FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3800117
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Carta-La scuola dell'inquietudine-di Scipione Semeraro

Carta-La scuola dell'inquietudine-di Scipione Semeraro

La scuola dell'inquietudine Mettiamoci da un punto di osservazione esterno alla scuola e all'università per capire qualcosa di più delle cattive leggi, dei cattivi insegnamenti, delle pratiche at...

31/10/2005
Decrease text size Increase text size
Carta

La scuola dell'inquietudine

Mettiamoci da un punto di osservazione esterno alla scuola e all'università per capire qualcosa di più delle cattive leggi, dei cattivi insegnamenti, delle pratiche attuali dell'educazione.
LA prima impressione è che i nuovi maestri stanno altrove, è un errore pensare che si possa fare a meno di un sistema che produce e riproduce mentalità, senso comune per il futuro e che la descolarizzazione non abbia le sue radici in un processo complesso di sostituzione dei luoghi formativi. Si nasce esposti ai media, si cresce mettendo la propria vita nel sistema complesso dei consumi.
Media e consumi sono la nuova scolarizzazione di massa. Una produzione di senso conservativo, adatta a creare un modello di persona adattabile e flessibile, non strumento per "preparare alla vita", ma vita stessa, universo di simboli e grammatica di relazioni sociali già fatte.
Non che scuola e università non abbiano il loro spazio sociale, ma hanno sempre di più assunto il ruolo di accompagnamento di altre centralità formative, con una peculiarità. E' sempre più evidente che l'educazione "formale" abbia il compito di adattare e controllare i comportamenti sociali, aspetto difficile da realizzare nei mondi dei media e dei consumi, connotato fortemente dalla virtualità. Le istituzioni formative con finalità di crescita del pensiero critico diventano isitituzioni "totali" per evitare, per quanto possibile, la devianza dai comportamenti socialmente accettabili. Scuole di cattiva cittadinanza piuttosto che scuole di conoscenza che viaggiano di pari passo con la crisi della statualità e delle dinamiche profonde di formazione dello spazio pubblico come l'abbiamo conosciuto nel secolo passato.
Se questi processi si mostrano efficaci per la produzione di soggetti umani passivi, disponibili, manipolabili, ciò non toglie che la precarizzazione che si produce ha un effetto contraddittorio. Produce comunque un senso di disorientamento nel mondo, di incomprensione della complessità, e una profonda sofferenza. La condizione della precarietà infantile e giovanile è sicuramente il volto nuovo di una mutazione antropologica. Questa instabilità produce positivamente lo spazio del rifiuto e della rivolta. Ma non risolve il problema di una amputazione seria di futuro. I movimenti di questi anni fanno leggere in controluce questo fenomeno. Si è sviluppato nel mondo e nel nostro paese una formidabile contestazione dello sviluppo promesso dal capitalismo occidentale, questa contestazione si è sviluppata assumendo simboli e linguaggi propri della pervasività dei mondi dei media e dei consumi. Ha ribaltato i linguaggi.
La scuola e l'università sembrano estranei a questo fenomeno. Credo proprio per la loro marginalizzazione. I luoghi ordinari della produzione intenzionale delle conoscenze sembrano continuare nella loro strada, in parallelo ai mutamenti profondi della società occidentale. Questa discontinuità allarma sulla tenuta e il valore di alcuni tradizionali contenuti: la riforma della scuola e dell'università, il diritto allo studio, l'uso sociale della formazione, la formazione per il lavoro. Intendiamoci, non che questi obiettivi perdano il loro senso politico e sociale di fondo, come rivendicazione di un bene comune, in larga parte sottratto dal mercato, ma appaiono insufficienti per riparare al senso di precarietà e di incertezza nella costruzione della libertà.

