È la prima volta che il titolo accademico di 'dottore di ricerca' - equiparato a quello che dà l’abilitazione all’insegnamento - apre le porte a un concorso per una cattedra. Questa innovativa decisione dei giudici amministrativi, oltre a essere destinata a far discutere il mondo accademico, rischia di creare un nuovo ostacolo al 'concorsone' bandito nel 2016 (165mila partecipanti), il cui iter sta procedendo a passo di lumaca. In questo primo anno, infatti, le assunzioni (che riguardano il triennio 2016-2018), sono state finora pochissime. E non sono mancati i problemi.
La sorpresa: più 'titolati' i 'dottori di ricerca'. I crediti formativi universitari di un 'dottore di ricerca' sono tre volte superiori (145 contro 45) di quelli necessari per avere il Pas, il Percorso abilitante speciale. Nonostante questo, i 'dottori di ricerca' non solo non hanno accesso al concorso nazionale per le cattedre. Ma sono considerati dal Miur idonei appena per una supplenza, la cosiddetta terza fascia. La scoperta è stata fatta dallo studio legale Delia-Bonetti durante la causa giudiziaria. I magistrati della Giustizia amministrativa si sono resi conto dell'incongruenza e hanno equiparato i due titoli, equiparazione che al momento riguarda solamente i candidati che hanno deciso di rivolgersi alla giustizia amministrativa.
Due gli iter giudiziari. I ricorsi sono stati di due tipi. Il primo ha avuto un iter travagliato, quasi kafkiano e riguarda cinque candidati che si sono rivolti al Tar prima che scadessero i termini. Il Tar Lazio li ha ammessi con riserva, ma, dopo che hanno vinto il concorso, li ha esclusi. I cinque 'dottori di ricerca' si sono poi rivolti al Consiglio di Stato, ottenendo la riammissione in graduatoria, e dunque l'assunzione.
Il secondo ricorso. Altri 30 candidati si erano rivolti al Tar Lazio dopo la data ultima di presentazione della domanda di partecipazione. E i giudici non li avevano ammessi. Quindi anche loro hanno deciso di presentare