Boschi: «La scuola non funziona in mano soltanto ai sindacati»
Il ministro: la riforma non è prendere o lasciare, però non possiamo rimandare ancora. Cgil dura: conferma il disprezzo della democrazia.
ROMA La scuola in mano ai sindacati? «Non credo funzioni», dice Maria Elena Boschi. E da un palco della campagna elettorale nelle Marche, precisa che quella della scuola - contestata nelle recenti manifestazioni di piazza - «non è una riforma prendere o lasciare, ma che ciò che non è accettabile è lasciare le cose come sono». La risposta dei sindacati non si fa attendere. A replicare con durezza è il segretario generale di categoria della Cgil, Domenico Pantaleo: «La dichiarazione della ministra Boschi conferma l’arroganza e il disprezzo della democrazia. La scuola - afferma Pantaleo - non è dei sindacati ma nemmeno proprietà privata del governo. E’ del Paese e di chi quotidianamente garantisce alle nuove generazioni un’istruzione all’altezza dei tempi».
Quanto agli emendamenti al ddl sulla ”Buona Scuola“ approvati in commissione alla Camera e che per la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini rappresentano un «arricchimento e un’integrazione del testo» serviti a «sciogliere alcuni nodi tecnici e politici», il sindacalista Cgil ritiene invece che «non abbiano cambiato l’impianto autoritario e incostituzionale del disegno di legge».
La Boschi ha trovato un difensore di alcuni argomenti dei contestatori della riforma nello stesso candidato dem a governatore delle Marche Luca Ceriscioli, insegnante di matematica in aspettativa. Il quale, pur non condividendo appieno la piattaforma dello sciopero sulla scuola, ha sostenuto che «lo strapotere lasciato ai dirigenti scolastici va mitigato. Mentre è da rivedere anche il ruolo dei precari». Maria Elena Boschi ha ribattuto che «già nel lavoro fatto in commissione molti aspetti della riforma sono stati modificati. Il ruolo dei presidi è stato attenuato, pur riconoscendo l’autonomia dei dirigenti che devono poter individuare l’insegnante più giusto per la loro scuola. Nel Piano dell’offerta formativa, inoltre - ha sottolineato la ministra delle Riforme - sono coinvolti anche i docenti, le famiglie e i ragazzi più grandi». In ogni caso, per aula alla Camera ed entro il 15 giugno dovrebbe essere approvata anche dal Senato, la Boschi parla di «una sfida da cogliere insieme» e di fronte all’eventualità di rinviare tutto dice seccamente: «No, non ci sto».
RICHIAMO AL PDRichiamo, questo, rivolto soprattutto all’interno del Pd, dove anche ieri non sono mancate le critiche della minoranza al progetto del governo sulla scuola. Stefano Fassina ha twittato durissimo: «Che tristezza la ministra Boschi, parla come la Gelmini nel 2008. Governo incapace di comprendere la scuola». La replica è nelle parole pronunciate dalla stessa Boschi a Pesaro sulle riforme: «Non credo che gli italiani, e soprattutto il popolo del Pd, ci perdonerebbero se mandassimo all’aria tutto. L’abbiamo fatto con Prodi e l’Ulivo, non vogliamo ripetere gli stessi errori». Ma, su un altro tema anch’esso al centro di vivaci polemiche come l’Italicum, la Boschi ne ha anche per le opposizioni ufficiali: «Ci siamo sentiti dire che il governo vuole una legge antidemocratica, che siamo a un principio di dittatura. Berlusconi - ha osservato la ministra - lo ha detto anche ieri: ”siamo vicini a una deriva autoritaria“, e lui ha esperienza...».
Mario Stanganelli