Campania, uno smacco alla libertà d’istruzione
Sono i nostri bambini e ragazzi, i nostri figli e le nostre figlie di tutte le età, a pagare l’inefficienza del governo della Regione che non è in grado di intervenire sulla sanità, sui trasporti, sulla stessa scuola, incapace a predisporre tamponi e che cerca nei più innocenti il capro espiatorio a un fallimento coperto da una propaganda quotidiana
Paolo Vittoria *
Nelle fantomatiche dirette del presidente della Regione Campania, ormai mancano solo le musiche di Morricone a creare l’atmosfera giusta da film western. Appare evidente che questo politico di vecchia data dallo stile tradizionalmente sobrio si sia trasformato, secondo il principio della metamorfosi comunicativa, in un abile attore di se stesso, recitando la parte dell’uomo deciso, che non ha paura di nulla, che sa comandare, che “non deve chiedere mai”, arricchendo il suo repertorio con picchi di squallida ironia e battute da cabaret. A dire il vero, lo stile comunicativo di bassa qualità non ha nulla da invidiare a personaggi come Trump, Bolsonaro o lo stesso Salvini.
La sua ennesima ordinanza, di stampo chiaramente antidemocratico, impone la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado oltre che dell’università ad attività in presenza fino al 30 ottobre. Immaginiamo che la data sia fittizia e che possano esserci proroghe all’infinito facendo in modo che il “popolo” penda sempre e comunque dalle labbra del suo “eroico governatore”. Come vuole il copione, l’ordinanza è stata preceduta da una serie di minacce che si sono susseguite nei giorni scorsi terrorizzando il popolo inerme.
Lo smacco alla libertà di istruzione dei nostri ragazzi non sta solo nelle modalità grottesche, ma anche e soprattutto nel merito dei contenuti. Si legge nell’ordinanza n.78, che sembra essere scritta in fretta e furia per far uscire a caldo il documento dopo la diretta: «In tutte le scuole dell’infanzia sono sospese l’attività didattica ed educativa ove incompatibile con lo svolgimento da remoto». Oltre a un evidente errore di concordanza, c’è una questione molto più grave a livello semantico: si da per scontato che la scuola dell’infanzia sia compatibile con lo svolgimento da remoto.
In più di un’occasione, ho avuto l’opportunità di risaltare i vantaggi e le ampie possibilità dell’educare a distanza, laddove strategicamente integrato a un lavoro sul territorio. Sono tante le esperienza storiche dalla radio, alla tv, e più recentemente il web, che mostrano aspetti innovativi e capaci di umanità. Va detto, però, che – mentre possono avere una certa efficacia con giovani e adulti – sia assolutamente improponibile per bambini piccoli che hanno evidentemente più bisogno degli altri di vicinanza, sostegno emotivo, corporale, affettivo.
In ogni caso, senza voler minimizzare l’emergenza difficilissima che stiamo vivendo, va detto che sono i nostri bambini e ragazzi, i nostri figli e le nostre figlie di tutte le età, a pagare l’inefficienza del governo della Regione che non è in grado di intervenire sulla sanità, sui trasporti, sulla stessa scuola, incapace a predisporre tamponi e che cerca nei più innocenti il capro espiatorio a un fallimento coperto da una propaganda quotidiana divenuta ormai stucchevole oltre che irrisoria.
La vera ragione dell’ordinanza n.78 sembra essere il sovraffollamento dei trasporti pubblici piuttosto che i contagi nelle scuole. Allora, perché oltre a esibirsi in strabilianti dirette, non c’è stato un altrettanto energico intervento proprio in questo ambito? Parte dei finanziamenti predisposti per l’emergenza potrebbe essere destinata alle scuole affinché mettano in atto un sistema autonomo di trasporti per chi non ha la possibilità di recarsi a scuola con mezzi propri. Eppure, proposte come queste non sono neanche in discussione. Come va detto che la scuola, per il poco che abbiamo visto, non ha fatto molti passi in avanti, restando ancorata a un modello per lo più avulso dal bisogno di dialogo, espressione, sostegno emotivo e psicologico di cui hanno i ragazzi in un momento storicamente drammatico.
Del resto, in certi casi, risolvere o quantomeno affrontare i problemi non serve. Fa molto più comodo la tensione dell’emergenza perché aumenta in modo esponenziale il potere sul “popolo” che dipende sempre più dalle ordinanze, dalle decisioni, ma anche dall’umore del supposto “leader”.
Difficile vedere la luce in fondo al tunnel, a meno che non si toglie la maschera a questo tipo di strategia politica che sta facendo in brandelli il nostro vivere democratico, di cui la scuola è un pilastro irrinunciabile.
* docente di Pedagogia alla Federico II di Napoli