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Colpo di mano sul valore legale del titolo di studio

Grazie a un emendamento al ddl sulla pubblica amministrazione per i concorsi pubblici sarà valutato anche l'ateneo di provenienza. Scuccimarra (Udu): "Così non si premia il merito ma si accrescono le disuguaglianze di opportunità tra gli studenti"

04/07/2015
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Rassegna.it

Con l’emendamento al ddl di riforma della pubblica amministrazione, a firma del deputato del PD Marco Meloni, approvato ieri in commissione alla Camera, si prevede la possibilità di valutare, per l’accesso ai concorsi pubblici, non solo il voto di laurea, ma anche l’ateneo di provenienza. Di fatto, i titoli di laurea di alcuni Atenei potranno valere di più, ed altri meno, una differenziazione basata su criteri che al momento sono da definire.

Per Gianluca Scuccimarra, coordinatore Udu (Unione degli universitari), “l’introduzione di questa previsione normativa è gravissima, perché determinerà per la prima volta una differenziazione dei titoli di laurea tra le diverse università pubbliche. Una divisione che spingerà gli studenti a scegliere l’ateneo anche in base al maggiore o minore valore attribuito in sede concorsuale, ai titoli rilasciati dall’ateneo stesso. Si tratta, di fatto, di un forte indebolimento del valore legale del titolo di studio, che si sta facendo passare in sordina, con un vero e proprio colpo di mano".
 

Ma come si determineranno i diversi valori? Ad oggi la strada più probabile è che si prendano in considerazione i parametri dell’Anvur, già utilizzati per la quota premiale del finanziamento degli atenei; ma questi indicatori, oltre ad essere basati per oltre l’80% sulla valutazione di attività di ricerca, dunque completamenti scollegati dalla didattica degli studenti, per l'Udu "sono anche fortemente contestati rispetto all’effettiva capacità di misurare la qualità. Anche a prescindere dai criteri che eventualmente saranno adottati, basati sugli atenei nel complesso o sui singoli corsi di studio, questo meccanismo spingerà ulteriormente il sistema universitario verso una divisione netta tra atenei di serie A ed atenei di serie B, il che è inaccettabile.”

Aggiunge Scuccimarra: ”La priorità delle nostre politiche universitarie è diventata ormai fare classifiche, selezionare e dividere, nascondendosi dietro un ideologia distorta di merito e valutazione, mentre nessuno sembra preoccuparsi del fatto che l’Italia ha uno dei peggiori sistemi di diritto allo studio d’Europa e fortissime disparità territoriali nelle opportunità di mobilità e di accesso all’istruzione".

Diversificare il valore dei titoli non riconoscerà il “merito” di chi studia in atenei considerati eccellenti, ma, conclude Scuccimarra, "finirebbe solo per aumentare la disuguaglianza di opportunità per gli studenti, soprattutto per i meno abbienti, che non possono certo scegliere dove andare a studiare. Siamo stufi che si prendano decisioni sulla pelle degli studenti, da parte di una politica completamente scollegata dalle condizioni reali del sistema universitario e degli studenti stessi, ma non accetteremo questo nuovo attacco, l’iter di approvazione della riforma non è ancora concluso e ci batteremo già da oggi per lo stralcio di questa misura dal disegno di legge”.
 


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