Caos scuola: ormai sono i Tar a decidere il rientro in presenza delle superiori
L'ultimo caso in Emilia Romagna. Milano occupa. E gli studenti comprano i tamponi. Sit-in a Roma e Bari
Roberto Ciccarelli
Le riaperture in presenza delle scuole superiori abbandonate dal governo sono decise dai Tar. Dopo quello della Lombardia che ha sospeso l’ordinanza del presidente Fontana e ha disposto il rientro al 50% in presenza, vanificato probabilmente dalla «zona rossa», ieri il Tar dell’Emilia Romagna ha anticipato quello di 197 mila studenti dal 25 a lunedì 18 quando torneranno in classe 800 mila studenti di cinque regioni (256 mila nel Lazio, 13 mila in Molise, 176 mila in Piemonte e 199 mila in Puglia). Tutti si alterneranno al 50% tra didattica in presenza e online. Se la pandemia diventerà ancora più grave non è escluso che un altro Dpcm riporterà la didattica a distanza al 100%.
Quella emiliano-romagnola è l’ultima di una serie di sentenze. Primo è stato il Tar Puglia che ha confermato l’approccio del presidente Emiliano sulla «didattica a scelta»: le famiglie decidono se inviare o no i figli a scuola. Poi quello della Calabria che ha riaperto elementari e medie. L’intervento della magistratura amministrativa è la conseguenza del conflitto tra il governo e le regioni che, pur avendo stabilito prima di natale un accordo sulla riapertura prima il 7, poi l’11 gennaio, non sono riusciti a stabilire un coordinamento anche sulla base dei dati epidemiologici. Risultato: ci sono regioni come il Veneto che riapriranno il primo febbraio, mentre altre come la Campania lo faranno il 25.
«Ritengo incomprensibile come si possa affidare a singole ordinanze regionali e ad altrettante singole sentenze dei Tar regionali la soluzione della questione scuola, così cruciale per il paese – ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna, presidente della conferenza delle regioni, Stefano Bonaccini – C’è un problema epidemiologico. Da domenica tre regioni diventeranno rosse, o meglio due regioni e la Provincia autonoma di Bolzano e 12 regioni arancioni. Dalle 5 che erano se ne aggiungono 7 in arancione e due regioni e una provincia autonoma in rosso, tra cui quella Lombardia che ha visto poche ore fa un pronunciamento del Tar, come quello dell’Emilia-Romagna, per riaprire le scuole mentre da lunedì non solo la Lombardia non riaprirà le superiori ma sarà costretta come da Dpcm a chiudere anche in presenza seconda e terza media. In Sicilia c’è un pronunciamento del Tar che da ragione alla regione invece che darle torto».
La Flc Cgil ieri ha lanciato un nuovo appello per modificare la causa politica di questo caos: il decreto legge 33/20 con il quale il governo ha riconosciuto alle regioni il potere di varare «misure derogatorie, ampliative o restrittive » rispetto ai Dpcm. «La misura è colma – sostiene il sindacato – Il rinvio dell’apertura delle attività didattiche era e deve essere del governo senza delegare più nulla alle regioni. Chiediamo a governo e Parlamento di cancellare da subito i poteri inopinatamente attribuiti alle regioni anche sulla scuola. Questo sta conducendo verso forme di autonomia differenziata, è il pericolo più grave per il sistema nazionale di istruzione e per l’unità del paese».
Continuano i sit in per la riapertura in presenza delle superiori. A Bari, in piazza dell’Economia, ieri c’è stata una manifestazione degli studenti di 14 scuole. «Non vogliamo essere e mai saremo un esperimento politico» hanno detto. Qui uno striscione diceva: «Né dad né presenza, la scuola è un’urgenza». A piazza del Popolo a Roma lezioni in piazza. A Milano sono stati occupati i licei Severi-correnti e il Tito Livio. Studenti dentro il Volta e presidi al Tenca e all’istituto Albe Steiner. Al Severi gli studenti con il movimento «Priorità alla scuola» hanno fatto quello che la regione, e il governo, avrebbero dovuto fare già da settembre: i tamponi. Li hanno acquistati con una colletta. «Peccato che in una città in piena pandemia li abbiano dovuti acquistare da soli e abbiano dovuto convincere una mamma medico a somministrarglieli» sostiene Priorità alla scuola. Sulle cancellate dell’istituto, sono stati esposti striscioni : «Sospesi a oltranza, rimandateci a scuola» e «Scuola aperta in sicurezza». Dopo dieci mesi non sarà facile. In 25 hanno dormito nella palestra del Severi con i sacchi a pelo.