Come dividere gli alunni? Molte elementari in regola. Il nodo: le prime superiori
Il calo demografico ha già ridotto le primarie.
Gianna Fregonara e Orsola Riva
Dimezzare, dividere, distanziare. È questo il mantra che guiderà le decisioni per il ritorno in classe a settembre, come ha ribadito ieri il comitato tecnico scientifico del ministero della Salute. Ma con le nuove norme sulla sicurezza, per quanti studenti sarà davvero possibile rivedere i compagni? Fino a febbraio i 40 mila edifici scolastici ospitavano in tutto 7,5 milioni di alunni dai tre ai 19 anni, suddivisi in poco meno di 370 mila classi: 20,5 per aula in media, ma con enormi differenze a seconda del tipo di scuola e della regione. Alle elementari, per esempio, a causa del calo demografico, una classe su 5 (il doppio in regioni a bassissima natalità come il Molise) sarebbe già quasi in regola visto che ha meno di 15 alunni, mentre alle superiori, dove negli ultimi anni sono aumentati gli iscritti, una classe su 5 (una su 4 in Lombardia) ha più di 25 studenti, con punte anche oltre i 30 soprattutto al primo anno e nelle grandi aree metropolitane come Milano e Roma.
Ed è forse per questo che la ministra Lucia Azzolina ha già annunciato che per i ragazzi delle superiori si potrà (e dovrà) ricorrere alla didattica mista, un po’ a casa un po’ a scuola, evitando così il problema della divisione delle classi e della moltiplicazione degli insegnanti. Problema non da poco, quello di avere metà studenti presenti e metà collegati, visto che la banda larga è ancora molto poco diffusa (secondo i dati agcom quella meno veloce raggiunge il 60 per cento della popolazione) e la maggioranza delle scuole dovrebbe adeguarsi entro l’estate. Senza contare il rischio di perdere definitivamente gli studenti già a rischio. Resta poi da sciogliere il nodo dei ragazzi di prima superiore, che sono quelli che avrebbero più bisogno di accompagnamento, e quindi di una scuola in presenza, e che sono i più numerosi: in tempi di tagli, si è stabilito un minimo di 27 studenti per classe. Perché possano frequentare in sicurezza bisognerebbe dividere circa trentamila classi.
Per i più piccoli il presidente della task force ministeriale Patrizio Bianchi ha detto che a settembre immagina di suddividere i bambini in gruppi da 10-12 alunni al massimo, come la Francia di Macron ha già fatto nelle scuole delle aree più svantaggiate (banlieue e campagne). Da questo punto di vista il problema non sono più solo le «classi pollaio», vecchio cavallo di battaglia dei Cinquestelle e della stessa ministra Azzolina, che l’anno scorso aveva depositato alla Camera una proposta di legge per fissare un limite massimo di 22 alunni per classe (20 nel caso ci fosse un disabile) per tutti i livelli scolastici. Oggi anche una classe di 20 alunni è troppo numerosa.
Va detto che a disinnescare, almeno in parte, il sovraffollamento delle aule stabilito per legge dalla riforma Gelmini (fino a 30 alunni per classe alle elementari e alle medie, fino a 33 alle superiori) ci ha già pensato il calo demografico. Negli ultimi cinque anni la scuola ha perso quasi 300 mila alunni, mentre nello stesso periodo le cattedre sono rimaste stabili, anzi sono leggermente aumentate. Risultato: alle elementari, il 70 per cento delle classi ha meno di 22 alunni, l’80 per cento in regioni come la Calabria, la Campania e la Sardegna, mentre in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana le sezioni da dividere sono almeno il 40 per cento. Lo stesso vale per le scuole medie dove le classi con più di 25 alunni sono meno di una su dieci a livello nazionale (ma il 15 per cento in Emilia).
Il Miur ha già fatto capire che toccherà in gran parte ai presidi ingegnarsi a trovare delle soluzioni, mentre saranno i Comuni a dover cercare aule e spazi alternativi. Ma se almeno ai bambini delle elementari si vuol dare la possibilità di tornare tutti a scuola divisi in piccoli gruppi bisognerà garantire un numero di insegnanti adeguato, a meno di non voler ridurre le ore di didattica vera e propria e di affidare i bambini, come ha suggerito Azzolina, anche ad educatori o volontari delle cooperative per attività culturali da aggiungere al curriculum.
La Cisl ha già fatto due conti: per stare tranquilli bisognerebbe aumentare il numero di classi di una volta e mezza assumendo, in via straordinaria e solo per un anno, 80 mila educatori di scuola materna e 70 mila maestre elementari. Costo dell’operazione? Due miliardi e mezzo.