Caro Profumo, il concorso è pubblico o riservato?
Pino Patroncini
Chi sa di scuola e di pubblico impiego sa che esistono concorsi pubblici e concorsi riservati.
Normalmente quelli pubblici, come prescrive l’articolo 97 della Costituzione, che ne fa una questione di oggettività e di eguaglianza dei cittadini nell’accesso agli incarichi pubblici, sono aperti a tutti, cioè a chiunque voglia parteciparvi, posto, naturalmente, che abbia i requisiti legali (titolo di studio appropriato, fedina penale pulita , rispetto dei limiti minimi e massimi di età, cittadinanza una volta italiana oggi europea ecc.).
I concorsi riservati sono normalmente riservati a personale che appartiene già alla medesima amministrazione e voglia o passare da una qualifica ad un’altra o, essendo precario, passare a tempo indeterminato. Abbiamo avuto concorsi del primo tipo soprattutto tra gli ATA ( ma anche i concorsi a dirigente scolastico pur essendo considerati pubblici potrebbero esservi annoverati, visto che pescano tra il personale docente provvisto di una certa anzianità) e del secondo tipo tra i docenti (le abilitazioni riservate con graduatorie altrettanto riservate o, se preferite, le cosiddette sanatorie).
Bene: il concorso che viene bandito oggi dovrebbe essere pubblico, ma in realtà non lo è.
Non lo è, non tanto perché dovrebbe essere riservato ai soli abilitati: la legge è cambiata nel 1998 ed ha aggiunto un requisito in più, cosa spiacevole per molti, ma fino a qui legale, dal momento che da allora in poi il percorso universitario avrebbe dovuto chiudersi, per chi intendesse dedicarsi all’insegnamento, con un’appendice abilitante. La cosa tuttavia è stata bloccata alcuni anni fa per la scuola secondaria, e non per la primaria e la scuola dell’infanzia, come se niente fosse, senza rendersi conto dei disguidi che si creavano nonché delle disparità di trattamento tra i due gradi di scuola. Risultato: sono esclusi tutti coloro che si sono laureati senza poter partecipare da alcuni anni a questa parte a questa appendice abilitante che non c’era più, mentre sono inclusi tutti coloro che, pur non essendo abilitati, si erano laureati prima della legge (cioè fino al 1998) o che erano già in corso di laurea (cioè fino al 2002 se il corso era quadriennale o al 2003 se era quinquennale), ivi compresi per la scuola elementare e materna i diplomati iscritti all’istituto magistrale fin dall’anno scolastico 1997-98 ( compresi eventuali ripetenti terminanti oltre il 2002).
Già questo la dice lunga sulla correttezza della dizione “concorso pubblico”, oltre che sulla caratterizzazione giovanile di questo concorso che vedrà tra un paio d’anni (tanto ci vorrà svolgerlo) entrare in ruolo “giovani” laureati al minimo trentasettenni, sempre che riescano a “soffiare” spietatamente il posto ai loro colleghi ultraquarantenni ancora precari, alla faccia del preteso ringiovanimento della categoria, oltre che della solidarietà sociale.
Ma, a parte ciò, il concorso non è pubblico innanzi tutto perché il bando – si badi bene, il bando, non una legge o un decreto delegato – prevede che non possano parteciparvi coloro che occupano già un posto a tempo indeterminato nella scuola statale. Cioè non può parteciparvi un bidello o un lavoratore delle segreterie scolastiche che si sia laureato per tempo ma che finora non abbia avuto la fortuna di entrare nell’insegnamento, può invece parteciparvi qualsiasi altro lavoratore pubblico e privato. Non può parteciparvi un maestro elementare che, poniamo laureato in lettere o matematica, voglia tentare di entrare nella scuola secondaria. Non può parteciparvi un insegnante di lettere di un istituto tecnico o professionale che voglia andare insegnare lettere con latino in un liceo. Naturalmente invece può parteciparvi un insegnante a tempo indeterminato della scuola privata. Posso parteciparvi persino io che essendo già in pensione e non avendo raggiunto il limite di età che impedisce l’accesso al concorso non occupo un posto statale. Insomma come al solito ( e come avevo pronosticato in un’altra cosa scritta poco tempo fa),-diciamola giusta- per “evitare gente più vecchia “ si mettono “pezze” che sono peggiori del buco. Talmente peggiori che questa da sola, portata davanti ai TAR, è in grado di produrre il blocco del concorso stesso.
