Chiamate dirette al via sotto la lente Anac
Tra mille dubbi e innumerevoli perplessità, i presidi hanno affrontato la “prova del fuoco" della chiamata diretta: la vera novità dell'anno scolastico ormai alle porte
Salvo Intravaia
Tra mille dubbi e innumerevoli perplessità, i presidi hanno affrontato la “prova del fuoco" della chiamata diretta: la vera novità dell'anno scolastico ormai alle porte. Un marchingegno su cui ha puntato l'attenzione, per la prima volta in assoluto nella scuola, anche l'Anac: l'autorità anticorruzione. Perché la discrezionalità di cui godono i capi d'istituto nell'assegnare gli incarichi ai neoimmessi in ruolo fa drizzare le antenne a chi è chiamato a vigilare sui potenziali comportamenti corruttivi. E per i dirigenti scolastici, il rischio di scivolare si presenta ad ogni passo. Ad ammetterlo, con grande onestà intellettuale, è Paolino Marotta dell'Andis, un'associazione che raccoglie circa mille dirigenti scolastici. “La paura di essere denunciati esiste – spiega – perché si tratta di una operazione del tutto nuova, da svolgere in tempi strettissimi e senza che ci siano state indicazioni precise da parte del ministero. Permangono profili giuridico-amministrativi non del tutto chiari". ". La prima chiamata diretta si è svolta, non senza polemiche, ad agosto. Secondo quanto denunciato dai sindacati, alcuni presidi si sono presi la licenza di entrare nel merito delle scelte familiari di alcune insegnanti – intenzione di avere figli o di sposarsi – o avrebbero assunto i docenti in base al luogo di residenza: il più vicino alla scuola. Ma su eventuali distorsioni del sistema il ministero tace.
L'avvio degli Ambiti territoriali per l'organico di potenziamento con il reclutamento degli insegnanti da parte dei dirigenti scolastici rappresenta la vera novità del 2016/2017. Perché nel primo anno di Buona Scuola l'organico di potenziamento – circa 48mila unità – è stato inviato a metà novembre agli istituti direttamente dal ministero dell'Istruzione, congelando per un anno la “chiamata diretta". Ma facciamo un po' di ordine. Per consentire ai dirigenti scolastici di reclutare i docenti più adatti alla propria scuola – con esperienza di aree a rischio, abituati a lavorare contro la dispersione scolastica o con alunni Bes (con Bisogni educativi speciali), specializzati delle lingue straniere o nella didattica digitale, tanto per fare qualche esempio – la legge di riforma ha messo in piedi questo meccanismo: per prima cosa, gli assunti nel 2015/2016 e parte di coloro che chiedono trasferimento in un'altra regione sono stati assegnati ad uno dei 319 Ambiti territoriali in cui è stato suddiviso il territorio nazionale. A questo punto, entrano in gioco i presidi, che vagliando le candidature dei docenti e dopo avere consultato il loro curriculum, propongono ai prescelti un incarico triennale nella propria scuola.
Tutta l'operazione è partita il 29 luglio – per la scuola dell'infanzia e primaria – per concludersi il 26 agosto con la scuola secondaria di secondo grado, secondo tempi scaglionati per ordine di scuola. Per il sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone “si passa dal reclutamento per anzianità di servizio a quello per competenze". In questo modo, i dirigenti scolastici potranno assoldare i docenti più idonei a mettere in pratica gli obiettivi declinati nel Piano triennale dell'offerta formativa, uno degli obiettivi più importanti dell'intera riforma. Ma lo scorso anno le cose hanno preso tutt'altra direzione e il prossimo rischiano di ricalcare la stessa strada del precedente.
Ecco perché. I 47.465 docenti "potenziatori" nominati a metà novembre del 2015 sono stati inviati alle scuole direttamente dal cervellone ministeriale, senza che i presidi abbiano potuto “scegliere". Nelle scuole si sono ritrovati ex supplenti “esperti" ma anche tanti che non mettevano piede a scuola da quando si erano diplomati. Un mezzo disastro, abbastanza annunciato. Tanto che dopo un mese l'ispettore ministeriale Max Bruschi si è lasciato andare ad uno sfogo sui social: “Molti docenti che hanno preso servizio – scriveva il 5 dicembre 2015 sul proprio profilo Facebook – si trovano a bivaccare nei corridoi. Lo trovo uno sconcio. Quasi nessuno ha avuto il doveroso confronto con il dirigente scolastico, curriculum alla mano. Poi, ci sono le fantastiche eccezioni. Ma, per l'appunto... non rappresentano, oggi, la regola. So per primo che nelle istituzioni scolastiche è arrivato personale di diversa quidditade. Ma, rilevo, capita tutti gli anni".
Il rischio molto concreto è che questa situazione si replichi anche nel nuovo anno scolastico. Almeno per i primi mesi. Perché, dopo avere individuato i docenti dagli ambiti, scatteranno le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni (operazioni di mobilità del personale che prevedono l'assegnazione di una cattedra per un singolo anno), pratica che gli uffici provinciali dovranno svolgere entro il 15 settembre. Ma prima ancora occorrerà dare seguito alle 5/6mila richieste di conciliazione (ricorsi) sui trasferimenti avanzate dai docenti meridionali spediti al Nord dal bizzoso algoritmo ministeriale che nessuno sa come abbia funzionato. Uno stratagemma messo su dal ministero per consentire ad una percentuale più alta possibile del grande serbatoio di insegnanti meridionali di non allontanarsi troppo da casa ancora per un anno, posticipando la partenza al 2017/2018. O di non allontanarsi mai, se nel frattempo dovesse arrivare il trasferimento. Ma, a questo punto, dopo essere stati scelti dai presidi, migliaia di docenti potranno andare in un'altra regione ed essere sostituiti da docenti con altri requisiti. Un altro anno di potenziatori a zonzo per la scuola? Intanto, il suono della prima campanella si avvicina e la squadra dei docenti in moltissime scuole è tutt’altro che completa