Cidi-La riforma della scuola: l'approvazione del Senato-prime riflessioni
La riforma della scuola: l'approvazione del Senato Il 13 novembre 2002 il Senato della Repubblica ha approvato, in prima lettura, il disegno di legge n. 1306 recante delega al Governo per la rifo...
La riforma della scuola: l'approvazione del Senato
Il 13 novembre 2002 il Senato della Repubblica ha approvato, in prima
lettura, il disegno di legge n. 1306 recante delega al Governo per la
riforma dell'ordinamento della scuola italiana. Il progetto del Ministro
Moratti, approvato dal Consiglio dei Ministri il 14-3-2002 era stato
depositato al Senato il 3 aprile 2002 e dopo un'intermittente discussione
estiva presso la VII Commissione è approdato velocemente in aula per la sua
approvazione. Il testo, per diventare legge dello stato, dovrà essere
approvato -nella medesima formulazione- dalla Camera dei Deputati. Ciò
richiederà ancora diversi mesi di lavoro parlamentare, ivi compresi gli
eventuali incidenti di percorso (le "imboscate", i franchi tiratori, ecc.) o
qualche ulteriore emendamento non preventivato (con l'effetto "navetta" tra
Camera e Senato).
E' però probabile che l'inizio dell'anno scolastico 2003/04 possa vedere l'
attuazione di alcuni aspetti della riforma (come l'anticipo di due mesi dell
'età di iscrizione alla scuola dell'infanzia ed elementare), mentre per l'
introduzione degli altri elementi di novità (come il "doppio canale" di
istruzione e formazione a partire dai 14 anni) sarà necessario attendere l'
emanazione dei decreti applicativi (per cui sono concessi due ulteriori anni
di tempo) ed il reperimento dei finanziamenti necessari (da individuare a
parte con un apposito piano).
Ma vediamo qual è, al momento, lo stato dell'arte del progetto di riforme:
gli elementi caratterizzanti e la loro tenuta nell'evolversi del dibattito
parlamentare.
Il disegno di legge ha subito alcune modifiche a seguiti degli emendamenti
apportati al testo iniziale nelle diverse fasi -commissione e aula- dell'
iter procedurale, tali però da non intaccare le caratteristiche originarie
del provvedimento.
Resta il carattere di "legge di delega", che deve (o dovrebbe) contenere
solo i criteri generali e le linee-guida per la successiva decretazione
secondaria (ma alcuni punti dell'articolato sono minutamente dettagliati),
così come resta aperto il problema della quantificazione e della messa a
disposizione delle occorrenze finanziarie, cui si dovrà provvedere con
successivo atto.
La versione definitiva conferma la scelta del doppio canale (liceale e
professionale) per l'assolvimento del diritto alla formazione fino al 18°
anno di età (con l'uscita dal sistema dei licei a 19 anni). Si parla, con
più precisione, di diritto-dovere all'istruzione per almeno 12 anni (quindi,
indicativamente, dai 6 ai 18 anni) oppure fino al conseguimento di una
qualifica professionale (che potrebbe avvenire anche a 17 anni). Il testo
finale irrobustisce anche un "terzo canale" per l'assolvimento di tale
diritto, quello dell'alternanza tra scuola e lavoro, precisando meglio la
responsabilità della scuola nella regia di questa modalità innovativa di
formazione, che può scattare solo dopo i 15 anni di età.
In questo quadro viene abrogata esplicitamente non solo la precedente legge
dei cicli (legge 30/2000), ma anche -con un emendamento aggiuntivo- la legge
9/1999 che aveva elevato al 15° anno l'età d'obbligo. Si tratta di una
misura che fa discutere, anche se i detrattori dell'obbligo scolastico
scommettono sulla logica promozionale e pro-attiva del diritto-dovere,
piuttosto che su quella costrittiva dell'obbligo. Ci si chiede però quale
sarà il ruolo delle pubbliche istituzioni nel sostenere il diritto all'
istruzione dopo l'affievolimento del concetto di obbligo.
Nella nuova legge-quadro l'impianto ordinamentale del sistema scolastico
resta confermato, con la scansione della scuola dell'infanzia triennale (con
un anticipo nell'età di accesso di 4 mesi, che però mantiene un carattere
esplicitamente sperimentale), della scuola primaria quinquennale (in cui si
evidenzia meglio la dimensione degli apprendimenti scientifici e si
accantona l'enfasi sull'informatica), della scuola media triennale (la meno
toccata dalle innovazioni), delle scuola secondaria di 2° grado (per la
quale si sottolinea la scansione nei periodi didattici 2+2+1, che consente
ora di uscire alla fine del 4° anno direttamente verso l'istruzione
tecnico-superiore).
Anche il profilo educativo e pedagogico, in base alle scarne linee contenute
nella legge, trova conferma con qualche emendamento che connota
esplicitamente i riferimenti valoriali, ad esempio, con un forte richiamo
alla "responsabilità primaria" delle famiglie nell'educazione e con la
presenza dell'educazione "morale e religiosa".
Restano invece più sfumate le ipotesi circa l'orario scolastico
obbligatorio, la definizione delle discipline fondamentali, le modalità
organizzative, il profilo funzionale dei docenti, poiché la legge si limita
a rimandare ai successivi decreti applicativi. Qualche indizio, tuttavia, lo
si può cogliere scorrendo i copiosi materiali (Indicazioni, Raccomandazioni,
Ipotesi organizzative) allegati al Decreto n. 100 del 18-9-2002 che
contengono alcuni vincoli (e standard) di carattere organizzativo per le
scuole dell'infanzia ed elementari (circa 250) che aderiscono alla
sperimentazione di nuovi ordinamenti. Orari scolastici più asciutti e
contenuti, figura del docente tutor, laboratori con "specialisti" sono
alcuni dei punti di novità contenuti nel pacchetto "sperimentale", per altro
mai oggetto di un approfondito e franco dibattito nelle scuole e tra gli
esperti.
Per cogliere appieno il "segno" della riforma, sarà dunque decisivo il
periodo "costituente" che si aprirà dopo l'eventuale approvazione definitiva
della legge, che dovrà sciogliere molti nodi che oggi appaiono ancora
aggrovigliati. Ci riferiamo al "peso" degli ultimi emendamenti relativi alla
formazione universitaria degli insegnanti (che si vorrebbe più marcatamente
disciplinare almeno per i docenti "secondari"), al riconoscimento del valore
abilitante della laurea in scienze della formazione primaria (con i
conseguenti vantaggi negli accessi alle graduatorie per i neo-laureati), all
'affidamento all'Università dei centri di eccellenza per la formazione in
servizio dei docenti, alla formazione dei docenti di sostegno, alla
valorizzazione del docente-tutor per l'alternanza, al "curioso" richiamo
(contenuto nel dispositivo finanziario) per potenziare le attività sportive
e motorie (e perché non le altre discipline ?), al possibile
"raffreddamento" dei trasferimenti di sede dei docenti (una chiara materia
contrattuale).
Siamo in presenza di un insieme variegato di misure di diverso spessore e
portata, che finiscono con l'appesantire la struttura e la lettura di un
testo (una legge delega) che si dovrebbe far apprezzare per l'incisività dei
suoi propositi e delle sue finalità e che invece finisce con l'assumere qua
e là la veste di un provvedimento omnibus, come nelle migliori (o peggiori)
tradizioni del parlamento italiano. L'auspicio è che il passaggio alla
Camera dei Deputati possa consentire alla Maggioranza di rivedere taluni
aspetti deboli o discutibili del testo ed all'Opposizione di esercitare
costruttivamente il suo ruolo "critico" (gc).