Cara università, ecco il primo esame i conti in tasca a chi deve scegliere
Studenti in allarme: città per città, la mappa dei possibili aumenti
SALVO INTRAVAIA
ROMA
— Architettura o ingegneria, lettere o lingue? Per 500mila studenti che hanno appena finito la maturità è già scattato il rebus della scelta universitaria. Ma, con il rientro dalle vacanze, molti si troveranno di fronte a una brutta sorpresa. Da Milano a Palermo potrebbero scattare aumenti stellari delle tasse. E l’iscrizione diventare proibitiva anche per le matricole. Questo almeno temono gli studenti dell’Unione degli universitari che, sulla scorta dei provvedimenti contenuti nel decreto 95, hanno elaborato una simulazione degli incrementi possibili per ogni ateneo, in seguito alla norma che ridisegna il calcolo del tetto del 20 per cento. Ovvero del rapporto fra i contributi versati dagli studenti e il finanziamento erogato dallo stato agli atenei. «È liberalizzazione selvaggia», denuncia l’Udu.
Il meccanismo - disegnato nel ‘99 per evitare un incremento incontrollato delle tasse - ora potrebbe saltare. Dati alla mano, i timori non sembrano infondati. Anche perché parecchie università con le casse al lumicino sono costrette a rivolgersi agli studenti e alle famiglie per recuperare liquidità. I conteggi dell’Udu sono preoccupanti: diventa praticabile un aumento medio del 76 per cento delle tasse, pari a 654 euro a studente per anno. Uno colpo mortale che potrebbe spingere le famiglie in difficoltà a rinunciare del tutto all’iscrizione.
«L’aumento ipotizzato — spiega Miche Orezzi, coordinatore nazionale dell’Udu — riguarda tutti gli studenti, ma in realtà per fuoricorso e extracomunitari non ci sarà più alcun limite. Si tratta di una liberalizzazione mascherata delle tasse studentesche». Per questo, sindacati e forze politiche hanno chiesto al premier di ripensarci e accettare modifiche al decreto.
La norma che vigeva prima della spending review agganciava le tasse richieste dalle segreterie al Fondo di finanziamento ordinario che lo stato eroga a ogni ateneo. Nel 2011, 36 atenei su 61 sforavano lo sforavano, mentre la restante parte si manteneva di poco al di sotto. Ma la revisione della spesa rivoluziona tutto: per il futuro, dal computo della contribuzione studentesca verranno stralciate le tasse versate dai fuori corso (un
terzo del totale) e dagli studenti extracomunitari. Un artificio che ridimensiona l’indicatore e consente agli atenei di aumentare l’importo richiesto e che trasforma, di colpo, in regolari 28 dei 36 atenei “fuorilegge”.
A questo punto, gli studenti si sono messi al lavoro per capire cosa riserverà il futuro. E quello
che temevano si è materializzato attraverso i numeri. L’università di Pavia, al 24 per cento e per questa ragione condannata dal Tar a restituire agli studenti quasi 2 milioni di tasse «non dovute », secondo la simulazione, passerebbe al 16,8 per cento di quel tetto. E il Politecnico di Torino, l’ateneo fino a qualche mese
fa retto dall’attuale ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, dal 22,7 per cento al 7,4.
Questa variazione permette agli atenei di incrementare le tasse anche per chi è in regola. Perché, se il Politecnico di Torino dalla nuova percentuale volesse attestarsi al 20 per cento ammesso dalla legge potrebbe chiedere agli studenti altri 18 milioni di euro, oltre ai 27 incassati adesso, che si tradurrebbero in 2.469 euro ogni anno chiesti a ogni studente in corso. Alla Sapienza di Roma, le tasse potranno lievitare del 112 per cento: 1.124 euro a studente. Una vera batosta. «Il governo — prosegue Orezzi — sta uccidendo l’università pubblica. Scaricare oltre 600 milioni di euro sulle spalle degli universitari è di una gravità senza precedenti: siamo pronti a scendere in piazza e a ricorrere alla Corte costituzionale: non lo accetteremo».