E poi ci sono le altre misure contraddittorie che potremmo definire minori.
Il bando continua a parlare di una prova pre-selettiva. Ora, se non mi ingannano la logica e la linguistica (ah, lo strutturalismo!) , il prefisso “pre” vuol dire prima. Prima di che? Prima del concorso. E quindi è una prova extra- concorso, tesi avvalorata dal fatto che il concorso prevede di norma due prove, una scritta e una orale. Allora al concorso non parteciperanno tutti ma coloro che avranno superato una pre-selezione e quindi non tutti coloro che hanno titolo per legge a parteciparvi, ma coloro che hanno titolo a parteciparvi ad libitum dell’amministrazione , che stabilirà pre-selezioni più o meno difficili a seconda delle bisogna, anche se in base a un criterio oggettivo quanto si vuole.
Si aggiunga che la legge a cui si ispira il concorso ( decreto legislativo 460/1998)prevedeva che potessero partecipare al concorso, in caso di numeri di ammissione inferiori al triplo dei posti messi a concorso ( e qui – tanto per complicarci ulteriormente la vita- sarebbe interessante capire se prima o dopo la pre-selezione), anche i laureati successivi al 2002-2003. Ma chi ha scritto il bando questa clausola scritta nella legge l’ha dimenticata nella penna, pur sapendo che nelle recenti preselezioni dei TFA la spietata legge della selezione ha creato più di un caso in tal senso, costringendo l’amministrazione a cancellare intere serie di quesiti per salvare la situazione. Ecco dunque altri potenziali esclusi che potrebbero legge alla mano rivendicare l’inclusione almeno potenziale.
Un’altra disparità di trattamento: come si è già detto, per i diplomati dell’istituto magistrale è previsto che l’anno di riferimento per l’accesso non sia solo quello finale 2002-03 ma anche quello iniziale 1997-98, in altre parole salvaguardando gli eventuali ripetenti nel percorso scolastico, ma la stessa cosa non è prevista per i fuori corso dell’università iscritti nel 1997-98. E’ una disparità prevista nella legge del 1998 e stavolta non è colpa di chi ha steso il bando, ma è pur sempre una disparità che potrebbe persino comportare l’incostituzionalità del D.Lvo 460/98.
Infine l’ultima esclusione contenuta nella legge stessa: tra i non abilitati non tutti coloro che supereranno il concorso, cioè l’esame, saranno abilitati, ma solo coloro che vinceranno cattedra e saranno assunti. E’ una cosa ridicola che il titolo professionale non dipenda dalla prova d’esame e neppure, badate, dal superamento del periodo di prova, ma dalla casualità, tutt’altro che improbabile, della assunzione. Tutt’altro che improbabile perché, per fare un esempio, con 6 posti di matematica e scienze messi a concorso in Liguria e 68 in Sicilia è pressochè sicuro che un risultato più alto non darà luogo ad abilitazione a Genova mentre uno più basso lo darà a Palermo. Ed anche questo mi pare assai poco costituzionale.
Sono sicuro che queste obiezioni sono state più volte sollevate ed anche da più parti. Ma ho l’impressione che nei corridoi del Ministero ed anche in quelle del Parlamento, visto che un Decreto legislativo supera controlli parlamentari, si siano fatte le spallucce di fronte a queste obiezioni. Allora però non lamentiamoci se l’amministrazione di questo paese la debbono fare i Giudici e non i Ministri e i Parlamentari!