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Camera:Il nuovo percorso a Y delle lauree-Parere favorevole approvato dalla VII Commissione e parere contrario dell'opposizione

Schema di decreto in materia di autonomia didattica degli atenei (Atto n. 361). Schema di decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca concernente "Modifiche al regolamen...

22/06/2004
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Schema di decreto in materia di autonomia didattica degli atenei (Atto n. 361).
Schema di decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca concernente "Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509"

Camera dei Deputati
VII Commissione permanente
(Cultura, scienza e istruzione)

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE in data 16 giugno 2004

La VII Commissione,
esaminato lo schema di decreto ministeriale concernente modifiche al regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei approvato di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
premesso che la riforma degli ordinamenti didattici universitari, introdotta con il decreto ministeriale n. 509 del 1999 e con i successivi decreti istitutivi delle classi di laurea e di laurea specialistica, è stata avviata con una eccessiva accelerazione nell'intento di dare immediata attuazione agli accordi di Bologna, senza una fase di sperimentazione e conseguente monitoraggio mentre in tutti gli altri Paesi aderenti al predetto accordo non sono state adottate riforme complessive ma sono state avviate soltanto sperimentazioni;
considerato che in sede di attuazione della riforma sono emerse forti criticità quali la indiscriminata proliferazione dei corsi di studio privi di quei requisiti minimi in termini di risorse didattiche e strutturali, necessari per la loro attivazione;
considerato che i predetti corsi triennali sono stati costituiti attraverso la concentrazione degli insegnamenti presenti nei previgenti ordinamenti quadriennali, con conseguente impoverimento dei contenuti metodologici e di base e senza una integrazione multidisciplinare;
considerato che l'impianto della riforma vigente è basato su un percorso sequenziale, non flessibile, con un rigido vincolo tra corsi di primo e secondo livello per il conseguimento di 300 crediti complessivi, di cui 180 nel percorso di primo livello;
ritenuto, pertanto, che le modifiche proposte con lo schema di decreto in esame corrispondono alla precisa esigenza di apportare correttivi e miglioramenti alla riforma degli ordinamenti didattici universitari, nel rispetto della attuale architettura di sistema, allo scopo di migliorare:
a) la qualità della formazione metodologica e di base nei corsi di primo livello compresi quelli professionalizzanti;
b) la flessibilità dei corsi attraverso la riduzione dei vincoli percentuali dei crediti formativi nelle materie di base e caratterizzanti;
c) la qualità della didattica attraverso l'istituzione dei requisiti minimi per l'istituzione dei corsi e la loro conseguente iscrizione nella banca dati dell'offerta formativa;
d) la riduzione della dispersione universitaria attraverso l'istituzione di corsi comuni di base in ciascuna classe per favorire l'orientamento degli studenti;
ritenuto, che sia, comunque, necessario, disciplinare la fase transitoria stabilendo i termini e le condizioni per l'applicazione delle nuove norme contenute nello schema di regolamento in disamina;
considerato, inoltre, necessario chiarire quali siano le qualifiche accademiche che devono essere attribuite ai possessori dei titoli conseguiti al termine dei corsi di primo e secondo livello e del dottorato di ricerca;

