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Chiamalo, se vuoi spezzatino accademico

Frammentazione dell´offerta, moltiplicazione delle facoltà: così l´università diventa simile a un liceo

19/06/2007
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Chiamalo, se vuoi spezzatino accademico

AURELIO MAGISTÀ

In 8 anni sono aumentate del 14,5 per cento le facoltà: da 510 a 584. Ma anche i comuni che le ospitano

Questa sezione speciale che sintetizza i contenuti della Grande Guida all´Università, il volume che ogni anno la Repubblica realizza in collaborazione con il Censis, esce pochi giorni dopo la polemica fra Pietro Citati, che su Repubblica del 13 giugno denunciava il peggioramento dell´università, e la fuga verso le prestigiose università estere degli studenti che possono permetterselo, e l´ex ministro Luigi Berlinguer.
Citati sosteneva che il peggioramento dell´università induce gli studenti che possono permetterselo a recarsi presso le più prestigiose università estere, con la conseguenza che avremo una classe dirigente di ricchi. Per replicare a Citati e difendere la riforma che porta il suo nome, Berlinguer portava a sostegno alcuni dati AlmaLaurea (che collabora, fra l´altro, con Repubblica). I dati, tuttavia, possono essere raccolti e interpretati in molte maniere. Sorvoliamo sulla questione dell´università per ricchi: all´affermazione di Citati, Berlinguer oppone che la nostra università è diventata più democratica, poichè aumentano gli studenti con entrambi i genitori non laureati, fatto vero che tuttavia non smentisce l´affermazione di Citati, secondo cui infatti gli studenti di genitori più istruiti e soprattutto benestanti preferirebbero studiare all´estero. Per il resto, l´ottimismo dell´ex ministro non appare così giustificato dai dati e dai fatti che, insieme al Censis, accertiamo ormai da otto anni.
Stiamo assistendo infatti a una frammentazione del sistema universitario che ha molte conseguenze, perlopiù negative. In otto anni, è aumentato il numero di esami per laurearsi, ma ciascun esame è diventato meno impegnativo, con una conseguente, come dire, liceizzazione dell´università.

Sono aumentate del 14,5 per cento le facoltà, da 510 a 584, e sono aumentati i comuni che ospitano corsi di laurea, o parti dell´insegnamento universitario; un aumento che risponde più a esigenze di potere e di prestigio che a bisogni degli studenti, e che porta soprattutto a una dispersione delle risorse. In particolare, sono enormemente aumentati i corsi di laurea: del 48,8 per cento, da 2225 a 3310. L´offerta formativa tende a diventare babelica e non paragonabile (corsi che hanno nomi diversi ma contenuti simili e viceversa, corsi che cambiano nome per apparire più appetibili senza cambiare contenuti, corsi che rispondono a desideri dei professori più che a bisogni degli studenti eccetera), con un esito di figure professionali sempre più eterogenee, a identità debole e scarsamente spendibile nel mondo del lavoro. Si aggravano le differenze fra Nord e Sud, che infatti non è quasi mai presente nei primi posti delle classifiche Censis. Fatto grave, infine, è il fallimento della riforma 3+2, per quanto ne dica Berlinguer. La lodevole intenzione era di avere una laurea triennale più orientata verso la formazione professionale e gli obiettivi occupazionali, e una specialistica destinata a formare ricercatori e insegnanti. Di fatto, abbiamo una laurea di serie B e una di serie A, senza apprezzabili differenze nei contenuti formativi. Gli studenti ne hanno evidentemente simile percezione, come testimonia il fatto che la stragrande maggioranza preferisce comunque proseguire gli studi dopo il triennio. Tutto male, quindi? Certamente no. E questa sezione speciale, che uscirà per altri tre martedi illustrando le facoltà ai vertici della qualità, lo testimonia.
La via maestra per l´università deve essere proprio questa: cercare, incentivare e premiare la qualità, anche in termini di finanziamenti. Soprattutto se chi governa la smetterà di produrre riforme teoricamente valide, che restano puntualmente lettera morta, ma, chiedendo di riordinare il sistema, lo privano del tempo e della serenità necessari per lavorare sulla cosa più importante: la didattica.


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