Caro premier: ecco perchè protestiamo
I motivi della protesta riassunti da Giovanni Cocchi, insegnante bolognese, uno dei cinque contestatori che ha incontrato il premier Renzi alla fine della festa dell'Unità di Bologna: non bastano 100mila assunzioni a risolvere i problemi, no alla chiamata diretta, perplessità sul 5 per mille da donare alle scuole, in pericolo la libertà d’insegnamento.
![Decrease text size](/images/makeTextSmaller.jpg)
![Increase text size](/images/makeTextBigger.jpg)
Alessandro Giuliani
"Gli abbiamo contestato il fatto che non sono 100mila insegnanti, dei quali 50mila che già lavorano che possono risolvere i problemi della scuola, il fatto della chiamata diretta da parte del dirigente che va contro la libertà d'insegnamento e la possibilità di devolvere il 5 per mille alle scuole che potrebbe ingigantire le differenze e ammazzare le ong. Gli abbiamo chiesto di fare un decreto che garantisca le assunzioni dei precari indipendentemente dal ddl e gli ho ricordato che ha giurato sulla Costituzione e, quindi, sulla libertà d'insegnamento". Così si è espresso Giovanni Cocchi, insegnante bolognese di scuola media, uno dei cinque contestatori che a Bologna Bologna ha incontrato il premier Renzi alla fine della festa dell'Unità, raccontando i particolari all’Ansa.
Per il docente, l’incontro con Renzi è motivo di soddisfazione. Però non sembra aver portato ad alcun risultato. "Quella di Renzi è stata una prova d'ascolto, non sappiamo quanto dettata dalla propaganda, visto che nei luoghi propri, ovvero il Parlamento, questa capacità d'ascolto non c'è. La distanza fra noi è rimasta immutata e non può essere accorciata da un colloquio", ha concluso il prof con un filo di amarezza.
L’impressione è che le posizioni di Governo e contestatori sono troppo distanti per essere colmate. Se almeno una delle due parti non cede, il pericolo dello scontro ad oltranza rimane altissimo.