esprime

PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti osservazioni:
valuti il Governo l'opportunità di:
a) prevedere che le modifiche, a regime, degli ordinamenti didattici vigenti vengano apportate dalle università entro un congruo termine definito, sentita anche la CRUI, dai decreti ministeriali con cui saranno modificate le attuali classi dei corsi di studio;
b) garantire agli studenti attualmente iscritti ai corsi di laurea e di laurea specialistica di concludere gli studi con facoltà di optare per il passaggio ai nuovi corsi allorquando saranno attivati;
c) consentire agli atenei interessati ad avviare una fase di sperimentazione nelle more della definizione delle nuove classi di corsi di studio, di reimpostare, con le consuete procedure di modifica dei regolamenti didattici, gli attuali corsi di primo e secondo livello per istituire corsi comuni nell'ambito delle classi vigenti e riprogettare i corsi di secondo livello sulla base di 120 crediti formativi universitari, anziché 300; appare inoltre opportuno assicurare, nella fase di definizione delle classi e dei corsi di studio, che l'auspicato accorpamento delle classi sia accompagnato da un adeguato spazio per le differenziazioni a livello dei corsi di studio;
d) soprassedere alla trasformazione degli attuali master universitari in meri attestati di crediti formativi (articolo 3, comma 9), in considerazione della positività delle esperienze condotte in questi anni, soprattutto in termini di rapporto con il tessuto imprenditoriale locale; conseguentemente, la denominazione master dovrebbe essere riservata ai titoli di studio di cui alla presente lettera;
e) prevedere l'applicazione immediata delle disposizioni contenute nell'articolo 4, comma 3, riguardanti il rilascio del supplemento di diploma, nonché dell'articolo 9 per quanto concerne il rispetto dei requisiti minimi di docenza e strutturali ai fini della attivazione dei corsi e del loro inserimento nella banca dati dell'offerta formativa;
f) prevedere l'attribuzione delle qualifiche di dottore, dottore magistrale e dottore di ricerca rispettivamente ai possessori della laurea, della laurea magistrale e del dottorato di ricerca.

PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI MARTELLA E ALTRI
in data 15 giugno 2004

