavia, consideriamo importantissima una diversa forma di rappresentanza diretta della comunità scientifica nelle scelte strategiche per la ricerca e, quindi, troveremo soluzioni, anche nell'ambito del riordino degli enti, per valorizzare proprio la rappresentatività della comunità scientifica.
Confermo l'impegno del Governo a raggiungere, al termine della legislatura, il livello di spesa per la ricerca previsto dalle linee guida approvate dal CIPE. Desidero soffermarmi su due punti del disegno di legge finanziaria relativi agli enti di ricerca e, cioè, sul FIRB e sul FAR. Per quanto riguarda il FIRB, ricordo che la dotazione iniziale, prevista nella scorsa legislatura, ammontava, per il triennio, a 39 milioni di euro. Questa era la sua dotazione effettiva. Non poteva considerarsi altrettanto effettiva quella di circa 377 milioni di euro, che era una una tantum derivante delle licenze UMTS. Perciò, partivamo da una situazione reale di 39 milioni di euro. Innanzitutto, il Governo ha reso permanente il FIRB, ribadendo e confermando la volontà di attribuire alla ricerca di base un ruolo centrale e fondamentale nel nostro paese. Per tale ragione, ha reso permanente il fondo e lo ha dotato di 100
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milioni di euro, per il 2003, di altri 100 milioni di euro, per il 2004, e di ulteriori 100 milioni di euro, per il 2005. Ribadisco che, riguardo al FIRB, non abbiamo arretrati: tutte le domande sono state esaurite e tutti i progetti ammessi al finanziamento sono stati finanziati. Sono circa 320 progetti per circa 480 milioni di euro, se non ricordo male.
Per quanto riguarda il FAR, pur in presenza di una situazione congiunturale non favorevole, il Governo ha apportato un piccolo ampliamento al suo finanziamento, pari a 80 milioni di euro nel triennio. Sottolineo che, relativamente al FAR, esiste una situazione di sofferenza, rispetto alle richieste delle imprese. Desidero ricordare che esso dispone di una dotazione annua di stanziamenti in finanziaria e di interventi in dotazione di circa 800-1000 miliardi l'anno. A questi si aggiungono i nuovi stanziamenti previsti dal disegno di legge finanziaria. A tale proposito, è vero che abbiamo alcuni arretrati; tuttavia, desidero confermare che le domande già giudicate valide, per un valore equivalente a circa 800 miliardi di lire, saranno finanziate. Quindi, non ci saranno arretrati relativamente alle domande che hanno già avuto una aggiudicazione positiva. Naturalmente, il FAR rappresenta una delle voci rispetto alle quali ci auguriamo vi potrà essere un incremento, trattandosi di organismo per il quale la ricerca ha maggiori necessità di risorse.
Per quanto riguarda la missione Venus, è vero che l'ASI non prevede la partecipazione ad essa, per il momento. Siamo concentrati su due altre missioni, quelle di Marte e Saturno, e non riteniamo opportuno disperdere risorse su troppe missioni. Peraltro, se dovessimo intraprendere la missione Venus, l'assorbimento di risorse, per quanto riguarda l'osservazione planetaria, sarebbe del 40 per cento. Perciò, vogliamo equilibrare le risorse senza disperderle in tutte le missioni, il
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che non è possibile. Abbiamo compiuto alcune scelte e, a meno che non intervengano fattori che ci consiglino di parteciparvi, ci concentreremo su quelle ricordate, di Marte e Saturno.
Per quanto riguarda Galileo, ci vede impegnati a diversi livelli: a livello ESA e a livello di conferenze ministeriali tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero dei trasporti. Esiste una norma, ereditata dalla precedente legislatura, che offre la possibilità a Galileo industries - che rappresenta interessi importanti per tutto il settore aerospaziale - di essere collocata in Italia solo se noi sottoscriveremo una quota pari a quella sottoscritta dal paese che si impegnerà per la quota maggiore. Per questo motivo, per difendere la sede di Galileo industries in Italia, riconfermiamo la nostra volontà di sottoscrivere al livello del paese che sottoscriverà di più. Abbiamo dimostrato grande flessibilità perché non abbiamo condotto una battaglia sterile o di principio. Abbiamo chiarito ciò che volevamo, ci siamo dichiarati disponibili a una leadership condivisa, anche ampia, con altri paesi ma vogliamo difendere la possibilità di avere nel nostro paese la sede di Galileo industries che, per le nostra industria, è estremamente significativa. Negli ultimi giorni abbiamo, su questa nostra posizione, ricevuto l'assenso ed il favore di Francia e di Inghilterra; quindi, solo la Germania continua ad opporsi ad una nostra leadership o una co-leadership. Avendo avuto il pieno appoggio di Francia di Inghilterra, riteniamo allo stato attuale di mantenere la nostra posizione.
Credo di aver risposto a tutte le domande e vorrei ringraziare moltissimo i componenti della Commissione per le proposte e le critiche che hanno avanzato, consentendoci di
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puntualizzare alcune questioni e di portare a conoscenza del Parlamento alcuni elementi problematici che non avevamo ancora dibattuto e discusso.
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro a nome della Commissione, per la precisione e la completezza delle informazioni che ci ha fornito.
Avviso i colleghi che la documentazione fornita dal ministro sarà a breve a loro disposizione. Per il futuro, credo che sarà necessario fissare un ulteriore incontro con il ministro per discutere della riforma della scuola, che rappresenta uno dei temi oggetto dell'audizione odierna.
Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,20.


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