Cgil: “distratti” dal processo breve quando l’emergenza è il lavoro
Cortei a Roma ed Enna in vista dello sciopero del 6 maggio. E il 9 aprile in piazza con i giovani
Marco Tedeschi
La priorità del Paese deve essere «il lavoro e la riduzione della diseguaglianza, non il processo breve»: Susanna Camusso parla a Roma, alla manifestazione della Cgil di Roma e del Lazio, alla fine di un corteo che ha visto sfilare uomini e donne alle prese con una crisi che non risparmia il tessuto produttivo della Capitale. Anzi.
LA RINASCITA CHE NON C’È Si sono visti cartelli funebri, annunci di attività che cessano di esistere o di reparti ospedalieri che chiudono lasciando a spasso i lavoratori e senza servizi i cittadini. Si sono sentiti slogan per il lavoro e contro la guerra in Libia:15 mila, secondo la Cgil, i partecipanti al corteo che ha sfilato in città. La leader sindacale ha sottolineato come sia necessario «cambiare in fretta la politica» perché così il Paese «è messo male». «Perché il governo ha bisogno di distrarci e di dividere il Paese?» ha detto ribadendo che i «non si fa nulla per il lavoro. Non vogliamo - ha aggiunto - un Paese fermo nel quale cresce la sfiducia». La sfiducia e l’assenza di unfuturo porterà in piazza i giovani precari, il 9 aprile: la Cgil ha annunciato il suo sostegno, «perché questo è il tempo delle responsabilità. Perché se i giovani hanno bisogno di dire nello slogan il nostro tempo è adesso vuol dire che glielo abbiamo negato», spiega Camusso. La manifestazione romana è una delle tante che il maggiore sindacato ha messo in cantiere fino al 6 maggio, data dello sciopero generale. Ieri hanno manifestato anche a Enna, provincia sempre in coda alle statistiche (è terzultima per reddito pro-capite), città simbolo dei problemi che si vivono sull’isola. Basti pensare che il tasso di disoccupazione giovanile nella regione è al 38,5%, il 44, 2% quello delle giovani. In migliaia hanno chiesto lavoro, sviluppo, legalità, pace. Roma chiama Enna, dunque, per quella «rinascita del lavoro» che non si vede. Eppure, ha scandito Camusso, «se non si mette il lavoro al centro della politica questo Paese affonda e noi non lo vogliamo».