Chat, insulti e l’inglese. La bufera Fioramonti
Ancora polemiche sul ministro Lorenzo Fioramonti. L’ultima accusa: aver scelto una scuola inglese per il figlio.
Alessandro Trocino
Ancora polemiche sul ministro Lorenzo Fioramonti. L’ultima accusa: aver scelto una scuola inglese per il figlio.
ROMA Nei mesi scorsi era stato contestato per aver sostenuto «il boicottaggio di Israele». Negli ultimi giorni era finito sotto accusa per la poi rinnegata «tassa sulle merendine» e per aver proposto di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche. Ieri il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti (M5S) è finito in mezzo a un fuoco concentrico, cominciato di prima mattina, con la pubblicazione di vecchi post social dal Giornale , e poi proseguito con l’accusa di avere scelto per il figlio una scuola inglese.
A metà giornata sui social l’hashtag #fioramontidimettiti risultava in prima posizione. Il centrodestra, dalla Lega a Forza Italia, si scatena contro il ministro, chiedendo un passo indietro. Ma nel coro delle dichiarazioni, se ne leva una di peso anche dal fronte della maggioranza. È Valeria Fedeli, l’esponente del Pd che lo ha preceduto al dicastero dell’Istruzione, a chiedere chiarezza: «Credo che il ministro debba spiegare al più presto. Il linguaggio d’odio, sessista, violento non è mai accettabile, ma quando viene utilizzato da chi si è assunto responsabilità importanti nei confronti del Paese e in particolare dell’istruzione, educazione e formazione delle nostre ragazze e ragazzi, è ancora più grave». Critico anche Matteo Renzi, sia pure su vicende diverse: «Il ministro della Pubblica istruzione si occupi di cose serie: non che il crocifisso non sia serio, ma si occupi di muri che restino in piedi, di edilizia scolastica. Ci risparmi le sue considerazioni sulle merendine e su cosa appendere a scuola».
Le accuse del Giornale riguardano alcuni post nel 2009 e nel 2013. Negli stralci pubblicati, Fioramonti se la prende con Berlusconi, definito «jettatore» e «nano»; con Daniela Santanché, «che straripa di chirurgia plastica» ed è «un personaggio disgustoso e raccapricciante». Con Renato Brunetta: «Una bella Italia sarebbe un Brunetta preso a manganellate dai carabinieri». Quanto basta perché ne chiedano le dimissioni un po’ tutti, da Giorgia Meloni a Roberto Calderoli, da Mariastella Gelmini a Giancarlo Giorgetti.
Come se non bastasse, le agenzie battono la notizia che Fioramonti ha scelto la scuola inglese per il figlio e ha deciso di non fargli sostenere l’esame di italiano. Seguono accuse di antinazionalismo.
Il ministro, a questo punto, decide di rispondere. Prima sulla scuola: «Non pensavo che vivere molti anni all’estero lavorando duro potesse essere usato contro di me». In effetti, Fioramonti ha vissuto a lungo in Sudafrica, ha una moglie tedesca e uno dei due figli, di 8 anni, che parla quattro lingue ma che «al tempo dell’iscrizione aveva ancora difficoltà a scrivere in italiano». Fioramonti annuncia un esposto al garante della privacy, «da cittadino e non da ministro»: «Mi domando come sia possibile che dati sensibili rispetto alla presenza di un minore in una scuola siano reperibili».
Poi la replica su insulti e accuse: «Mi si attacca non per il mio lavoro ma per mie opinioni di anni fa, scritte sulla mia pagina privata, di getto, e con toni di cui ovviamente non vado fiero (e per cui ho già chiesto scusa alla diretta interessata in forma personale)». Infine, la conclusione: «Se questi metodi sono pensati per spaventarmi, dico solo che io andrò avanti».
In sua difesa arrivano i deputati M5S della commissione Cultura: «Il ministro Fioramonti è sotto attacco per le sue proposte politiche. Dunque chi attacca il ministro attacca tutti noi. È sotto gli occhi di tutti il goffo e scorretto tentativo di individuare nella persona di Fioramonti la figura del ministro-bersaglio di questo esecutivo, facendo peraltro ricorso ad argomentazioni tanto futili quanto squallide e coinvolgendo un minore».