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Carrozza: «il 2014 sarà l'anno dei giovani ricercatori»

Intervista alla ministra dell'Università: «Nel 2014 fondi per i giovani laureati»

19/08/2013
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l'Unità

Adriana Comaschi

Il 2014 come «anno dei giovani ricercatori », con fondi concentrati su di loro, la cifra verrà illustrata a fine estate. E nuovi criteri di erogazione delle risorse del ministero, «ogni euro che ne uscirà sarà oggetto di una valutazione degli stessi ricercatori». Così la ministra Maria Chiara Carrozza disegna il suo rilancio per istruzione e ricerca, alla luce dell'ultima classifica internazionale degli atenei.

Le università italiane arretrano nella valutazione Arwu. Un segnale d'allarme? «Quello studio ci dice che non c'è un investimento sufficiente nel sistema universitario, non abbiamo programmi di ricerca veramente forti e abbiamo sempre tagliato il Fondi di Finanziamento Ordinario. Certo il taglio dei fondi non è un metodo per rilanciare il sistema. Poi magari non basta aumentarli, servono anche riforme serie e selettive ».

Il rettore di Pisa parla di «scelte miopi dei governi», un atto d'accusa... «Possiamo dire che se si vuole rilanciare il sistema si dovrebbero ad esempio prendere le cinque migliori università e dare loro un finanziamento straordinario di potenziamento. Di certo il nostro esecutivo ha come obiettivo il rilancio di istruzione e ricerca, anche per il sostegno all'occupazione giovanile».

Letta ne ha parlato dal Meeting di Rimini. Ma c'è già un piano? «Sì, lo stiamo predisponendo. È un piano che guarda ai ricercatori, alla loro carriere e alla loro indipendenza: premieremo gli atenei che danno maggiore indipendenza ai giovani ricercatori, che li fanno coordinatori e responsabili di progetto. E chi pubblica senza il proprio supervisore di dottorato, pervalorizzare la loro proprietà intellettuale. Vorrei puntare sull'empowerment, un rafforzamento del ricercatore come figura di leadership, una novità per l'Italia. Credo che le persone reclutate con nuovi metodi più internazionali, capaci di attirare fondi e pubblicazioni internazionali, siano quelle che possono salvare il sistema universitario italiano». Il progetto è finanziato? «Pensiamo di concentrare lì risorse già disponibili, l'entità la renderemo nota a fine estate. Perché non si può parlare solo di Imu: sono contenta che il dibattito su questa classifica abbia riportato l'attenzione su istruzione e ricerca. Senza cui non c'è rilancio del paese».

Tornando alla classifica Arwu, diceva che non è solo questione di fondi. Cosa altro occorre per invertire la tendenza? «C'è anche un problema di selezione dei fondi, che non possono essere più ' a pioggia' ma devono concentrarsi su alcune idee, su obiettivi. Ad esempio noi pensiamo di fare del 2014 l'anno dei giovani ricercatori: questo significa dare loro maggiori risorse, avere una linea di indirizzo. L'età di maggiore produttività è tra i 30 e i 40 anni, se noi mortifichiamo i nostri ricercatori è l'intero sistema che non proseguirà. Ma vorrei valorizzare anche la ricerca in campo umanistico: è necessario un piano complessivo del sistema di istruzione superiore».

Obiettivo ambizioso, su cui si sono arenati molti suoi predecessori. E l'esecutivo non è certo della propria durata... «Credo conti anzitutto selezionare la qualità: dobbiamo finanziare la buona ricerca in qualunque settore, di base o applicata che sia. Quindi occorre una valutazione tra pari, con i ricercatori che valutano se stessi in modo obiettivo e trasparente: ogni euro di fondi che usciranno dal mio ministero sarà valutato in questo modo. Quanto al governo, l'importante è gettare i semi, dare appunto un indirizzo. E andare contro una sistema piramidale in cui i giovani non riescono a emergere. È molto vero quello che ha detto il presidente Napolitano nel messaggio a Rimini: occorre ridare loro fiducia e spazio, ricordiamo che l'Italia del dopoguerra è stata rilanciata dai trentenni. La percentuale di disoccupazione giovanile, questo non ci fa dormire la notte».

Che scadenze vi date? «C'è il Piano nazionale della ricerca, per cui ci coordineremo con gli altri ministeri - Salute, Agricoltura, Sviluppo - che conterrà queste linee di indirizzo, e sarà la base per i finanziamenti europei che ora partono. Vogliamo un obiettivo di sviluppo coerente, per avere più occupazione giovanile, più laureati, per combattere la dispersione scolastica. Guardiamo alle valutazioni Ocse al nostro sistema di Istruzione e ricerca, alle classifiche sulle competenze di giovani e adulti, sul numero dei ricercatori. Il motto del commissario Ue per ricerca e sviluppo è "seleziona, investi, trasforma". Noi dobbiamo ancora svolgere il primo punto. Così risaliremo nelle classifiche Ocse, che sono quelle che per me veramente contano». Dubbi sull'attendibilità dell'Arwu? «Sappiamo che quella classifica premia certi tipi di parametri, indicati chiaramente e noti, dunque un certo tipo di atenei. E allora o noi creiamo un'università che ha la stessa libertà di reclutamento e di accesso ai finanziamenti, privata, che costa tantissimo, o sappiamo che non saremo mai primi in quella graduatoria. Certo, possiamo risalire se investiamo molto su certi parametri. Ma teniamo conto che c'è una bolla sul debito formativo degli studenti Usa, mancano 1200 miliardi: non trovano infatti lavori che ripaghino gli studi in questi atenei primi in classifica e costosissimi. Forse allora questo sistema è vicino a un punto di rottura, e noi dobbiamo dare una risposta europea, con atenei che costano meno e hanno parametri diversi, più adatti al mondo che cambia»_


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