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Carlino-L'inglese di Silvio e il lumbard di Umberto

L'inglese di Silvio e il lumbard di Umberto Tra un invito a colazione a Sergio Cofferati e l'impegno a togliere le prostitute dalle strade, Silvio Berlusconi ha fatto anche un altro annuncio...

11/07/2002
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Il Resto del Carlino

L'inglese di Silvio
e il lumbard
di Umberto

Tra un invito a colazione a Sergio Cofferati e l'impegno a togliere le prostitute dalle strade, Silvio Berlusconi ha fatto anche un altro annuncio al "Maurizio Costanzo show". Ha detto che da settembre spera d'introdurre nelle scuole lo studio dell'inglese già dalla prima elementare. Notizia non da poco e perciò la recuperiamo. Renderà felici i genitori che si dissanguano per mandare i figli nelle scuole americane. Solleverà le mamme che passano la giornata in auto tra la piscina, il tennis e la British school dei pargoletti. E sarà apprezzata certamente anche dai più che non appartengono né alla prima né alla seconda tipologia sociale. Incuriosirebbe sapere che ne pensano, invece, le famiglie "padane". Quelle votate al verbo delle Lega e rappresentate da deputati, senatori, assessori regionali e comunali che in questi giorni stanno rinfocolando la battaglia per un nuovo rinascimento del dialetto. Quelli, insomma, che chiedono cartelli stradali in duplice lingua: italiana e locale. Che propongono sgravi ai negozianti milanesi se installeranno insegne in vernacolo. O che sostengono il progetto di un Tg del Nord, "non più schiavo di Roma", ma spalmato di parlata indigena. Chissà, forse neanche loro avranno nulla da obiettare. Forse capiranno che l'introduzione dell'inglese contestuale a quella dell'idioma caro al cuore non è contradditoria. E' solo un apparente paradosso. Perché, come dice Umberto Bossi, in tempi come i nostri si deve "pensare locale, agire globale". Del resto anche uno che sta su sponde opposte, cioè Walter Veltroni, ha sposato come slogan la "glocalizzazione", orribile sintesi di globalizzazione e localizzazione. Forse è questo il modo giusto per sopravvivere a un mondo che ci può fagocitare: dominarlo con l'inglese e mantenere le radici col dialetto. E' un modo per non perdersi, per conservare identità, così si dice. Ma l'identità, ricorderebbe Ciampi, è anche quella nazionale e una lingua comune serve a cementarla. E qui a qualcuno sorge un dubbio. Già oggi la pratica dell'italiano è un po' precaria. Reggerà, domani, alla pressione del lumbard di Berghem (in italiano: Bergamo) e a quella dell'inglese introdotto a scuola dopo le vacanze? A proposito: il "premier" dice che le passerà in Sardegna facendo "footing" (in italiano: corsa o marcia).


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