Catania, all'Università gli studenti pagano gli spazi pubblici
Si va dai 250 euro per l'affitto dell'aula più piccola ai 2000 per la più grande
Luiciana Cimino
È possibile monetizzare la libera espressione del pensiero degli studenti all’interno degli atenei? Secondo l’Università di Catania sì. Tanto che ha applicato un «tariffario» alle iniziative nelle facoltà della città siciliana. Lo scorso 25 maggio il Consiglio d’Amministrazione dell’Università ha approvato la «Disciplina relativa alla procedura relativa alla concessione degli spazi e dei locali dell' Ateneo, nonché il tariffario delle suddette concessioni». Sulla carta lo scopo è tutelare l’ingente patrimonio immobiliare di valore artistico sede delle facoltà. Nella realtà la necessità è quella di fare cassa. E così si va dai 250 euro per «l’affitto» dell’aula più piccola in orario diurno (di sera si sale a 500 euro) ai 2000 euro per ottenere le prestigiose sedi del Chiostro dei Benedettini o dell’Orto Botanico. A farne le spese ovviamente sono gli studenti. Impossibile pensare che un’associazione no profit, le sezioni studentesche dei partiti, i movimenti auto organizzati, i collettivi abbiano a disposizione quelle cifre. E difatti ad accorgersi della delibera, che non era stata comunicata, è stata «Ingegneria Fuori campo». Il 29 maggio gli studenti della facoltà avevano inoltrato, come di prassi, una richiesta all’amministrazione per l’organizzazione nel cortile della facoltà di un banchetto informativo sull’aumento delle tasse da tenersi il successivo 5 giungo per due ore. Il 4 giugno l’Università di Catania ha così risposto: «Considerato il carattere dell’attività, nonché il tempo di svolgimento della stessa, è necessario un contributo di 300 euro per l’uso del suddetto spazio, il nulla osta dei direttori dei dipartimenti in indirizzo, del dirigente dell’area della prevenzione e della sicurezza e la stipula di un’apposita convenzione». Alla mail si allegava un modulo standard, con cifra e Iban per il versamento. Immediata la reazione del movimento studentesco che la scorsa settimana ha occupato simbolicamente il Chiostro dei Benedettini. «Abbiamo convocato un’assemblea, che adesso ci costerebbe 2000 euro, con tutta la società civilespiega Andrea, di Lettere – dall’Arci, alle associazioni anti mafia, c’erano anche professori e ricercatori: chiunque ha sempre usufruito degli spazi universitari liberamente. Presentazioni di libri, dibattiti, incontri pubblici, concerti … l’Ateneo era il catalizzatore culturale principale della città». Alle proteste l’Università ha dapprima ha risposto che la delibera era stata emanata «nel pieno rispetto delle nuove norme sulla gestione degli spazi introdotte dalla riforma Gelmini». Poi il Rettore Antonio Recco il 14 giugno è tornato parzialmente sui suoi passi. Ha scritto infatti una lettera agli studenti di «Ingegneria fuori campo» nella quale comunicava: «Considerato che l’evento organizzato da codesta associazione è di interesse per la comunità studentesca, si revoca la richiesta di contributo». Solo quell’evento però. Solo per quegli studenti. Non per tutti. La delibera resta. E la toppa messa dal rettore secondo gli studenti è peggiore del buco, «il rettore adesso avoca a sé la possibilità di concedere gli spazi gratuitamente? Stabilisce lui cosa è “meritevole di attenzione per la comunità studentesca”? si chiede Alessandro Di Stefano, coordinatore dell’associazione di Ingegneria – ma è una cosa dittatoriale,darà mai il consenso per un banchetto contro le riforme universitarie? La discrezionalità nel consentire o annullare una manifestazione è sbagliata e pericolosa». Per questo la protesta non si ferma. Gli studenti chiedono all’ateneo un nuovo regolamento, intanto programmano altre iniziative e fanno girare un appello (già firmato, tra gli altri, dal cantautore Daniele Silvestri e da Domenico Pantaleo, segretario nazionale della Flc-Cgil). Nell’appello si evidenzia come «le disposizioni approvate dall’Ateneo costituiscono il più cruento attacco al carattere pubblico dell’Università, al suo carattere democratico ed al suo ruolo di libero polo culturale. Chiedere di pagare per organizzare attività culturali nei locali dell’Università non solo è liberticida ma rischia di svilire ancora di più il ruolo sociale dell’Istituzione accademica. Sancire che a pagare debbano essere anche gli studenti sancisce un attacco mortale alla democrazia. Si dovrà pagare per un banchetto informativo, per un’assemblea e per qualsiasi momento di discussione promosso dal basso dagli studenti che già finanziano abbondantemente l’Ateneo attraverso le loro tasse. L’Università dovrebbe essere il luogo della libera condivisione dei saperi, della libera discussione e della libera iniziativa, istituire un “tariffario” significa non solo distruggere tutto ciò, ma eliminare anche il principale motivo d’esistere dell’Università stessa». Ma i catanesi non sono ottimisti «tutto il peggio della riforma Gelmini è stato prima sperimentato qui». I tagli dell’università siciliana saranno l’esempio? Catania, all’Università gli studenti pagano gli spazi pubblici Studenti davanti all’Università ...