La VII Commissione,
esaminato lo schema di decreto ministeriale concernente modifiche al regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
considerato, in via preliminare, che:
a) il provvedimento appare viziato da rilevanti profili di incoerenza e contraddittorietà, in quanto, mentre enuncia (nel titolo) e apporta (nel testo) "modifiche" a singole disposizioni del decreto n. 509 del 1999, contestualmente dispone - nell'articolo unico - la sua totale sostituzione, senza tuttavia provvedere né al necessario raccordo normativo tra gli articoli modificati e quelli letteralmente riprodotti dal testo originario, né all'indicazione delle altrettanto indispensabili disposizioni transitorie per disciplinare il passaggio dall'uno all'altro ordinamento, posto che l'articolo 13 dello schema di decreto sostanzialmente riproduce, in maniera incongrua, la disciplina transitoria a suo tempo fissata per il precedente passaggio di ordinamento;
b) gli indicati profili di incoerenza e contraddittorietà determinano una situazione di oggettiva incertezza del diritto nel delicatissimo campo dell'ordinamento dei corsi di studio e dell'efficacia legale dei relativi titoli, tale da produrre, in sede applicativa, sicuri effetti di ingestibilità da parte degli atenei;
c) l'articolo unico dello schema di decreto viene inoltre a mutare la natura giuridica e la portata politica del provvedimento, in difformità con la volontà politica pubblicamente espressa dal Ministro e con la stessa forma con cui è stato richiesto il prescritto parere degli organismi consultivi, limitandolo alle "modifiche" del decreto n. 509 del 1999, rendendo conseguentemente indeterminato l'oggetto stesso del parere parlamentare: se debba cioè vertere sulle sole modifiche del decreto n. 509 del 1999 o sull'intero provvedimento sostitutivo, comprensivo delle parti non modificate, vale a dire sul complesso della riforma degli studi universitari; la differenza non è di poco conto e non è priva di effetti in ordine sia alla correttezza dei rapporti tra Governo e Parlamento, sia alla legittimità stessa del provvedimento in esame;
d) nel parere espresso ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del regolamento, dal Comitato per la legislazione, in data 18 maggio 2004, si ritiene che debba essere riformulata l'articolazione dello schema di decreto ministeriale;
considerato, nel metodo, che:
e) gli organismi consultivi interpellati per il prescritto parere (CUN, CRUI, CNSU, CNSVU e Consiglio di Stato) hanno espresso - come risulta dalla documentazione allegata allo schema di decreto - articolate e motivate riserve, osservazioni e preoccupazioni sia sull'opportunità del provvedimento, sia sul merito delle modifiche proposte, così da rendere evidente, sia pure nella diversità dei ruoli e delle accentuazioni, la sostanziale contrarietà al provvedimento stesso tanto da parte delle rappresentanze istituzionali del mondo universitario, quanto da parte degli organi tecnico-consultivi;
f) l'indicata posizione è stata ribadita e ulteriormente argomentata nelle audizioni di rappresentanti del CUN e della CRUI, svolte dalla Commissione nella seduta del 13 maggio 2004, com'è attestato anche dalla puntuale memoria consegnata alla Commissione dalla presidenza della Conferenza dei Rettori al termine dell'audizione;
g) tali riserve, osservazioni e preoccupazioni non risultano essere state prese adeguatamente in considerazione nel formulare lo schema di decreto, come osservato anche dal Consiglio di Stato e contrariamente a quanto affermato nella relazione illustrativa, per altro tardivamente trasmessa dal Governo in data 6 maggio 2004, tant'è che il complesso delle modifiche appare sostanzialmente invariato rispetto a quello reso noto dalla stampa più di un anno fa e poi sottoposto al parere degli organismi consultivi;
h) in particolare, non trova alcun riscontro nello schema di decreto la rassicurazione formalmente data dal Ministro, anche in sede di chiarimenti ai rilievi formulati dal Consiglio di Stato, circa la facoltatività per gli atenei delle proposte modifiche al vigente ordinamento degli studi, in quanto - come inequivocabilmente risulta dal testo del provvedimento - le modifiche stesse risultano tutte vincolanti;
formulate, nel merito, le seguenti osservazioni:
1) intempestività del provvedimento: si interviene sul nuovo modello formativo universitario, introdotto dal decreto n. 509 del 1999, quando sono trascorsi meno di quattro anni dall'inizio della sua applicazione, avvenuta in base ai decreti ministeriali 4 agosto 2000, 28 novembre 2000 e 2 aprile 2001 (per non citare quelli, ancora successivi, sui corsi di studio per le discipline della sicurezza), e si è concluso, salvo pochissime eccezioni, un solo ciclo delle nuove lauree e nessun ciclo delle nuove lauree specialistiche, quindi senza avere avuto la possibilità di una valutazione ponderata sui punti di forza e di debolezza del nuovo modello e sulle difficoltà applicative effettivamente incontrate dagli atenei;
2) perturbazione della vita universitaria ed incoerenza politica: l'obbligo per le università di provvedere entro diciotto mesi ad adeguare gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio alle disposizioni del nuovo regolamento e dei relativi decreti applicativi, previsto dall'articolo 13, comma 1, dello schema di decreto, è destinato a perturbare pesantemente la vita universitaria dopo un periodo di enorme impegno e di intenso sforzo adattativo al nuovo modello didattico universitario, aggravati peraltro dalle ben note e serie difficoltà finanziarie; inoltre tale obbligatorietà si pone in evidente contrasto con la volontà politica, espressa dal Ministro in più sedi ufficiali, di dare alle nuove norme un carattere di facoltatività, nel rispetto dell'autonomia delle università e in attesa di più cogenti valutazioni dei risultati;
3) impatto sociale gravemente negativo - sugli studenti, sulle famiglie, sul mondo del lavoro e sul sistema universitario nazionale - per effetto del nuovo e profondo cambiamento del sistema e della denominazione dei titoli di studio, quando ancora il precedente, che pure ha avuto un notevole successo tra gli studenti e nel mondo del lavoro, non è stato ancora pienamente metabolizzato dalla società; da ciò consegue: un danno certo per i giovani, il cui titolo di studio in corso di conseguimento rischia una completa dequalificazione, risultando schiacciato tra quelli del vecchio ordinamento e quelli del "nuovissimo" che si verrebbe ad attuare con il provvedimento in esame; un caotico e pesante aggravio per le università, tenute a organizzare e gestire contemporaneamente e in parallelo tre diversi sistemi didattici;
4) regressione culturale, dovuta alla previsione di un anno di formazione comune, inevitabilmente rigida e collegata a tradizionali quanto antiquate visioni disciplinari del sapere, per tutti i corsi di laurea della medesima classe, mentre è in atto un processo di riorganizzazione dei saperi e di trasversalità delle conoscenze di portata storica;
5) limitazione dell'autonomia degli atenei: l'autonomia didattica delle università, che pure è l'oggetto del regolamento, è fortemente intaccata dalla norma di cui all'articolo 10, comma 2, che fissa al 50 per cento il "minimo" dei crediti fissati a livello nazionale, a fronte del precedente 45 per cento, e, soprattutto, non fissa alcun "massimo", a fronte del precedente 66 per cento, con la conseguenza che, almeno in linea di principio, l'intero ammontare dei crediti di un corso di laurea potrebbe essere stabilito a livello nazionale, senza lasciare alcuna possibilità di scelte autonome da parte dell'ateneo; lo stesso può ripetersi per le "lauree magistrali", per le quali il "minimo" è fissato al 40 per cento (articolo 10, comma 4) e non vi è, come per le lauree, alcun massimo;
6) eliminazione dei master universitari: l'autonomia didattica delle università è intaccata altresì dall'eliminazione dei master universitari annuali, di primo e di secondo livello (articolo 3, comma 8, e articolo 7, comma 4, del testo vigente del decreto, di cui ora si prevede la soppressione), perché ne indebolisce la capacità di competere in una società della conoscenza che vede in forte sviluppo la domanda di alta formazione integrativa e di formazione permanente lungo tutto l'arco della vita;
7) rigidità del modello formativo: l'ampia flessibilità nei tempi e nei modi della formazione universitaria - garantita attualmente dal sistema delle classi e dall'articolazione dei livelli e dei relativi titoli di studio (lauree, lauree specialistiche, master universitari di primo e di secondo livello, dottorati di ricerca) - risulta fortemente indebolita nello schema di decreto, a causa:
dell'eliminazione dei master universitari (articolo 3, comma 8, e articolo 7, comma 4, di cui si prevede la soppressione);
dell'obbligo di un primo anno comune tra i corsi di laurea della medesima classe (articolo 11, comma 7, lettera a);
della struttura ad "Y" obbligata per tutti i corsi di laurea della stessa classe, senza alcuna chiarezza né sulla possibilità di chi consegua il titolo di studio sul percorso più professionalizzante di proseguire comunque gli studi in un corso di laurea magistrale, né sulle condizioni per tale proseguimento (articolo 11, comma 7, lettera a);
della cancellazione dell'obbligo per gli atenei di destinare almeno il 15 per cento di ciascun curriculum ad attività formative a scelta autonoma dello studente, a quelle di preparazione della prova finale e di conoscenza di una lingua straniera, a quelle infine di tipo trasversale e relazionale per il miglior inserimento del laureato nel mondo del lavoro (lettere d), e), f), del testo vigente dell'articolo 10, comma 2, di cui si prevede la soppressione), tutte attività formative che miravano a rendere più flessibile ed adeguata alla domanda l'offerta didattica universitaria;
dell'irrigidimento settoriale monodisciplinare dei corsi di laurea e di laurea magistrale, derivante dall'eliminazione della quota obbligatoria di formazione destinata alle discipline affini, alle culture di contesto, alla formazione interdisciplinare (lettera c) dell'articolo 10, comma 2, di cui si prevede la soppressione);
8) rischio di una lunga e pericolosa vacatio legis, con riferimento agli attuali titoli di studio universitari (laurea, laurea specialistica, master universitario di primo e di secondo livello), in quanto la scelta di sostituire per intero il decreto n. 509 del 1999, senza opportune norme transitorie, sollecitate inutilmente anche dal Consiglio di Stato, priva di normativa di riferimento l'intera attività didattica universitaria corrente, che peraltro dovrà necessariamente continuare senza modifiche fino all'emanazione dei decreti ministeriali sulle classi, applicativi del nuovo regolamento, in sostituzione di quelli del 4 agosto e 28 novembre 2000 e del 2 aprile 2001;
9) incertezza nell'accesso alle professioni: ulteriori riflessi sociali negativi deriveranno dall'incertezza creata dal nuovo modello formativo sul sistema delle professioni regolamentate, anch'esso in corso di profonda riforma, a seguito del decreto n. 509 del 1999 e dei relativi decreti applicativi, mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001 ed i successivi provvedimenti;
10) caoticità e approssimatività del provvedimento: non mancano nello schema di decreto errori, lacune e refusi tra cui, a mero titolo esemplificativo, si citano i casi seguenti:
la relazione illustrativa si diffonde esplicitamente su norme degli articoli 9 e 10 che in realtà sono state cassate (errore cui è stato posto riparo con il tardivo invio di una nuova relazione datata 6 maggio 2004);
all'articolo 9, in contraddizione con la relazione, si elimina il vincolo della presenza dei due livelli di laurea nello stesso ateneo o in atenei convenzionati;
vi è una difformità tra l'articolo 1, comma 1, lettera l), dove i crediti formativi universitari sono, come nella normativa europea, una misura del lavoro di apprendimento dello studente, e l'articolo 5, comma 1, in cui le parole "lavoro di apprendimento" sono sostituite dalle meno chiare "impegno complessivo";
non è chiaro quale sia il corso di studio finalizzato all'accesso alle professioni legali (articolo 6, comma 3) e quale ne sia la durata, visto che la laurea magistrale corrisponde a 120 crediti e cioè a due anni; lo stesso vale per i corsi di studio regolati da normative dell'Unione Europea (ad esempio, medicina e chirurgia);
non è chiaro in che cosa la fattispecie di tirocini formativi prevista dall'articolo 10, comma 5, lettera e) sia diversa da quella prevista dalla precedente lettera d);
non si comprende perché sia stato eliminato l'obbligo di informazione agli studenti sugli ordinamenti didattici mediante strumenti informatici e telematici (articolo 11, comma 2 del testo vigente, di cui si prevede la soppressione);
gli studi condotti per conseguire un diploma universitario sono da valutare in crediti per il conseguimento di una laurea (articolo 13, comma 3) mentre il diploma stesso dà direttamente accesso alle lauree magistrali (articolo 6, comma 2);
viene stabilita una "qualifica accademica" per chi ha conseguito un dottorato di ricerca ma non per chi ha conseguito una laurea o una laurea magistrale;
si riserva l'uso della denominazione "Master" alle università, in quanto ritenuto sinonimo di "laurea magistrale", senza tener conto che la parola "Master" è d'uso comune internazionale e largamente diffusa in Italia anche per qualificare alcuni titoli formativi professionali non universitari o, comunque, privi di valore legale;
tutto ciò considerato, nell'invitare il Governo a ritirare il provvedimento, per il riesame dell'intera materia e per la riformulazione dello schema di decreto, tenendo conto delle esposte considerazioni ed osservazioni e, in particolare, dell'opportunità di:
operare in modo che le eventuali modifiche al decreto ministeriale n. 509 del 1999 vadano nella direzione di attuare gli impegni assunti in ambito europeo per la realizzazione dello "Spazio europeo dell'istruzione superiore", sostenendo il "processo di Bologna" e gli atenei che meglio lo applicano;
correggere gli eventuali errori e difficoltà applicative del decreto n. 509 del 1999, effettivamente evidenziati dall'esperienza, e adeguare le norme risultate maggiormente controverse in sede applicativa;
dare dimensione sistemica e facilità comunicativa e applicativa all'intervento di modifica, prevedendo e assicurando la contestualità delle modifiche al decreto ministeriale n. 509 del 1999 con quelle dei decreti applicativi sulle classi delle lauree e delle lauree specialistiche;
studiare e introdurre forme di monitoraggio degli attuali ordinamenti didattici universitari, rendendo obbligatorie eventuali modifiche solo dopo una congrua e rigorosa valutazione dei risultati;
valutare attentamente le migliori strategie per eliminare o ridurre il costo sociale pagato dagli studenti, dalle famiglie e dal mondo del lavoro, nonché l'aggravio dell'impegno organizzativo e gestionale per gli atenei, a causa di un nuovo repentino cambiamento dell'architettura generale degli studi universitari;
evitare, in ogni modo, qualsiasi vuoto o confusione normativa su un tema così delicato come i corsi e i titoli di studio universitari;
scegliere comunque la direzione della flessibilità e non dell'irrigidimento, sia dell'architettura generale degli studi, sia dei singoli curricula dei titoli di studio universitari;
fornire nuovo impulso e nuovi spazi all'autonomia universitaria e alla responsabilità didattica degli atenei, unite alla necessaria e stringente valutazione continua dei risultati per innalzarne il livello qualitativo;

esprime

PARERE CONTRARIO

Martella, Bimbi, Grignaffini, Colasio, Tocci, Sasso, Capitelli, Chiaromonte, Carli, Giulietti, Lolli, Buffo, Carra, Volpini, Gambale, Rusconi."


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