Come imparare e come insegnare

Come imparare e come insegnare e se tutto questo ha una possibilità reale di funzionare come processo positivo di liberazione critica delle persone è la forma nuova della questione della formazione.
Voglio solo indicare due terreni di ricerca per costruire un discorso sulla formazione.
Bisognerebbe operare per una scuola dell'inquietudine, che è altro e di più di uno spazio per apprendere e sviluppare conoscenze utili, è un progetto per andare oltre lo sviluppo della curiosità intellettuale come energia e motore per la conoscenza. L'inquietudine è farsi carico delle cose e delle persone, è andare oltre il capire, è voler cambiare lo stato delle cose presenti.
Bisogna produrre un ambiente formativo che, mentre sviluppa e offre occasioni di conoscenza, incentiva un atteggiamento di responsabilità verso il mondo, un farsi carico degli effetti negativi dell'uso delle conoscenze.
La formazione dovrebbe sondare altre possibilità reali, nulla a che vedere con le utopie e i sogni: La conoscenza dovrebbe esercitarsi per offrire soluzioni razionali e argomentate a un uso della scienza e della tecnica, dell'esperienza storia e della capacità comunicativa non passivo, adattivo verso l'esistente.
LA formazione dovrebbe tendere verso uno spazio dell0intelligenza ma anche delle passioni e delle emozioni. Un dichiararsi estranei all'ideologia della neutralità dei saperi, farsi parte di un punto di vista sul mondo e di un'intenzione critica dell'uso delle conoscenze.
La predisposizione all'inquietudine nell'età della crescita è una grande risorsa dal portare nelle scuole e nelle università.
Ingegnarsi a ricostruire mappe di orientamento nel presente per reagire al nuovo analfabetismo, frutto di eccedenze informative, incapaci di dare diverso rilievo critico ai vari saperi. Invertire la tendenza alla comunicazione come creazione di un rumore di fondo che mortifica la comprensione dei problemi e disorienta.
Raccogliere con intelligenza l'eredità culturale del passato come ambito in cui i problemi, anche se con altri contesti, si sono posti e hanno trovato soluzioni. Tutt'altro che un atteggiamento elitario verso il sapere disinteressato e la cura dei classici, ma la fruizione delle esperienze passate come esercizio sui contesti culturali e sulla relatività culturale delle soluzioni. Insomma portare più scienza nella fruizione dell'eredità storica e più storia enlla considerazione delle "verità scientifiche".
Acquisire una vista poliversa, attenta alle differenze, abbandonando la tentazione di ridurre a sé stessi il punto di vista sulla realtà. Cominciando dalla differenza più radicale della condizione umana, quella di genere, ricomprendendo il mondo al maschile e al femminile. Oggi la cultura porta il segno della struttura profonda patriarcale della storia. Anche in questo caso le conoscenze non sono neutre, i linguaggi sono marcati dalle differenze, dai punti di vista e dalle diverse grammatiche che il maschile e il femminile, l'occidente e gli altri mondi hanno prodotto nella storia.
E' utile imparare nelle scuole e nelle università ad immaginare altre possibili combinazioni delle cose del mondo, degli uomini e delle donne. Fare della conoscenza lo strumento dell'apertur5a possibile piuttosto che addestramento all'esistente.
Non sembri tutto questo astratto, da ogni considerazione può essere estratta una riforma. Una riforma radicale e concreta della formazione.
Penso che bisogna ricombinare la conoscenza con l'etica civile, con un'assunzione di responsabilità verso la realtà. Si può essere intelligenti a destra e a sinistra, ma a sinistra bisogna sviluppare il senso della giustizia, la passione per il cambiamento. Bisogna disintossicarsi dalla scuole della competizione e ritrovare l'equilibrio tra ciò che è utile e ciò che è giusto.
L'altra grande sfida da realizzare nei luoghi della formazione è la reinvenzione costante della democrazia. La scuola è il primo esercizio in cui si apprende più o meno consapevolmente la cittadinanza. In questa situazione si può concorrere a liberare l'idea di democrazia dalla naturalità, dall'assolutezza della nostra cultura.
Si può rifiutare l'idea che la democrazia sia una divinità già tutta data, da esportare ad altri, fino all'imposizione violenta con le armi e la guerra. Bisogna lavorare al rifiuto dell'idea sacrale della nostra civiltà.
Voglio spiegarmi con un esempio: il biliardo, un gioco con regole, un campo verde, degli attori, dei fini, uno sviluppo regolato, se vuoi giocare tutto è dato, salvo l'esito e lo scopo. Così vorrebbero imporci l'idea della democrazia, come un fatto.
La democrazia invece è un gioco di biliardo a piano inclinato e mutevole, le regole mutano con il mutare dell'orientamento del piano inclinato, il gioco cambia ogni volta che cambiano i giocatori, la democrazia è anche la necessità di cambiare le regole in una relazione positiva e costante con tutti gli altri, mescolando e confrontando valori, idee, visioni del mondo.
A scuola bisogna imparare questa abilità difficile a costruire la democrazia, come frutto di relazioni sempre più ampie e mutevoli. Perciò la formazione deve essere uno spazio pubblico, per conservare questa possibilità al meticciato.
Se la formazione diventa estroflessione delle famiglie e delle comunità di riferimento, non solo fallisce lo scopo di formazione alla cittadinanza, ma crea l'atmosfera di guerra fra le differenze, alimenta la demonizzazione dell'altro.
Con alcune ideee robuste si possono anche cambiare le cose quotidiane, credo però che manchiamo del coraggio di alcune buone idee robuste; così vorrei intendere la riforma della formazione. Bisogna provarci.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL