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Brindisi amaro in Italia «Le regole del premio sono da cambiare»

Tonelli e Gianotti: è opera di migliaia di scienziati

09/10/2013
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Corriere della sera

Fra i due maggiori protagonisti della scoperta del bosone di Higgs con l’acceleratore Lhc al Cern di Ginevra scorrevano ieri, tra i brindisi, diplomatiche parole di soddisfazione per il Nobel della fisica ai teorici Peter Higgs e Francois Englert. Ma fino a un certo punto. «Ritengo sia arrivato il momento di rivedere i criteri del Nobel perché la fisica è cambiata e non ci sono più scienziati solitari che realizzano gli esperimenti ma migliaia di ricercatori impegnati su grandi macchine», afferma deciso Guido Tonelli, 63 anni, professore all’università di Pisa è primo coordinatore dell’esperimento Cms. In parallelo Fabiola Gianotti (51 anni) dell’università di Milano coordinava l’esperimento Atlas. Entrambi dovevano dimostrare l’esistenza del bosone di Higgs utilizzando tecnologie diverse per raccogliere conferme attendibili.
In effetti, nei mesi passati da più parti era emersa l’idea (quasi una sollecitazione all’Accademia delle scienze svedesi) che il Nobel inseguito da mezzo secolo venisse assegnato al Cern dove la particella è stata catturata e annunciata il 4 luglio dell’anno scorso in una emozionante assemblea. Nell’aria si percepiva la gioia dell’ardua conquista e del balzo che, con essa, la fisica era riuscita a compiere.
«Quando è stato confermato il premio a Peter Higgs — racconta Tonelli — ci siamo sentiti felici e orgogliosi. Si suggellava il grande valore del risultato ottenuto. E nessuno si è sentito deluso per un premio mancato. Però sarebbe utile riconsiderare i metodi di valutazione dell’illustre premio perché la realtà è cambiata. Oggi la scienza procede con esperimenti grandi e complessi frutto di estese collaborazioni internazionali, con rilevanti schiere di scienziati e pochi in posizioni chiave di gestione. Direi che la caccia al bosone di Higgs rappresenta un caso da manuale dal momento che ha coinvolto seimila cervelli di numerose nazioni anche fuori dall’Europa, più tanti altri che lavoravano sull’acceleratore Lhc. Ci vorrà tempo, ma chissà, forse fra una decina d’anni avremo regole diverse».
Fabiola Gianotti sfodera la sua più elegante diplomazia. «Un momento di gioia terribile — dice —. E tutti qui al Cern ci sentiamo gratificati. Non era pensabile che il riconoscimento venisse assegnato solo a qualcuno che ha compiuto il lavoro. Si è trattato di un impegno vasto che ha coinvolto un’estesa moltitudine di studiosi, comprese centinaia di italiani e molti giovani. Per il momento il premio al Cern come istituzione di ricerca non rientrava nelle regole e comunque è difficile per un fisico sperimentale arrivare al Nobel. Mi piace pensare — continua Gianotti — che il riconoscimento dell’Accademia delle scienze svedese chiuda in un certo senso un’epoca della fisica e ne apra un’altra ancora più entusiasmante per molti aspetti. Ho sentito Peter Higgs qualche momento prima della telefonata da Stoccolma che gli comunicava il Nobel. Era tranquillo e sempre convinto sostenitore della sua intuizione che tanti anni fa lo aveva portato a immaginare la particella battezzata col suo nome. Anche se alcuni illustri scienziati lo avevano aspramente contestato. Del resto le prove raccolte al Cern sono inconfutabili».
Tra gli illustri contrari c’era anche il celebre matematico e astrofisico britannico Stephen Hawking che aveva addirittura scommesso cento dollari sostenendo l’impossibilità di trovare il bosone con l’acceleratore Lhc. Si era alla vigilia della sua accensione nel settembre 2008. I fatti lo smentirono sonoramente.
Comunque sia, l’Accademia della scienze di Svezia ha deciso di concentrare il Nobel per la fisica 2013 su due dei sei teorici che nel 1964 lo avevano ipotizzato con argomentazioni diverse. Il primo articolo in cui si descrivevano le condizioni del bosone veniva pubblicato da Francois Englert e Robert Brout, scomparso nel 2011. «Ma non si parlava ancora di una particella — conclude Guido Tonelli — la quale veniva invece focalizzata due settimane più tardi in un articolo di Higgs, precisandola nei concetti. Quindi indubbiamente Englert e Higgs il Nobel se lo meritano».
Giovanni Caprara
 


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